L’on. Franco Narducci, intervenendo oggi alla Camera dei Deputati, in occasione della presentazione del libro “Cuori nel pozzo” di Roberta Sorgato ha ripercorso l’epopea dell’emigrazione soffermandosi sul significato del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, a partire dalle tragedie nelle miniere che muove anche il romanzo della Sorgato, un sacrificio da riscoprire soprattutto in occasione del 150esimo Anniversario dell’Unità d’Italia.
Intervento di Franco Narducci
Ringrazio Roberta Sorgato, l’autrice di questo bel libro che attraverso la storia della propria famiglia e le immagini che ci riportano ai luoghi da cui partirono centinaia di migliaia di persone per trovare un lavoro e realizzare il proprio progetto di vita, all’estero o tornando in Italia, ci ha fatto riscoprire un mondo autentico genuino sul quale per tanti anni è stato steso un velo di silenzio.
Anche Giovanni Sorgato, come tanti italiani prima di lui, era giunto nei bacini carboniferi in Belgio spinto dal bisogno di un lavoro retribuito e dalla speranza di costruire un avvenire decoroso, identificato quasi sempre con la famiglia, ma anche con un forte senso della solidarietà e di rabbia contro le ingiustizie, lo sfruttamento e l’abbandono. Grazie al conforto di questi valori molti nostri connazionali riuscivano a superare l’impatto drammatico con il lavoro in miniera e le condizioni tragiche in cui esso si svolgeva.
“Erano muscolosi e belli come guerrieri”, così li immagina Valentina Mancinelli, alunna della scuola elementare, in una poesia dedicata ai sette minatori molisani deceduti l’8 agosto del 1956 nella terribile tragedia di Marcinelle, costata la vita, nel computo totale, a 262 minatori di cui ben 136 italiani. Una tragedia ancora fortemente viva nella memoria del nostro Paese a causa dello scalpore e dell’enorme carico di dolore che si abbatté su così tante famiglie, ma anche perché l’Italia in patria prese coscienza delle terribili condizioni in cui lavoravano i nostri poveri minatori, condannati ancor prima di giungere in Belgio dal vergognoso patto “uomini contro carbone”. Ma il martirologio dei lavoratori italiani emigrati ha conosciuto tantissime pagine dolorose soprattutto nella lunga storia dello sfruttamento delle risorse minerarie, dalla terribile esplosione nelle viscere della terra che al Passo di Calais, in Francia, il 10 marzo 1906 provoco una carneficina, 1176 minatori morti quasi istantaneamente, fino alle ecatombe nelle miniere del Borinage, definito dagli stessi belgi “capitale européenne de la pauvreté et de la misère”.
L’Italia che oggi è nel novero delle otto maggiori nazioni industrializzate è risorta dalle macerie della guerra ed è uscita dalle pesanti condizioni di povertà grazie anche al contributo dei minatori, che con le loro rimesse hanno sostenuto per anni l’economia di interi Paesi ed hanno allentato la morsa della disoccupazione di svariate Regioni.
Cuori nel Pozzo, attraverso Angelina, Giovani, Caterina, Gaetano e tanti altri ci richiama a valori e immagini di una storia di solidarietà tra chi è emigrato e chi è rimasto a casa in una società italiana che dopo la seconda guerra mondiale guardava al futuro mentre il presente era in rapida trasformazione. Queste sono le immagini che colpiscono il lettore quando le pagine di “Cuori nel pozzo” scorrono davanti alla curiosità intellettuale di chi legge il lavoro di Roberta Sorgato seguendo il filo conduttore delle vicende dell’emigrazione italiana. Si tratta di un libro – che ricostruendo la sciagura avvenuta l’8 febbraio 1956 al Rieu du Coeur a Quaregnon, ci descrive e ci fa rivivere l’epopea del lavoro italiano nel mondo, le ansie, le difficoltà ma anche l’attaccamento agli antichi valori e l’amor patrio.
In questo 150° anniversario dell’Unità d’Italia un pensiero particolare meritano i milioni i cittadini di origine italiana sparsi in ogni parte del mondo: abbiamo regalato al mondo 27 milioni d’italiani! L'emigrazione fu un fenomeno di espulsione collettiva e l'Italia non ha mai detto per davvero grazie ai suoi cittadini emigrati che nonostante tutto, pur maledicendola qualche volta per il destino a cui andarono incontro, hanno continuato ad amarla e a promuoverne il patrimonio di valori e di civiltà. E l'amano ancora, nonostante il passare del tempo, sentendosi legatissimi alle origini italiane, custodendone la lingua, la cultura – si pensi ai 416 comitati della Dante Alighieri! – e le tradizioni. Un amore che ha superato i i regionalismi senza dimenticare le proprie radici, anche a dispetto di una politica migratoria che punisce il loro affetto per la Patria.
Molte volte le Istituzioni italiane si sono inchinate di fronte alle tragedie che hanno colpito i nostri lavoratori emigrati. Non molti mesi abbiamo vissuto in diretta la tragedia dei minatori cileni e viviamo continuamente il dramma degli incidenti mortali nelle miniere cinesi: eppure quante volte abbiamo ripetuto che nessuna merce, nessuna materia prima vale più di una vita umana.
I Lavoratori che persero la vita nelle grandi tragedie minerarie del Borinage, nel Nord della Francia e altrove, erano italiani, polacchi, greci, tedeschi, inglesi, olandesi, russi, francesi e anche belgi, ma in comune avevano la provenienza da regioni che in quegli anni, per tante ragioni, erano caratterizzate da povertà e miseria. Il nostro mondo è andato un bel pezzo avanti eppure ancora oggi, anche in Italia, quotidianamente si verificano incidenti mortali sul lavoro.
La ricorrenza dell’8 agosto, giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, tenacemente voluta dall’allora Ministro per gli italiani nel mondo, Mirko Tremaglia, oltre che un doveroso tributo nei riguardi delle tante, dolorose storie del lavoro italiano nel mondo, richiama con forza l’importanza di trasmettere agli italiani di oggi e di domani, i valori, la tenacia e il coraggio del cambiamento con cui milioni di nostri connazionali lasciarono l’Italia sfidando il destino non sempre benevolo per crearsi una nuova vita in terra straniera.
In un poderoso volume edito dalle Acli del Belgio – che per inciso hanno accompagnato fin dall’immediato dopoguerra i nostri minatori in Belgio – l’autrice, la giornalista Maria Laura Franciosi, ha scritto:
“In un mondo dove tutto pare diventato schizofrenico, dove si corre verso il futuro spesso con gli occhi bendati, dove molti urlano e pochissimi lasciano parlare, noi abbiamo voluto fare proprio questo: ascoltare e lasciar parlare. Lasciar parlare coloro che per 50 anni, non hanno mai parlato, gettati negli ingranaggi di una Storia più grande di loro che li ha lasciati senza fiato e senza parole”.
Grazie a Roberta Sorgato che ha fatto parlare, seppure con il filo dell’inchiostro, i protagonisti di una storia che ha onorato l’Italia.
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Franco Narducci
Vicepresidente
Commissione Affari esteri
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