Ancona
Il momento delle scelte. O la Regione sarà in grado di trasferire risorse alle famiglie per garantire l’allargamento dei servizi sociali oppure il laboratorio Marche, l’alleanza tra Udc, Pd e Idv, è destinato a rimanere una bella enunciazione senza poter diventare un vero e proprio modello. Luca Marconi, assessore alla Famiglia, già senatore dell’Udc e un importante ruolo di Responsabile Nazionale per il Mondo Cattolico, non ha dubbi.
Assessore, come sta affrontando questo passaggio, così importante per la legislatura?
Sgombriamo il campo dagli equivoci: questa materia viene affrontata in maniera assolutamente laica perché non può esserci una dimensione religiosa e ideologica capace solo di dividere. Alla base c’è una dimensione strettamente antropologica, un ragionamento di tipo umano.
Come si trasferisce questo enunciato nella pratica politica?
L’Udc, sta in questa maggioranza, che è unica in Italia, tanto è vero che parliamo di modello Marche. La provocazione è questa: lo è già un modello o lo deve diventare? Secondo me lo sta’ diventando perché la vera sfida davanti agli elettori non sono i proclami, ma fare in modo che questo modello realizzi le cose per cui è nato.
E la famiglia è sicuramente un argomento fondamentale per la vostra presenza nell’esecutivo.
È un settore altamente specifico e la nostra scommessa è dimostrare che, al di là dei contenuti ideologici, la maggioranza realizza questi argomenti così cari al mondo cattolico.
Lei parla spesso di scommessa, perché?
Come Udc, non ci nascondiamo. È uno degli strumenti con cui possiamo monitorare il successo o meno della nostra presenza al governo. E specifico: non del valore complessivo del lavoro della giunta, che ha anche altri aspetti chiaramente molto importanti.
Passiamo al concreto.
Concretamente nel programma queste cose ci stanno e la sfida di attuarle è particolarmente pesante. Il centrodestra continua solo a fare proclami: l’ultimo è quello di Berlusconi che annuncia il quoziente familiare ma ahimè lo annuncia dal 1994. Il vero problema è che non basta essere d’accordo con un argomento per fare.
Cosa c’è da fare, secondo l’Udc?
Aiutare le famiglie diminuendo significativamente l’imposte a partire dalle famiglie più numerose e quelle in difficoltà per motivi di lavoro e quindi distribuire risorse. Questo il vero punto.
Un tema che è stato recepito.
Il presidente Spacca l’ha raccolto pienamente unendo, inoltre, al tema della famiglia un altro tema delicato: quello della vita.
Lei si riferisce all’impegno annunciato per la famiglia naturale.
Questo è un passaggio che va ricordato: questa giunta, a detta del suo Presidente, ha detto chiaramente che vuole aiutare la famiglia che fa i figli perché il vero problema sociale, quindi non politico, che riguarda l’intera società marchigiana, è che noi abbiamo un tasso di natalità negativo. E questo è un dramma per qualsiasi società perché è l’inizio della morte. E questo lo dicono anche i laici.
In che senso?
C’è un aspetto di natura economica: dalla crisi economica non si viene fuori solo con aiuti specifici ma aiutando il consumo virtuoso. E il consumo virtuoso chi lo fa se non la famiglia e in particolare la famiglia con un reddito basso? Questa famiglia è costretta a spendere e se risparmia lo fa per spendere ancora: per esempio, nel futuro scolastico dei figli.
Ci spiega come sta diventando operativo questo percorso?
Prima in Italia, la Regione Marche ha annunciato che per quanto riguarda le politiche sociali reintegrerà i fondi che lo Stato ha pesantemente tagliato. Noi intendiamo ripensare i servizi in modo tale che, integrando in modo intelligente ed equilibrato, l’intervento pubblico e quello privato si possa aumentare il numero degli assistiti senza aumentare la spesa. E per questo la famiglia diventa una risorsa fondamentale.
In che modo?
Non è possibile che una forma di assistenza, qualunque essa sia, se fatta da istituti pubblici o privati renda economicamente e invece quando viene fatta dalla famiglia non solo non porta alcun beneficio economico ma addirittura è un costo. Noi dobbiamo cambiare le regole invertendo questa tendenza perché oltre a essere una direzione vincente per la qualità, costa meno e consente di allargare, a parità di costo, la platea di persone assistite.
Dunque, addio alle strutture pubbliche?
No. Le strutture pubbliche debbono continuare a funzionare per tutto quello che la famiglia non potrà fare. Penso per esempio all’Alzheimer non governabile in famiglia. Noi dovremo lasciare la diga del servizio pubblico che sarà sempre costoso perché non vogliamo abbassare il livello della qualità per garantire la fascia estrema del bisogno sociale, ma tutto quello che, in funzione sussidiaria, la famiglia può svolgere in soccorso a se stessa va fatto e va riconosciuto economicamente.
E, nella pratica, come si fa?
Facendo arrivare vantaggi a chi svolge un’attività di assistenza. Chi assiste un anziano, un portatore di handicap o ha bambini piccoli, a casa, nell’ospitare minori fuori famiglia, deve poter concorrere alla realizzazione di un reddito ordinario di lavoro. Non è obbligatorio ma va data questa opportunità.
Quali reazioni ha incontrato nell’avvio di questo lavoro?
Su questo abbiamo già impostato un bel ragionamento con la commissione consiliare con l’obiettivo di rileggere la legge 328, la legge fondamentale per i servizi sociali, in un’ottica che, lo ripeto, non significa smantellare il pubblico. Significa immaginare come possiamo assistere in futuro nuovi soggetti senza avere la possibilità di aumentare la spesa. La manovra ci impone scelte virtuose e lo saranno non se ci saranno smantellamenti ma solo se ci saranno integrazioni.
È un’inversione epocale.
Meno soldi alla sanità e più al sociale. L’ospedalizzazione non è il rimedio a tutti i mali. Noi dobbiamo andare verso ospedali di grande efficienza e grande specializzazione e sul territorio creare reparti di lungodegenze, Rsa, case protette per anziani, case protette per disabili.
Come si sta configurando l’attuazione di questa politica?
Modificando della legge sulla Consulta familiare abbiamo già cominciato a fare ragionamenti di questo tipo trovando debbo dire una consonanza molto ampia. Così come nel lavoro in Commissione sulla 328. Ho trovato un’intelligenza e una libertà di giudizio in presidente e consiglieri che, al di là di questioni ideologiche, fa vincere il buon senso marchigiano. Sul piano dei principi, l’accoglienza di questo tipo di approccio non è complicato. Adesso dovremo vedere nel concreto. C’è anche da dire che, specie per quanto riguarda gli anziani, questo discorso dovrà passare gioco forza.
Affiora un’altra questione, a lei e all’Udc, particolarmente cara: la Dottrina Sociale della Chiesa.
Nessuno può appropriarsi in maniera esclusiva di tematiche care alla Dottrina Sociale della Chiesa. C’è un architrave – e questo lo hanno ribadito sia il Santo Padre che i vescovi – che è fatto da vita, famiglia, libertà di educazione, lavoro, solidarietà sociale e ambiente. Le risposte giuste possono venire da una elaborazione dell’esperienza ormai bimillenaria di questa dottrina. Non sono il marxismo o il liberalismo capaci di dare risposte a tutti questi sei punti. Non ci può essere lo spacchettamento. Se io sono di sinistra guardo a ambiente, lavoro e solidarietà; se sono di destra a vita, famiglia e libertà d’educazione. Non funziona così.
E come funziona?
Una risposta politica è il terzo polo che Pierferdinando Casini sta’ costruendo con intelligenza e determinazione insieme a tutto l’UDC. Non è un luogo geografico che sta lì in mezzo ricattando la destra o la sinistra per ottenere più potere. Purtroppo per loro sarà una cosa molto più impegnativa che serve al Paese perché fonda su questi sei pilastri le verità fondamentali di un vivere civile e il raggiungimento del bene comune. È chiaro che poi dentro c’è tutto, perché il sostrato è costituito da legalità, rispetto dell’ordine, convivenza civile, non aggressione. Tutte cose che adesso reclamiamo perché vogliamo moderazione, perché siamo stufi di questo contrasto che non porta alla risoluzione dei problemi.