TRE BRIGANTI E TRE SOMARI

Il premier si rivolge ai parlamentari di cui ha bisogno per rimpolpare la sua neo-acquistata maggioranza; per questo dichiara, sfacciatamente, che “abbiamo diversi posti liberi”, come se fosse il gestore di un ristorante nel quale far accomodare chi prima arriva. “Tre briganti e tre somari” sono pochi, cantava Domenico Modugno, e a Berlusconi servono altri voti: non per amministrare il Paese, come è evidente, ma per continuare ad esercitare il proprio potere. Allargare la squadra di Governo, allora, significa ampliare ancora di più la scollatura tra ciò che gli italiani vogliono e ciò che vedono in Parlamento.

L’ingaggio di qualche altro deputato o senatore non gioverà ai cittadini che hanno bisogno di un Governo solido ed efficiente che non racconti favole, o peggio li imbrogli come Berlusconi sta facendo da 16 anni a questa parte. Soprattutto, ci sono stati troppi sconvolgimenti politici per non doversi rivolgere nuovamente agli elettori: le urne non spaventano nessuno tranne Berlusconi, il quale teme di doversi trasferire nella sua megavilla di Antigua e rimanerci per sempre.

L’ ostinazione di Berlusconi ha già comportato il rifiuto di Casini ad entrare nella maggioranza: farebbe un torto al suo opportunismo, infatti, sedendosi sulla stretta poltrona del berlusconismo quando, invece, si sta per liberare quella più comoda della leadership di centrodestra. La sconfitta di ieri costringerà anche Fini a riciclarsi come moderato alla guida del terzo o quarto polo, viste le spaccature che già si sono create prima ancora che il progetto parta.

Il Cavaliere deve far presto: non perché ci sono problemi urgenti da risolvere per il bene collettivo, ma perché Bossi si sta innervosendo, visto che dopo 20 anni ancora aspetta di incassare il federalismo. È chiaro che per ridare speranza e certezza al futuro servono nuove elezioni, non per calcoli politici di parte ma per il bene dei cittadini che non meritano di seguire il triste destino dei briganti e dei somari.

Tutta la vicenda ricorda la storia di Mazzarò, il protagonista della novella di Verga ‘La roba’, il quale attraverso menzogne, prepotenze e illeciti ha trascorso la vita ad accumulare ricchezze e proprietà che non sopporta di dover abbandonare; anche in punto di morte non si rassegna : “Quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: ‘Roba mia, vientene con me!’”.

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