Una settimana decisiva

Mentre l'eco mondiale dell'incapacità del Berlusconi politico fa il giro del mondo grazie ai documenti resi noti da Wikileaks, la settimana politica italiana si preannuncia decisiva per le sorti del governo. Alle strette con la riforma dell'Università, con la sfiducia al ministro Bondi e con la copertura di 100 miliardi per le Regioni nella riforma federalista, l'esecutivo potrebbe non reggere nonostante gli ultimi colpi di coda del premier.

Domani sarà il giorno del voto sul ddl Gelmini per la riforma dell'Università. Se da un lato la riforma è necessaria, dall'altro la privatizzazione che la Gelmini propone va nella direzione opposta al miglioramento dell'Università. Dalle pagine de Il Messaggero, Marco Meloni, responsabile Università e Ricerca del Pd fa notare come “la legge Gelmini mette molte regole su tutto ciò che riguarda la governance degli atenei, che vengono oppressi da un iper controllo del ministero. Invece su punti dove andavano messe norme certe la riforma è vaga. Per la valutazione si dice che i meritevoli otterranno più soldi, ma senza dire come. Il Pd aveva messo sul piatto delle idee concrete su come fare, ma non siamo stati ascoltati. E per quanto riguarda la tenure track, la nuova formula di reclutamento a termine dei ricercatori, noi avevamo fatto una proposta per fare in modo che i migliori potessero salire in cattedra entro i 32-35 anni: un unico contratto iniziale al posto dei vari assegni e borse di ricerca per 4 anni. Poi era previsto un contratto di 3 anni e dopo la possibilità di diventare docenti. Ma con la certezza, da subito, delle risorse per assumere professori. La ministra, invece, propone contratti a termine 3+2+3 senza eliminare la galassia dei contratti precari e non mette garanzie sulla successiva assunzione”.

Insomma per il Pd è necessaria sì una riforma ma che questa sia “vera ed efficace”. Per questo sarebbe molto più ragionevole “sospendere l’esame della legge e tornare a discutere per averne una migliore”. Meloni smentisce il ministro Gelmini sul fatto che l'opposizione soffia sul fuoco della protesta. “La verità è che per evidenziare i problemi bisogna salire sui tetti in questo paese. Ricercatori e studenti stanno cercando un dialogo, se davvero vuole una riforma che duri si fermi e si confronti su temi che per noi sono fondamentali come il diritto allo studio, la governance, il reclutamento”.

La discussione prolungata sull’università ha fatto slittare la mozione di sfiducia presentata dal PD sul ministro Bondi. Il dibattito riprenderà proprio questa settimana e verrà al nodo l'attuale gestione della Cultura. Non sono in gioco solo i disservizi e lo stato di abbandono che ha portato ai crolli degli scavi di Pompei e i favori clientelari che hanno portato ad assunzioni “familiari” nel ministero dei Beni culturali a fare suonare l'allarme sull'attività di Bondi. I continui tagli alla Cultura a fronte degli scarsi investimenti (esattamente il contrario di quanto dovrebbe accadere in periodi di crisi economica e sociale internazionale) pongono Bondi sul banco dei colpevoli per non aver saputo opporsi alle direttive di Berlusconi, alle sue politiche ad personam, ai suoi continui spot elettorali e alle promesse mai mantenute. Nell'idea generale della premiata ditta Pdl-Lega la Cultura non paga e non fa aumentare il consenso.

Saranno giornate della verità anche per il federalismo. Occorrerà decidere come garantire alle regioni la copertura dei circa 100 miliardi di spese necessarie per erogare i servizi regionali. Anche per i comuni dovrà essere presa una decisione senza la quale il federalismo è solo sulla carta: l’aliquota di equilibrio per la futura imposta comunale sul possesso degli immobili. Si ipotizza il 10 per mille, ma questa soglia non basta a coprire anche le spese per sostenere l’entrata in vigore della cedolare secca del 20 per cento sugli affitti (prevista ma che è ormai diventata a rischio, dato l’impatto sui conti. Come dire: un’altra promessa al vento fatta dal governo).

Sarà una settimana decisiva anche perché sarà tutto gestito da una persona “incapace, vanitoso e inefficace come leader europeo moderno…leader “fisicamente e politicamente debole” le cui “frequenti lunghe nottate e l'inclinazione ai party significano che non si riposa a sufficienza”.

A.Dra

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