Messico, la guerra e la fine di Tony Tormenta

Antonio Ezequiel Cardenas Guillen, altrimenti detto “Tony Tormenta”, è stato ucciso sabato dai militari della marina messicana in un conflitto a fuoco presso Matamoros, una delle città sotto il controllo dei narcotrafficanti del cartello del Golfo, lungo la “frontiera Chica”, ossia la zona di confine col Texas.
Cardenas deteneva il comando diretto del cartello del Golfo e aveva ereditato l’onere dal fratello Osiel, catturato nel 2003.

Le informazioni in merito alla guerriglia urbana non sono ancora chiarissime e questo già dice quanto sia stata devastante. L’Ansa afferma che la durata dei combattimenti sia quantificabile in otto ore. Altri numeri della stessa fonte dicono che oltre al boss Cardenas, tra i trafficanti, siano caduti 4 individui e lo stesso numero di vittime sembra confermato tra i militari coinvolti nello scontro. Va considerato il fatto che tra marines e esercito le forze dell’ordine abbiano schierato nell’operazione 150 unità con tanto di jeep e elicotteri. Più fonti parlano anche di un morto nelle schiere dei cronisti che narravano la vicenda: Carlos Alberto Guajardo Romero, reporter del quotidiano locale El Expreso – il dodicesimo giornalista ucciso in Messico dall’inizio del 2010. Il dato che allarma è quello relativo alle vittime civili: 47 morti. Dato non ancora confermato dalle autorità.
Sulla testa di Cardenas pendeva una taglia di 5 milioni di dollari, nelle sue mani invece passava il controllo del cartello del Golfo e dunque lo smercio della cocaina nello stato di Tamaulipas,condiviso con Eduardo Costilla Sanchez, anche detto “El Coss”.
Dallo stesso cartello si era staccato, in maniera non pacifica, durante quest’ultimo anno il sanguinario braccio armato detto Los Zetas. Lo stesso del massacro di 72 emigranti clandestini dello scorso agosto. Dalla scissione aveva avuto origine la guerra fratricida con decine di vittime prima nella «frontiera chica», quindi nel resto del Messico, compresa l’area turistica di Cancun.
La politica dello scontro armato scelta dal presidente Calderon, insediatosi nel 2006, annovera nei suoi almanacchi la cifra di 28.000 morti amazzati derivanti dai regolamenti tra le bande dei narcos e gli scontri con le forze dell’ordine.

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