Battisti se ne resta in Brasile

Si attende per oggi il pronunciamento di Lula sulla estradizione di Cesare Battisti ma, da indiscrezioni della stampa brasiliana, sembra che si opporrà, riconoscendo all’ex terrorista lo stato di rifugiato. ''Sarebbe davvero oltraggioso se venissero confermate le indiscrezioni sul no del Presidente del Brasile all'estradizione del terrorista Cesare Battisti ed anzi di concedergli lo status di rifugiato suonerebbe come un'intollerabile offesa al Popolo italiano e a tutti gli appartenenti alle Forze di polizia''. Questo il commento del segretario nazionale dell'Anfp (Associazione funzionati di polizia), Enzo Marco Letizia. Ancora più indignato il ministro Ignazio La Russa, che ha dichiarato al Corriere della Sera: “Nessuno pensi che il no all’estradizione di Cesare Battisti sia senza conseguenze. Io lo riterrei una grande ferita nei rapporti bilaterali”. L'azione diplomatica”, ha proseguito La Russa, “non compete a me. Però porrò una questione al governo. E almeno altri quattro ministri hanno la stessa intenzione: a partire da Giorgia Meloni, ministro della Gioventù e presidente della Giovane Italia. Per quanto mi riguarda poi io sono pronto a prendere altre iniziative”. E, in aggiunta: “Smetterò di fare il pompiere come ho fatto finora con quei parlamentari – molti mi stanno chiamando in queste ore anche non del Pdl – che intendono scendere in piazza rispondendo all’appello di Alberto Torreggiani a cui Battisti ha ucciso il padre”. Di parere diverso Ettore Greco, direttore dell'Istituto Affari Internazionali, il quale ha detto a TMNews: “Ci sono state ripetute dichiarazioni e prese di posizione da parte del nostro Ministero degli Esteri per ottenere l'estradizione, c'è stata una pressione diplomatica italiana” ha affermato Greco, “però poi, se si guardano altre dichiarazioni date in occasione di incontri bilaterali, si è visto che questa vicenda non influenza comunque gli sforzi per accrescere la cooperazione”. Ovviamente – ha detto ancora Greco – ci sarà un rammarico forte credo anche a livello politico, questo governo ha sempre espresso il suo forte disappunto per tutta questa vicenda, e spera che si possa arrivare all'estradizione. Ma non inciderà” nei rapporti bilaterali, “rimarrà probabilmente un caso isolato”. Secondo il direttore dello Iai, bisogna infatti “tenere conto che il Brasile ha avuto degli ottimi risultati economici negli ultimi tempi, ci sono dei legami importanti di aziende, come Fiat e Telecom, siamo interessati come Italia a mantenere dei rapporti amichevoli e anche ad accrescere la cooperazione. Questo si è riflesso in una serie di dichiarazioni che tendevano a rassicurare che questa vicenda non avrebbe inficiato più di tanto i rapporti bilaterali”. Vedremo nelle prossime ore come si comporterà il presidente brasiliano uscente Luiz Inacio Lula da Silva e se avranno ragione, in caso di pronunciamento per il no, La Russa o Greco; la pancia o le ragioni commerciali e di stato. Cesare Battisti, 56 anni, è stato condannato in contumacia all'ergastolo, con sentenze passate in giudicato, per aver commesso quattro omicidi in concorso durante gli anni di piombo. La prima fase della sua latitanza venne trascorsa in Francia, dove beneficiò a lungo della cosiddetta “dottrina Mitterrand”. Nella capitale francese frequentò la comunità di latitanti italiani , terminò un romanzo e visse traducendo in italiano racconti di autori noir francesi, tra i quali Didier Daeninckx e Jean-Patrick Manchette. Venne arrestato a Copacabana, in Brasile, il 18 marzo 2007, a seguito di indagini congiunte di agenti francesi e carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale. Assieme a lui venne arrestata temporaneamente una donna, esponente dei comitati di sostegno ai latitanti italiani, che avrebbe dovuto consegnargli del denaro. Il 13 gennaio 2009, il Brasile decise di accordargli lo status di rifugiato politico. Il 18 novembre 2009 la più alta istituzione giurisdizionale del Brasile, il Supremo Tribunal Federal, ha considerato illegittimo lo status di rifugiato politico concesso dal governo brasiliano. La pronuncia, 5 voti favorevoli e 4 contrari, è favorevole all'estradizione di Battisti in Italia, ma ha lasciato alla Presidenza della Repubblica del Brasile la parola definitiva sulla sua effettiva esecuzione. Il 5 marzo 2010 Battisti subisce dal Tribunale di Rio de Janeiro una condanna a due anni da scontare in regime di semilibertà, per uso di passaporto falso. I sostenitori di Cesare Battisti contestano le modalità con cui si è svolto il processo contumaciale a carico dell'ex militante dei PAC, in particolare sostengono che le accuse si basino sulle dichiarazioni del pentito Pietro Mutti, anch'esso appartenente ai PAC, che avrebbe accusato il compagno per garantirsi gli sconti di pena concessi dalla legge speciale antiterrorismo italiana. Battisti ha ricevuto il supporto il supporto della scrittrice francese Fred Vargas, che in questi anni lo ha sostenuto economicamente fino ai giorni dell'arresto in Brasile (dovuto ad una telefonata rintracciata dalle autorità brasiliane fatta dal Battisti proprio alla abitazione parigina della Vargas).Suo il libro La Vérité sur Cesare Battisti, non ancora edito in Italia. Altre manifestazioni di solidarietà sono venute dallo scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez e da 500 tra scrittori, intellettuali e rappresentanti di organizzazioni non governative per i diritti umani brasiliani, firmatari di un documento per la concessione dello status di rifugiato politico a Cesare Battisti. Solidarietà Battisti è arrivata anche dall'Italia. Il sito internet Carmilla Online nel 2007 ha organizzato una raccolta di firme di solidarietà per Cesare Battisti coinvolgendo oltre 1.500 firmatari nel panorama politico-culturale di Francia e Italia.Tra i firmatari del documento compare il giornalista Roberto Saviano, che tuttavia, nel gennaio 2009, ritira la sua firma in segno di rispetto per le vittime. Sono personalmente d’accordo con quanto scriveva, nel 2007, Il Cannocchiale: C'è un modo per inchiodare gli ex-terroristi al loro passato di morte, parlare non di quello che attualmente fanno, delle cariche che ricoprono, dei libri che scrivono, ma delle loro vittime, delle vite che hanno spezzato, del sangue innocente versato in nome della loro spietata ideologia. Antonio Santoro è stato il primo a cadere sotto i colpi dei Pac (Proletari armati per il comunismo). A 52 anni viveva una vita tranquilla con la moglie e i tre figli, a Udine, dove comandava con il grado di maresciallo il carcere di via Spalato. Il 6 giugno del '78, quando lo uccisero, non era ancora passato un mese dal ritrovamento del cadavere di Aldo Moro e l'Italia era ancora sotto choc. Lo attesero sotto il carcere e quando arrivò lo freddarono con una pistola militare. A sparare, secondo gli inquirenti furono proprio lo 'scrittore' Cesare Battisti e una complice, con la quale si scambiò false carezze fino al momento di colpire. Pierluigi Torregiani la sera del 22 gennaio 1979 era in una pizzeria con i suoi gioielli portati ad una dimostrazione televisiva, nel locale entrarono dei rapinatori, ci fu una colluttazione e una sparatoria. Morirono un bandito e un altro commensale, Torregiani si difese e fu ferito. Cominciarono le minacce anche a seguito di una gogna mediatica che lo dipingeva come un giustiziere . A nulla servì la lettera di rettifica che mandò alla Notte e a la Repubblica, che lo aveva descritto come un “cacciatore di teste a caccia di rapinatori”. Gli venne assegnata una scorta, assente quel pomeriggio perché chiamata altrove per una rapina. Torregiani andò comunque in negozio. Il commando dei Pac era in agguato: sparano, l’ orefice risponde, cade, viene finito con un colpo alla testa. L’unico colpo esploso per un amaro scherzo del destino colpisce il figlio Alberto e lo paralizza. Lascia la moglie Elena e tre figli, adottivi. Mandante lo 'scrittore' Cesare Battisti. Lino Sabbadin macellaio il 16 febbraio 1979, colpevole come il Torregiani di aver sparato contro un rapinatore e di averlo ucciso, per legittima difesa. Lascia la moglie Amalia Spolaore e tre figli: Adriano, Adriana e Roberta. Nella rivendicazione fu scritto che “era stata posta fine” alla loro “squallida esistenza”, in segno di solidarietà alla “piccola malavita che con le rapine porta avanti il bisogno di giusta riappropriazione del reddito e di rifiuto del lavoro”. Esecutore materiale lo 'scrittore' Cesare Battisti. Andrea Campagna guardia di Pubblica Sicurezza in servizio presso l'ufficio Digos, 19 aprile 1979, ucciso a 25 anni, in un agguato sotto il portone dell’ abitazione della sua ragazza, con parecchi colpi di pistola in pieno volto, mentre si accingeva a salire sulla propria autovettura, dopo aver terminato il turno di servizio. L’attentato viene rivendicato dal Pac ed eseguito personalmente dallo ‘scrittore’ Cesare Battisti.

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