Il treno e il macchinista

E’ ora di cambiare treno e macchinista.

di Renzo Balmelli

FALLIMENTO – Rompe con i tetri rituali della destra in ambasce, l’immagine di Bersani, sigaro in bocca, che scala la facoltà di architettura per solidarietà con gli studenti in rivolta. E’ il controcanto divertente e scanzonato dell’Italia che non crede piu’ alle false promesse miracolistiche del premier , ormai ridotto a barattare voti per non fare le valige. Vedendosi sfuggire l’erba sotto i piedi, che fa il “caro leader” : sfoga le sue frustrazioni contro il povero Floris, colpevole di fare bene il suo lavoro. Urlare e tacciare i giornalisti di mistificatori è una tattica perdente da finale di partita, un misero surrogato del malgoverno che si è consumato tra leggi ad personam e sfilate di escort . Malgoverno che oggi si cristallizza lungo due direttrici: nella drammatica testimonianza degli alunni che a Napoli fanno lo slalom tra i topi per andare a scuola e la protesta dilagante negli atenei contro la confusa riforma universitaria della Gelmini. “Alfabeto e munnezza” sono diventati il simbolo su scala mondiale del fallimento di una politica disastrosa che piu’ si protrae piu’ lascia nella società civile l’ inquietante sensazione di muoversi verso una deriva inarrestabile. E’ ora di cambiare treno e macchinista.

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SCHERZI – Fa una certa impressione – scrive Claudio Magris – pensare ai teatri chiusi in tutto il paese. Quanto ha ragione. Nelle sale, piccole e grandi, il sipario è calato per protestare contro i tagli decretati dai ministri della maggioranza, convinti che la cultura non è commestibile . Lo sconcerto è profondo, tanto piu’ che a restare sempre aperto sull’altro fronte c’è solo il tabarin della politica cui tutti, costernati, siamo costretti a partecipare. E che spettacolo! Pare una riedizione sgangherata di Ninì Tirabusciò, la prima “vajassa”, la lite-commedia in dialetto tra la Carfagna e la Mussolini che di sicuro avrà dato brividi di piacere ai consumatori di gossip, ma certo non è stata di nessuna utilità per migliorare la qualità del dibattito. Che dire poi del bacio della nipote del Duce a Cosentino, plurindagato per camorra: un altro contributo all’osceno quotidiano mentre Hayez e Klimt, autori di baci sublimi, si rivoltano nella tomba. Le signore forse credevano fosse politica, senza capire, poveracce, di essere finite su “Scherzi a parte”. Ma con questa destra nemmeno la crisi riesce a essere una cosa seria.

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RECORD – Alla terza puntata, quando si prevedeva un calo fisiologico, “Vieni via con me” su Rai3 non solo ha sfondato il record degli ascolti, ma si è confermata un vettore ideale per dare voce all’Italia che il piu’ delle volte non ne ha, eppure è reale. L’Italia esausta della tv spazzatura, del Grande Fratello, dell’informazione “minzoliniana”, delle furfanterie mediatiche messe in onda per sviare l’attenzione dai veri problemi. E’ il successo degli autori e in pari tempo la rivincita del servizio pubblico che ritrova la sua vocazione al pluralismo e la capacità di confezionare buona televisione senza cedere alle mode consumistiche di facile e acritica fruizione. ”Vado via” – dice Saviano, “perché l’Italia ha perso una città: l’Aquila”. “Resto” – replica Fazio – “fino al giorno in cui potro’ fare una passeggiata nel centro storico dell’Aquila”. Una performance di una semplicità straordinaria, che va diritta al cuore e premia il programma in cui si riconosce un paese determinato a non cedere e deciso a fare valere il suo buon diritto di ottenere risposte a domande mai esaudite.

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VENTI DI GUERRA – Vecchio armamentario purtroppo mai fuori corso del conflitto ideologico tra est e ovest, l’incandescente armistizio tra le due Coree ci riporta a sessant’anni fa, quando il mondo fu a un pelo dalla guerra atomica. Il permanere al nord di un sistema liberticida imbevuto di rigidi criteri stalinisti nonché alcune forse non indispensabili repliche muscolari sul fronte occidentale, segnalano che la minaccia di deflagrazioni rovinose seppure non incombente è sempre viva. Sullo scacchiere asiatico i recenti venti di guerra lungo il 38esimo parallelo sono la spia di un complesso e perverso gioco strategico-diplomatico che complica maledettamente gli sforzi tesi a ricalibrare i precari equilibri della regione. Fondamentale per spegnere i focolai di tensione sarà il ruolo della Cina, ormai terza o seconda potenza mondiale, che col suo tacito avallo alle mire aggressive di Pyongyang assicura la successione dinastica del regime, ma confina i nordcoreani in uno spettrale scenario orwelliano.

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EUROPEI – Non è il de profundis dell’euro. Non ancora. Ma le turbolenze che paralizzano la ripresa risvegliano mai sopite velleità nazionaliste . Complice la crisi di Irlanda, Grecia e Portogallo, la moneta unica tartassata e indebolita da politiche poco virtuose e da speculazioni colossali ha ormai un febbrone da cavallo che contagia borse e mercati. Da questo punto di vista, per spiegare il clima di sfiducia che serpeggia nell’UE è sintomatico il fatto che le previsioni piu’ cupe sul futuro dell’euro arrivino dalla Germania, ossia il paese che ne ha tratto i maggiori benefici, ma che ancora alleva in seno il mito del marco quale simbolo del miracolo economico (il Wirtschaftswunder degli anni Cinquanta e Sessanta) e della stabilita’. Riportare indietro le lancette della storia non è pensabile, ma ormai appare sempre piu’ evidente che per non disfare l’Europa bisognerà cominciare a pensare seriamente a fare gli europei.

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