Il 2011 sarà l’anno che gli italiani non dimenticheranno tanto facilmente. La situazione economica nazionale, aggravata da un’imminente crisi politica, rivelerà tutta la sua portata. Il 2010, come del resto il 2008 e 2009, sono stati anni “pesanti” per le tasche degli italiani. Ma non solo, il 2010 si avvia alla conclusione con un’instabilità di governo che non ci consente neppure un barlume d’ottimistiche previsioni. Ma vediamo, in sintesi, i fatti più significativi che dovrebbero caratterizzare il 2011 che abbiamo definito, e a ragione, l’anno decisivo per l’economia italiana. Il 2009 si era presentato in modo abbastanza equilibrato, nonostante la crisi economica mondiale. L’Esecutivo, da poco costituito, offriva, almeno in apparenza, garanzie per uscire dal tunnel nazionale della recessione. Sempre gravi restavano, però, i problemi occupazionali ed il rallentamento dei cicli produttivi. Col 2010, ormai al crepuscolo, la situazione si è ingarbugliata. Sia sotto il profilo politico, che sotto quello economico. Pur non dimenticando che la situazione di fibrillazione è europea e che ci sono dei Paesi che stanno peggio del nostro, resta che in Italia la situazione si è complicata per l’instabilità politica che si è palesata proprio verso la metà del corrente anno. Lasciamo stare gli scandali, in parte gonfiati, che hanno coinvolto parecchi uomini politici di spicco nazionale; ma non possiamo sottacere le manovre di chi intende mantenere il potere e chi vuole levarglielo. Sembrano due posizioni contrapposte; quindi inconciliabili. Ma, tutto considerato, la tesi promotrice sembrerebbe la Democrazia del Paese, la discontinuità e la ricerca di nuovi stimoli per la ripresa economica che tanto ci mancano. La percentuale dei disoccupati resta all’8% sul piano nazionale; ma aumenta il numero dei cassintegrati e dei giovani alla spasmodica ricerca di quella prima occupazione che e sempre più una chimera. L’inflazione è frenata (+1.7% su base annua), ma la crisi di liquidità resta alta e, spesso, insostenibile. Le banche scoppiano di depositi monetari, ma gli investimenti sono frenati da tassi d’interesse solo all’apparenza più convenienti che per il passato. La riforma fiscale, che tanto attendevamo, sarà operativa solo nel 2012; intanto è Pantalone che continua a pagare; anche per tanti “altri”. Come previsto, il PIL 2011 resterà intorno al +1%. Percentuale ancora troppo bassa perché si possa sperare in qualcosa di meglio sul fronte dell’economia. Intanto, dopo il tentativo di riforma dei nostri studi universitari, col nuovo anno si dovrà riprendere in esame il meccanismo delle pensioni di vecchiaia. Solo con due scelte: o aumentare ancora l’età pensionabile, o ridurre gli importi vitalizi liquidati dall’INPS agli aventi diritto. Sempre che, come temiamo, non vadano in porto entrambi i progetti. Le previsioni ISTAT, tutto considerato, non sembrano tanto pessimistiche; ma le tasche degli italiani sono sempre più vuote e non per colpa loro. Ben lontani da considerarci economisti, anche se dilettanti, riteniamo che la ripresa nazionale dipenda anche da un programma economico percorribile e basato su pochi punti miliari: ridurre le spese superflue della macchina dello Stato ed incrementare le attività produttive private; anche le più piccole, anche quelle meramente artigianali. L’Italia dei “colletti bianchi” è finita da tempo, ma ce ne siamo resi conto in ritardo. Per uscire dalla crisi, in tempi non biblici, restano da riscoprire le iniziative semplici, ed a basso impatto ambientale anche quelle che hanno sollevato l’Italia dopo il secondo dopo guerra. Tornare economicamente agli anni’60 è impossibile; ma rivederne la filosofia applicativa si può sempre fare.