Il CGIE e i COMITES non rappresentano più la realtà  degli Italiani all’estero

di Fabio GHIA

La falsità della burocrazia dello Stato emerge chiaramente nella gestione del complesso settore degli Italiani all’estero. E’ stata convocata presso la Sala delle Conferenze Internazionali del Ministero degli Affari Esteri per il 17 – 19 novembre l’Assemblea Plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE) e nell’agenda lavori è previsto anche l’argomento elezioni dei Comitati Italiani all’estero (COMITES). Parole e sigle che a solo udirle il cittadino comune si intimorisce, se non inorridisce. Ma che cosa nascondono questi organismi che, tra l’altro, fanno parte attiva delle spese a bilancio del nostro MAE? Una realtà sconcertante e poco veritiera!
Il CGIE è composto da 65 Consiglieri eletti dai Comites e da 29 Consiglieri di nomina governativa e si riunisce due volte l’anno (sempre a spese dello Stato). I Comites sono organi di rappresentanza degli italiani all'estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari. Entrambi gli organismi nascono quindi per “rappresentare” alle Istituzioni italiane, rispettivamente MAE e autorità consolari, contributi utili alla definizione del quadro programmatico degli interventi nel Paese in cui opera, finalizzati alle collettività italiane nel mondo. Nella sostanza, sono organi rappresentativi degli Italiani all’estero: quindi nascono per gestire le problematiche di 3.600.000 italiani residenti all’estero, come risulta dai registri comunali Italiani residenti all’estero (AIRE). Sin qui tutto lecito e giustificato, ma andando a controllare gli esiti della Legge Tremaglia sul voto per gli Italiani all’Estero nascono perplessità e stupore. Molto sinteticamente: di quella moltitudine di tre milioni e più iscritti all’AIRE, solo 2.900mila sono iscritti alle liste elettorali della Circoscrizione estero. La partecipazione al voto delle ultime due tornate elettorali si è attestata al 40% (poco più di 1.100mila voti). I risultati hanno prodotto l’elezione in parlamento di 12 Onorevoli Deputati e di 4 Senatori. La prima contraddizione nasce, dunque, dal fatto che se il volere del popolo sovrano si è manifestato (seppur al 40%) per farsi rappresentare da forze politiche in Parlamento, automaticamente i vari Comites e CGIE appaiono organismi doppioni se non addirittura in contrapposizione al volere del popolo. E, ancor di più, se per la massima espressione di democrazia, che si manifesta nel voto elettorale (tra l’altro gestito in forma semplicissima per posta raccomandata a domicilio), la partecipazione degli italiani all’estero si è ridotta ad un misero (e inaccettabile) 40%, per l’elezione dei Comites, i cui rappresentanti danno poi atto al CGIE, che partecipazione ci si può attendere? Le elezioni delle ultime primarie del PD ci possono essere di conforto: la partecipazione è stata al di sotto del 20% di quella immensa folla (340.000 voti) che hanno generato la vittoria del PD alle elezioni 2008! Cioè, si parla a livello mondiale di un totale di poco più del 10% degli emigrati italiani, che sono ancora interessati a farsi rappresentare dai 66 Comites attualmente operativi a spese dello Stato. E non finisce qui! La realtà a cui si è accennato degli iscritti all’AIRE non rappresenta certo le molteplici sfaccettature del mondo della emigrazione italiana. Oggi più che mai assistiamo a flussi di oltre 1.500.000 italiani che, rispondendo alle nuove esigenze di mobilità e internazionalizzazione dei mercati, si decentrano all’estero pur non sentendo il minimo bisogno di iscriversi all’AIRE. Sono “invisibili” agli occhi della nostra società e dei nostri Parlamentari e degli organismi di rappresentanza. Sono giovani in cerca di approfondimenti culturali e/o professionali che agiscono all’insegna dell’indipendenza e dell’autoaffermazione, per i quali la ricerca delle reali motivazioni che li portano lontani dai lidi natii dovrebbe essere peculiarità del Sistema Paese, perché con ogni probabilità la loro individuazione porterebbe anche alla soluzione di molti problemi che assillano la nostra società (Riforma della Giustizia e del quadro di rapporti internazionali per la Ricerca e Sviluppo).
A fronte di tutto questo, è conveniente parlare ancora oggi di COMITES e di CGIE per quanto queste entità possano rappresentare? Spero che quanto riportato in questo articolo possa essere di degna riflessione per la prossima Assemblea Plenaria e, magari, di suggerimento per ricercare nuove figure di rappresentanza per gli sessi Comites, da meglio identificare nel mondo dell’Associazionismo (comunità abruzzesi e siciliane ce lo insegnano!), dei Circoli Italiani, dell’ANFE, la SIA e di tutto ciò che è già in essere e che espleta a pieno titolo e in modo molto più sentito funzioni di rappresentanza della nostra comunità italiana all’estero.

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