Cacciate gli idioti

di Michelangelo Pecoraro, Letterefilosofia.it

Cosa si dirà ora? Anzi, specifichiamo il soggetto: cosa diranno ora le associazioni studentesche moderate, magari quelle che lavorano su scala nazionale e che hanno contribuito all’escalation retorica di questi ultimi giorni? La soluzione è sempre a portata di mano: si dirà che son stati i facinorosi, i black block, i vattelappesca; si dirà che gli studenti erano là per manifestare pacificamente. Così, black block è una magica sequenza di parole che indica l’aria, un nome che serve come servì ad Ulisse il nome Nessuno. Chi è stato? Nessuno.

Non sono andate così le cose. I responsabili dei disordini sono stati una frangia di studenti più radicali, assieme a gruppi di Disobbedienti, ai gruppi di ultras che imperversano in città (ricordate gli scontri in cui gruppi di tifoserie rivali si unirono?), a chiunque potesse avere qualche motivo di risentimento personale contro le forze dell’ordine. E i responsabili, purtroppo, sono stati anche gli studenti più moderati, quelli che non hanno partecipato agli scontri ma che, nel corso del tempo, hanno permesso agli estremisti di entrare a far parte a pieno titolo del movimento studentesco, addirittura di guidarne le scelte.

E non lo scrivo per sentito dire, leggendo le cronache degli eventi su Repubblica o sul Corriere, lo scrivo perché oggi ero presente (sempre molto vicino ai disordini) e perché è da tempo che osservo l’evolversi dei cortei, un po’ alla volta, come su un piano impercettibilmente inclinato, verso questa direzione: i lanci di uova e ortaggi, simbolici; i lanci di bottigliette d’acqua, non rischiosi; i lanci di petardi, non concordati e comunque pochi e non pericolosi. Gli slogan in fondo son sempre gli stessi. I libri-scudo? Ma son carini, sono “un nuovo canone letterario” e, anzi, servono per ottenere attenzione dalla stampa internazionale. Ed ecco che oggi, improvvisamente, ci si è resi conto di come tutte queste piccolezze fossero i sintomi di un malessere ben più profondo, di un male che ormai può quasi confondersi con lo stesso movimento studentesco, al punto che ora è facile prevedere una serie di “verifiche interne”, per dirla in politichese.

Cosa si dovrà discutere in queste verifiche interne? Innanzitutto di come vengono organizzati i cortei: non è possibile che si lasci libera iniziativa alle frange più estreme del movimento, quelle minoritarie in termini numerici. Non è possibile assistere alle scene cui abbiamo dovuto assistere oggi: auto incendiate (anche lontano dagli scontri, quindi non motivabili con l’ansia di difendersi sul momento dalle cariche della polizia), cassonetti idem, assalti completamente gratuiti ai blocchi di polizia, lanci di bombe carta, distruzione del centro storico della nostra città. Si vuole manifestare dissenso per la scelta, sicuramente non democratica, di impedire l’accesso ai luoghi di decisione politica del nostro paese? Che si faccia, ma ciò non deve significare scatenare una guerriglia durata ore.

C’è poi un’altra possibilità, ben peggiore: quella che il movimento rivendichi orgogliosamente quanto accaduto. In tal caso vorrebbe dire che non esiste proprio possibilità di modificare la rotta, di fare verifiche interne, vorrebbe dire che il male si è ormai impossessato del corpo come un tumore inestirpabile. Preferisco sperare che ciò non accada, che sia ancora possibile tirare fuori quello che di buono c’è dagli studenti in protesta: una cultura pacifica che tende sempre al meglio, alla possibilità di prendere per mano i giovani e condurli lungo la strada di idee come la tolleranza e l’intelligenza. Non è con giornate come questa che si convince la nazione a darci una chance, a concedere maggiori finanziamenti e una maggiore indipendenza alle università. Con giornate come questa, l’unica cosa che si può ottenere è peggiorare il trattamento che gli studenti riceveranno in tutti i prossimi cortei, a partire da quelli che verranno fatti contro l’approvazione del Ddl Gelmini, sempre all’orizzonte vista la rinnovata fiducia.

Voglio concludere con un appello. Può apparire un consiglio forse troppo moderato, in un periodo di attacco frontale (in politica) contro la cultura e la decenza, ma pur apparendo moderato è conseguenza di uno slancio che sento veramente provenire dal cuore: cacciate gli idioti, perché non li sopportiamo più.

Non ce la facciamo più. E non sono solo, siamo in molti: moltissime persone ci provano, partecipano a qualche assemblea, vengono alle manifestazioni più importanti, capiscono che il momento storico richiede una qualche forma di partecipazione, ma alle assemblee trovano idioti ciarlanti, persone che danno fiato alla bocca tirando fuori quei quattro-cinque concetti a ripetizione, così artatamente complessi che si preferisce il defilarsi al confutarli; alle occupazioni si trovano idioti che non trovano neanche il tempo per seguire uno dei tanti dibattiti organizzati; alle manifestazioni si trovano idioti che alla prima occasione si mettono casco, passamontagna, strappano un cartello stradale e si dirigono, quasi fossero una moderna banda di galli disperati, a farsi pestare e catturare dalla prima legione di romani-carabinieri che marcia verso di loro.

So che i collettivi e altre associazioni studentesche son piene di persone consapevoli e responsabili, le quali conducono nelle assemblee ragionamenti e dibattiti motivati e privi di retorica, riempiono le occupazioni di contenuti, corsi e idee, animano in modo pacifico ed entusiasta le manifestazioni. A loro mi appello: cacciate gli idioti, vedrete che un po’ alla volta, magari non in modo evidente, il piano si inclinerà verso un’altra direzione.

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