di Gianni Vattimo
Fini alla Camera vota la riforma dell’università – “la migliore delle riforme della legislatura”, ha osservato – e la riforma passa. Naturalmente, ciò non impedisce a Fli di votare la sfiducia al governo, dopo un’estate rovente di attacchi indecenti allo stesso Fini, e di presentarsi quale nuovo campione della legalità, della sobrietà, della giustizia. Apprendiamo che Fli valuta l’astensione sulla riforma della giustizia. E anche ciò non impedirà di votare la sfiducia. Chi non la vota è fuori, tuona Granata. Immaginiamo le risate dall’estero: i corrispondenti non avranno, temiamo, la pazienza di ripercorrere tutti i distinguo, le posizioni sfumate, gli interessi taciuti che animano questa travagliata stagione del centrodestra.
Abbiamo tutti intravisto nell’agire di Fini, nei mesi passati, un’occasione propizia per denunciare gli intollerabili soprusi di un governo solo fintamente democratico. E forse alcuni di noi si sono persino illusi che Fini rappresentasse, seppure in discontinuità con il passato recente (ma meglio tardi che mai, come spiega sempre Travaglio), una ventata di ossigeno nello smog generale creato da B. Sono tanti i motivi per i quali Fini garantisce il suo sostegno alla riforma dell’università. Alcuni solo ipotetici: è probabile, ad esempio (mi stupirei del contrario), che l’ex leader dell’Msi non capisca quasi nulla in materia. E forse non ne capiscono nulla nemmeno i FLIniani che sono saliti sui tetti. È altrettanto probabile che Fini si senta in dovere di non contraddire Confindustria, accanita sostenitrice della riforma. È però pressoché impossibile che Fini possa dichiarare con sincerità che si tratta della migliore riforma della legislatura. Delle due l’una: Fini sa che si tratta dell’unica vera riforma finora approvata; l’argomento è tautologico. Oppure, Fini sa quali interessi sta difendendo nel promuovere la riforma (tutti tranne quello pubblico, per dirla brevemente; e tra quei tutti, i più beceri in particolare), e soffre di quello stesso sdoppiamento della personalità di cui ha dato prova con le sue recenti posizioni in materia di diritti civili e sociali, in netto contrasto con le due leggi alle quali ha apposto il suo nome (immigrazione, droga).
Siamo certi che, nel giro di poco tempo, Fini si accorgerà dell’assurdità della decisione presa. Questa volta, però, non potremo dirgli “meglio tardi che mai”. Anche perché una novità positiva di questi, recentissimi, tempi, è rappresentata dagli studenti che hanno occupato i principali monumenti italiani e dai ricercatori saliti sui tetti degli atenei. Gli studenti veri, quelli che non sono rimasti a casa a studiare; quelli che hanno capito che in una democrazia bloccata, occorre una certa misura di “sovversivismo democratico”; quelli che vedendosi bloccato il futuro, come hanno scritto alcuni di loro, hanno bloccato le città. Per una volta, l’Italia si è ringiovanita. Andiamo avanti, con un ambiguo “alleato” in meno e un forte esempio da coltivare e imitare.