ADDETTO STAMPA, INTRIGHI PROFESSIONALI RACCONTATI DA GIOVANNI ROSSI

Addetto stampa, professione molto intricata. Si cerca di dare una chiara disciplina a una professione, ancora alla ricerca della sua identità. Giovanni Rossi, segretario FNSI, ci ha spiegato vita, morte e miracoli che ruotano attorno all’addetto stampa, dal suo inquadramento all’interno di una pubblica amministrazione fino a sottolineare i requisiti che questa professione dovrebbe avere.
M. CH: Segretario Rossi, lo scorso 28 gennaio si è svolto un convegno importantissimo con un obiettivo ben preciso, dare un’inquadratura professionale chiara alla figura dell’addetto stampa. Quanto è cambiata la figura dell’addetto stampa, possiamo dire che questa professione è cambiata di male in peggio oppure possiamo sperare che tale ruolo torni a vestire abiti migliori?
G. R: “Nel corso degli ultimi decenni c’è stato un dato acquisito ovvero ci si è resi conto che l’addetto stampa è una figura giornalistica nel vero senso della parola. Prima l’addetto stampa era considerato il mentore del funzionario pubblico, se lavorava in una PA, oppure il propagandista pubblicitario di un’azienda privata. Oggi è cambiato il modo di definire l’addetto stampa; teoricamente chi lavora dentro quest’ufficio ha il dovere di fare informazione all’interno di una pubblica amministrazione e di trasmettere notizie che possano essere reperite dai principali mezzi d’informazione. Dopo anni è stata approvata in Parlamento la legge 150/2000 che riconosce alla professione dell’addetto stampa il carattere non fiduciario della funzione. Dall’approvazione della legge si è aperto un percorso per individuare il profilo professionale del giornalista che lavora nella pubblica amministrazione. Sul fronte contrattuale c’è una divisione per comparti, la legge del 2000 dice che l’ARAN ha il compito di definire il tipo di contrattazione purchè ci sia un accordo con le rappresentanze sindacali. CGIL, CISL E UIL si sono opposte all’applicazione della legge, temendo che fosse messo in discussione il loro monopolio sulla PA e contestando che il sindacato dei giornalisti non ha i requisiti per entrare in gioco. Dico questo perché la legge dice che un sindacato deve avere almeno il 5% dei lavoratori iscritti, la legge 150/2000 permette al sindacato dei giornalisti di rappresentare i lavoratori iscritti all’ordine. Nonostante ciò i principali sindacati hanno detto no all’applicazione della norma e così siamo dovuti ricorrere alla magistratura ordinaria. Nonostante una sentenza a nostro favore, la situazione non è cambiata anche per il poco coraggio dell’ARAN di stabilire un’intesa con noi, per non incorrere in forti contrasti con i sindacati confederali”.
M. CH: “Ha toccato un punto molto importante ovvero il conflitto fra i sindacati. C’è stato il caso Inps; i giornalisti, dipendenti dell'ufficio stampa, si sono rivolti al giudice, contro l'Inps stesso, per far si che fosse riconosciuta la loro attività sindacale all'interno dell'ente. Voi come FNSI, quale cammino volete percorrere per giungere a un accordo che possa soddisfare tutti?”
G. R: “Noi vorremmo trovare un accordo con l’ARAN che ha come commissario lo stesso direttore generale della funzione pubblica, il Dott. Naddeo. Se qualcuno non vuole sedersi al tavolo per giungere a un’eventuale intesa, è libero di farlo. L’Aran ha i mezzi per far applicare la legge, per la precisione una norma scritta, una sentenza della magistratura e una direttiva della funzione pubblica che risale a tanti anni fa, quando ministro della nostra PA era Franco Frattini. Qualora si dovesse trovare questo accordo, è chiaro che deve esserci il riconoscimento della specialità del ruolo che ruota attorno all’addetto stampa e poi l’inserimento della figura stessa all’interno della modalità contrattuale riservata alla pubblica amministrazione. Il problema è alimentato anche da un certo pregiudizio che aleggia attorno alla professione del giornalista, visto come qualcuno che gode di alcuni privilegi quando in realtà non è così. Ad esempio se un addetto stampa lavora in un comune, soprattutto se quest’ultimo è importante, il giornalista presente in ufficio deve essere sempre disponibile per dare una determinata notizia al suo interlocutore, quindi è evidente che l’addetto stampa deve avere degli orari diversi da quelli dei semplici impiegati”.
M. CH: Alla luce di questa dettagliata spiegazione, con l’entrata in vigore della legge 150/2000, è cambiata in positivo la situazione dell’addetto stampa nei ministeri, nei comuni e nelle province oppure siamo ancora in alto mare?
G. R: Purtroppo la situazione si presenta ancora a macchia di leopardo. In alcuni posti purtroppo c’è un’arretratezza mentale e culturale non indifferente. Con la legge in vigore è stabilito che se un ufficio non ha al suo interno il giornalista, incorre in pesantissime sanzioni quali ad esempio multe salatissime. Situazioni anomale si verificano in quegli ambienti dove vi sono persone che rivestono la duplice figura di portavoce e addetto stampa in quanto l’amministrazione del posto non ha i soldi sufficienti per pagare due figure professionali. A questo aggiungiamo che molto spesso gli addetti stampa sono presi con contratti a termine e stipendi da precari. Provvedimenti del genere, presi esclusivamente per tutelare, hanno molto rivalutato e rafforzato la figura del giornalista. Fortunatamente ci sono amministrazioni che hanno assunto un atteggiamento virtuoso, preoccupandosi di regolarizzare il rapporto di lavoro dell’addetto stampa”.
M. CH: Lei ha spiegato la differenza fra l’inquadramento professionale dell’addetto stampa nel pubblico impiego e quello che viene dato nel settore privato. Non è importante dare una concreta disciplina normativa per stabilire nel modo migliore chi è, cosa deve fare l’addetto stampa anche nelle aziende private?
G. R: “Sono pienamente favorevole a una normativa chiara e dettagliata, il guaio è che siamo arrivati al punto che vogliano modificare l’art. 41 della nostra Costituzione che ancora premia il profitto nel privato. Si vuole dare troppa libertà al privato e far prevalere il principio che è permesso tutto ciò che la legge non vieta”.
M. CH: Un giovane giornalista, appassionato di comunicazione e desideroso di intraprendere la carriera dell’addetto stampa, ha delle concrete possibilità di lavoro in quest’ambito oppure è notte fonda?
G. R: Rispetto alla figura del giornalista che purtroppo non naviga in buone acque, il mercato del lavoro offre maggiori possibilità lavorative come addetto stampa. Da un po’ di tempo vengono indetti bandi di concorso pubblico dove si cercano addetti stampa. Il problema è che molto spesso vengono richiesti requisiti specifici che vanno in contrasto con le caratteristiche principali che un candidato deve avere per accedere a questa professione”. Ci sono stati un paio di ricorsi fatti alla magistratura, le sentenze non sono state a nostro favore perché il giudice ha stabilito che l’ente pubblico che assume ha il diritto di chiedere particolari funzioni, se queste rispecchiano in toto la sua mansione”.
Marco Chinicò

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