diMarco Ciaffone
Diminuiscono del 2,9% i finanziamenti che le imprese europee hanno destinato alla ricerca nell'ultimo anno, con le peggiori prestazioni in quei paesi con una forte produzione di hardware informatici, vedi Finlandia (meno 6%) e Svezia (meno 6,6%), o con un ampio settore automobilistico (Germania -3,2% e Francia -4,5%).
E' quanto emerge dal Quadro di valutazione sugli investimenti 2010 , pubblicazione annuale della Direzione generale per la Ricerca della Commissione, che fornisce dati sugli stanziamenti delle 1400 imprese più importanti del mondo, delle quali 400 con sede nell'Unione Europea. I settori nei quali si investe di più in Europa sono quelli classificabili come ad intensità medio-alta di ricerca e sviluppo, come quello elettronico; il che fa la differenza in negativo rispetto agli Stati Uniti, dove il più netto calo dei finanziamenti (meno 5,1%) viene compensato dal fatto che si investe in settori ad alta intensità, come il farmaceutico, e in ambiti chiave dello sviluppo tecnologico, quali quelli relativi a software e biotecnologie. Dato negativo per il nostro continente anche rispetto alla media mondiale che, trascinata dalle potenze asiatiche, vede gli investimenti calare del solo 1,9%. Tra le note positive, va sottolineato il fatto che il suddetto calo è comunque minore rispetto a quello di vendite e utili registrati sul continente europeo, rispettivamente diminuiti del 10,1% e del 21%. E' inoltre da registrare la crescita generale delle energie alternative e pulite, settore che nel 2009 ha attirato 500 milioni di euro da parte delle 15 principali aziende mondiali, delle quali ben 13 risiedono in Europa. Importante, infine, la controtendenza della Spagna, le cui imprese hanno incrementato i finanziamenti del 15,4% a fronte di un decremento delle vendite del 6,4%.
CRESCITA DALLE REGIONI – Proprio in questi giorni, con la comunicazione “Il contributo della politica regionale alla crescita intelligente nell’ambito della strategia Europa 2020”, la Commissione sottolinea come gli esempi virtuosi possano essere seguiti da tutti i paesi tramite l'impegno degli enti locali; in particolare, le regioni dovranno impegnersi in prima persona per garantire che gli investimenti si concentrino su un numero limitato di priorità nel quadro di “strategie di specializzazione intelligente” tarate sugli specifici punti di forza di ogni territorio, così da limitare gli sprechi e accrescere l'efficacia delle iniziative. Magari sfruttando capacità e competenze che gli amministratori degli enti locali potranno acquisire o potenziare grazie al corso su “Governance locale e Unione Europea”, organizzato per i prossimi mesi dal PORE (Progetto Opportunità delle Regioni in Europa, struttura del Consiglio dei ministri) in collaborazione con il Ministero per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale, il DIPES (Dipartimento di Istituzioni pubbliche Economia e Società), l'Università degli Studi di Roma Tre, l'Anci e l'Upi. L'obiettivo è proprio quello di fornire agli amministratori locali maggiori capacità progettuali nell'utilizzo dei fondi che arrivano dall'Unione Europea.
PNR – L'approvazione del Piano Nazionale di Riforma 2010 arrivata in queste ore da parte del Consiglio dei Ministri nostrano dà invece avvio alla fase che lo porterà tra le Camere parlamentari, sui tavoli delle parti sociali e infine alla presentazione davanti all'Unione Europea; con una crisi di governo sempre più vicina e il paese classificato come “laggard” non resta che sperare che abbia ragione il ministro Andrea Ronchi nel dichiarare che “il PNR disegna l'Italia del domani, ne descrive i bisogni e le aspettative”. Faremo un'analisi del PNR 2010 nelle “colonne di bit” del prossimo numero.