Una nuova sfida: legge costituzionale per lo sport

Autore I Dipartimenti

Da anni conduco una battaglia in difesa dei diritti di chi pratica sport e in particolare delle donne atlete, troppo spesso discriminate. Lo faccio come attuale responsabile nazionale della sezione dipartimentale Politiche e Promozione dello sport dell’Idv, ma anche come ex pallavolista che conosce bene il settore. Ho mandato una mail al presidente dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, sono stata chiamata e dopo soli cinque giorni ho avuto un colloquio con lui. Mi sono sorpresa perché la politica fino ad allora non mi aveva ascoltata. Troppo spesso ci sono state dette soltanto parole che non si sono mai tramutate in fatti concreti e questo è il motivo per il quale l’ultima legge che regolamenta le pratiche sportive risale al 4 marzo del 1981.
Quello che la politica non considera è che lo sport non è soltanto tempo libero, divertimento, ma è anche un grande movimento economico del quale fanno parte milioni di lavoratori. Ci sono 15 milioni di persone che praticano sport, sette milioni di affiliati alle federazioni sportive e il settore rappresenta il 3 per cento del Pil nazionale. È impensabile che questo ramo dell’economia italiana non abbia ancora una legge quadro, che non ci sia una disciplina sportiva riconosciuta a livello internazionale e che non esista un capitolo del Bilancio dello Stato dedicato allo sport. Dobbiamo sempre accontentarci delle briciole, di quello che avanza ad altri ministeri.
L’Italia dei valori propone di inserire nella Costituzione la tutela dello sport, presentando un disegno di legge costituzionale per modificare l’articolo 33 della Carta, promosso dai senatori Bugnano e Giambrone e sottoscritto all’unanimità dal nostro gruppo in Senato. Si vuole inserire un comma che reciti: “La Repubblica promuove ed incoraggia l’attività sportiva in tutte le sue forme e tutela l’integrità fisica e morale degli sportivi”.
Non vogliamo introdurre il professionismo obbligatorio per tutti perché ucciderebbe le società sportive dilettantistiche, ma nello stesso tempo riteniamo indispensabile creare un terzo genere. Questo perché non è accettabile che una giocatrice di pallavolo, basket, hockey sul prato, si ritrovi ancora a percepire un semplice rimborso spese anziché uno stipendio regolare, ad avere un impegno assimilabile a un lavoro parasubordinato senza però che gli sia riconosciuto, a rischiare di essere mandata a casa in caso di gravidanza, a subire il “cartellino” (l’obbligo di passare da una società all’altra soltanto se è d’accordo il presidente del club). Queste sono le nostre battaglie, vogliamo dare una dimensione giuridica al lavoro sportivo. Ce lo richiede non soltanto il buonsenso ma anche il Trattato di Lisbona, diventato vincolante.
Noi dell’Italia dei valori abbiamo presentato anche una “Carta dei diritti dell’atleta e del praticante dello sport” che può rappresentare un valido strumento di riflessione sui principi che regolano queste attività, ma che è anche un immediato supporto per le Leggi Regionali in materia di sport. Ad esempio, nella Carta abbiamo sottolineato il divieto di qualsiasi discriminazione delle donne e dei diversamente abili.
Inizieremo a breve “l’Idv sport tour”, una visita itinerante che toccherà diverse città d’Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza dello sport. Vogliamo far sentire la nostra vicinanza, non solo simbolica, a tutti i piccoli centri sportivi e a quelli dilettantistici e farci portavoce dei loro problemi. In questo sono perfettamente d’accordo con il presidente Di Pietro che si è augurato di far diventare la nostra battaglia una battaglia “trasversale” che possa “coinvolgere più partiti e soprattutto che solleciti l’interesse dell’opinione pubblica”.

Di Luisa Rizzitelli, responsabile nazionale sezione dipartimentale Politiche e promozione dello sport dell’Idv

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