E’ morto Giovanni Bollea

Fondatore della moderna neuropsichiatria italiana, il prof. Giovanni Bollea è morto a Roma, all’età di 98 anni, dopo più di mezzo secolo dedicato alla psicoanalisi e alla psicoterapia di gruppo. Nato a Cigliano Vercellese, laureato in medicina nel 1938, a soli 24 anni, Bollea, dopo aver frequentato a Losanna un corso di specializzazione, introdusse per la prima volta in Italia, nella Clinica universitaria di Roma a lui intitolata, la psicoanalisi, la psicoterapia di gruppo e il lavoro d'equipe. Passo successivo fu la fondazione dell'Istituto di Neuropsichiatria infantile di via dei Sabelli a Roma, di cui fu direttore. Bollea è stato anche il primo presidente della Società italiana di neuropsichiatria infantile e a lui si devono innumerevoli iniziative a favore dell'infanzia. L’intenzione, dichiarata, al fondo della sua vita di ricercatore e di clinico, era restituire serenità e insegnare a non deformare, complicandoli inutilmente, i messaggi, spesso semplici e diretti, che i bambini ci lanciano sé. Uno dei suoi cavalli di battaglia era la lotta contro lo schiaffo e le sgridate: “vorrei fare una riflessione sullo “schiaffo”, che io odio per un duplice motivo. Il primo è che colpisce una zona molto delicata qual è quella zigomatica: un trauma del genere può produrre seri danni cerebrali.Il secondo motivo è che lo schiaffo non è mai educativo, bensì offensivo poiché diretto contro la personalità”. Credeva invece nel rinforzo positivo: “Uno dei compiti maggiori dei genitori, in modo particolare del padre, è aumentare l’autostima del bambino. Il padre è la via attraverso cui si entra in società. Non bisogna trovare sempre da ridire, bensì rincuorare: “Un’altra volta lo farai bene”.Tra i titoli conferitigli: la laurea honoris causa in Scienze dell'Educazione, nel 2003 all'Università di Urbino e il premio alla carriera al Congresso mondiale di Psichiatria e psicologia infantile di Berlino, nel 2004. Numerosissime anche le sue pubblicazioni, più di 250, tra cui il vero e proprio bestseller ‘Le madri non sbagliano mai'. “La scomparsa del professor Giovanni Bollea è una perdita inestimabile nel panorama scientifico-culturale italiano e mondiale, e depaupera fortemente il patrimonio delle eccellenze nel campo delle risorse umane di concetto del nostro paese”. E’ stata questa la prima commossa reazione del presidente dell’Italia dei Diritti Antonello De Pierro alla notizia della dipartita del padre della neuropsichiatria. “Quando se ne va uno come Bollea – continua il leader del movimento extraparlamentare – è come se bruciasse un archivio di conoscenza e tutti dobbiamo sentirci culturalmente più poveri, non solo quelli che, come me, hanno avuto la fortuna di potersi nutrire in qualche occasione al banco del suo scibile”. Al cordoglio profondo del mondo scientifico e culturale, si è unito quello delle istituzioni della Capitale. “Per rendere il dovuto omaggio a un grande uomo, siamo onorati di mettere a disposizione per la camera ardente la storica Sala della Protomoteca in Campidoglio che sarà aperta ai romani e a quanti vorranno porgergli l'ultimo saluto” ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. “Il professor Bollea lascia un grande vuoto, ma i suoi preziosi insegnamenti, il ruolo di primo piano – ha detto il presidente della regione Lazio Renata Polverini – che Bollea ha svolto nell'ambito della neuropsichiatria infantile e le molte iniziative che ha promosso, con passione e professionalità, a favore dell'infanzia continueranno ad essere di esempio e di guida”. “Bollea ha dedicato tutta la vita allo studio a favore dei bambini. Con il suo impegno si è dimostrato oltre che un grande professionista anche un medico di elevato spessore umano. Alla sua famiglia invio le mie personali condoglianze e quelle dell'Amministrazione provinciale” ha detto Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di Roma. Come detto, da oggi alle 10, la camera ardente è allestita nella sala della Protomoteca in Campidolio. Molti sono i suoi insegnamenti, che hanno illuminato tre diverse generazioni di medici. Insegnamenti elargiti sino all’ultimo, come quello, espresso in una intervista di due anni fa, in cui, a prposito della’aiuto ai bambini più poveri, diceva: “Più dei soldi occorre una formazione continua di tutti, specialmente dei genitori, a qualsiasi livello di maturità si trovano ed in qualsiasi Paese vivono. Tutti hanno bisogno di liberarsi dai propri condizionamenti inconsci per riuscire ad amare se stessi e chi ha bisogno d’aiuto. Concretamente, lo strumento dell’adozione a distanza è molto valido, anche perché permette al fanciullo di crescere nel suo ambiente naturale. Io stesso ho adottato tre bambini a distanza in varie parti del mondo. Negli ultimi anni molti minori sono stati salvati con questo strumento soprattutto da enti cattolici: non servono grandi strutture, l’importante è aiutare con amore le comunità a diventare autosussistenti. In ogni modo, il punto centrale è che il bambino è sacro e, aldilà delle leggi e della ricchezza materiale, una nazione può dirsi civile solo se riesce a riconoscere la sacralità dei più piccoli”. Ricordo, anche, una sua lezione, degli anni ottanta, in cui ricordava (con incredibile anticipazione sui tempi), che “c’è bisogno di una rivoluzione culturale che aiuti ogni persona e famiglia a maturare, sviluppando la propria identità sessuale per vivere nell’amore il rapporto con l’altro sesso. Nel mondo occidentale, almeno dal punto di vista legislativo, c’è una forte tutela dei soggetti più deboli, anche se nella pratica viviamo immersi nelle deviazioni sessuali, nelle violenze sui minori e nello sfruttamento della donna oggetto”. E, ancora, sul rapporto fra fede e scienza, ebbe a dichiarare: “Non sono mai stato un vero cattolico credente e mi sono sentito spesso in polemica con la Chiesa. Non tanto per la persona di Gesù, quanto perché sento che non mi corrisponde una religione così organizzata. Io credo in Dio soprannaturale che è Amore, credo nel bambino e nel valore dell’uomo, ma non credo nell’organizzazione. Come tecnico e scienziato constato che Dio ed il Suo Amore non sono entità fisiche, ma si trovano nell’essenzialità della nostra vita spirituale. Senza lo Spirito noi non possiamo vivere. Lo Spirito non è materiale né razionale: potrebbe essere definito come l’energia dell’amore che è al di sopra di ognuno. Apprezzo chi ha fede, perché il vero credente è un uomo felice, ma ugualmente chi non crede deve confrontarsi con il mistero del dono della vita”. Addio professore, i tuoi insegnamenti ci mancheranno in un cammino sempre più accidentato ed in salita.

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