Omertà  lombarda

Nonostante i fenomeni di estorsione e usura continuino a verificarsi in Lombardia, le vittime non denunciano i loro “cravattai”. A lanciare il grido d’allarme il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, la quale ha aggiunto che il dato che non stiano pervenendo denunce «è un fatto sintomatico e ne prenderemo atto. Non possiamo immaginare che, dopo l’operazione Crimine, i fenomeni di estorsione e usura siano stati eliminati, anche perché essi esistono e li stiamo monitorando continuamente». Una situazione che assume significati ancora più preoccupanti se si pensa che «dalle associazioni di categoria non pervengono denunce relative ai fenomeni estorsivi – come avvenuto per esempio a Palermo – e se la si contestualizza nel momento di crisi che stiamo vivendo».

Tali aspetti sono emersi nel corso della conferenza stampa indetta dalle Procure di Milano e Reggio Calabria: alla presenza dei loro rispettivi procuratori – Ilda Boccassini, per l’appunto, e Giuseppe Pignatone – è stato reso noto che oggi la Dda lombarda inoltrerà la richiesta di giudizio immediato per 174 delle oltre 300 persone arrestate lo scorso 13 luglio nell’ambito dell’operazione Crimine, saltando così la fase dell’udienza preliminare. La parte dell’inchiesta coordinata dalla Dda reggina sarà invece chiusa a gennaio: «Il ramo reggino è più indietro – ha ammesso il procuratore Pignatone – anche per problemi di organizzazione delle risorse». Un aspetto che certo non intacca il lavoro congiunto svolto dalle due Direzioni distrettuali antimafia; una sinergia che i protagonisti hanno etichettato come «carta vincente per sconfiggere un’organizzazione come la ‘ndrangheta che ha capacità organizzative non solo nel nord Italia ma anche all’estero, dalla Svizzera alla Germania fino all’Australia».

Oltre 300 arresti, tremila tra Carabinieri e Polizia le forze dell’ordine impiegate, due le Procure – meneghina e reggina – interessate, beni sequestrati per oltre 60 milioni di euro. Queste sono solo alcune delle cifre relative all’operazione Crimine che lo scorso 13 luglio ha sconquassato gli equilibri di una Lombardia che si credeva avulsa dal fenomeno mafioso, ritenendolo caratterizzante del Meridione. Le manette scattarono ai polsi degli esponenti delle più importanti famiglie ‘ndranghetiste: dai Pelle di San Luca agli Iamonte di Melito Porto Salvo, dai Pesce-Bellocco e gli Oppedisano di Rosarno ai Commisso di Siderno, ai quali si aggiungono gli Acquino-Coluccio e i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, gli Alvaro di Sinopoli e i Longo di Polistena. Le indagini portarono alla scoperta di oltre 500 affiliati in Lombardia. I membri dei clan si riunirono oltre 40 volte in diversi summit. Uno di questi si tenne – ironia della sorte o ennesimo sfregio alla memoria – presso un centro intitolato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a Paderno Dugnano.

(Ma.De.)

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