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Il Congresso di SEL di Firenze è andato, a mio avviso, meglio di quanto lasciasse presagire il documento congressuale Manifesto per SEL e la differenza sta tutta nella relazione introduttiva di Vendola e nelle sue conclusione e negli interventi dei delegati sia quelli dal palco che quelli espressi con centinaia di sms pubblicati su un grande schermo. Il legame di Vendola con la platea congressuale è politico, ma anche fisico ed emotivo, lo si chiami leadership all'inglese o charisma con parola greca.
Questo permette a Vendola di essere più avanti della media del gruppo dirigente, quello del Manifesto e dei delegati e ciò grazie alla sua insostituibilità, non soltanto perché è l'unico mediaticamente spendibile, ma perché incarna una speranza di riscatto dalle delusioni e sconfitte degli ultimi anni: l'Italia è l'unico paese d'Europa nel quale la sinistra, di tutte le sorti, non è rappresentata in Parlamento.
Vendola, per pudore cercherò di evitare di chiamarlo Nichi, è conscio del pericolo costituito dai fans (uomini o donne, o meglio compagni o compagne, che siano) e come antidoto ha ricordato e si è ricordato “che è un ragazzo di Terlizzi”. Nella loro saggezza gli antichi romani quando celebravano un trionfo mettevano alle spalle di un generale uno schiavo che ripeteva “Ricordati che devi morire! Ricordati che sei un uomo! Guardati attorno! Ricordati che sei solo un uomo!”).
Vendola si è dato un'immagine da statista, cioè di chi sa che deve dare indicazioni al suo popolo e non semplicemente seguirne gli umori e le pulsioni. La sua posizione sul conflitto israelo-palestinese è netta e molto lontana dall'unilateralismo del Manifesto congressuale, quanto pone l'accento con la stessa intensità sul diritto alla sicurezza d'Israele al diritto dei palestinesi a una patria, come ha condannato i fischi a CISL e UIL e quelli, più isolati invero, al Segretario del PSI Nencini. Nel primo caso manifestando una necessità di confronto, mentre nel secondo ha parlato esplicitamente del Socialismo come punto di riferimento anche per il futuro. Per la verità la rottura dell'etica congressuale nei confronti degli ospiti è stata inaugurata proprio dal PSI con i fischi a Berlinguer al congresso di Verona del 1984.
Altrettanto significativi i silenzi non dico Cuba, ma su Chavez, che in altri tempi sarebbe stato invece un classico di un congresso della sinistra radicale. E del resto, al congresso del PSI di Perugia erano presenti gli ambasciatori cubano e venezuelano, mentre a quello di SEL a Firenze si notava un osservatore dell'ambasciata USA.
Altri punti di spessore per un dialogo a sinistra, che superi le divisioni del XX secolo di socialisti e comunisti sono stati sia il giudizio netto di condanna dello stalinismo e della negazione delle libertà individuali sia l'enfasi sul valore della libertà, che include però (i liberali lo dimenticano) anche la libertà dal bisogno.
Ai rapporti con il socialismo europeo un accenno fugace, ma è pur sempre di più che alla GUE. Specialmente nella replica Vendola ha dedicato una parte importante e convincente ai rapporti con il mondo cattolico, da credente, e con la storia della DC, un partito laico, e con un suo leader come Aldo Moro.
Nella narrazione vendoliana non è mai entrato un socialista, neppure l'icona Pertini o Nenni, nemmeno come Ministro degli esteri, e neanche Basso, che pure sarebbe un riferimento obbligato per chi ama e cita Rosa Luxemburg, ma persino Lombardi è rimasto assente, benché Vendola abbia fatto riferimento alla formula lombardiana di una “società diversamente ricca”.
D'altra parte la sua è una storia pugliese, ma troppo giovane per Di Vagno, e di comunista, per cui la lettura di Gramsci è un passaggio obbligato della saggistica politica. Non è una critica perché, per dire, non è che siano molti tra i socialisti quelli che hanno appreso L'Umanesimo di Marx attraverso la lettura di Mondolfo.
I limiti tuttora presenti nel discorso di SEL, evidenziati nella lettera aperta al suo Congresso del Gruppo di Volpedo, appaiono a una prima lettura superabili e, forse, sarebbero già superati se il progetto originario di Sinistra e Libertà fosse uscito dalla semplice alleanza elettorale per le europee. Un PSI forte e fiero delle sue ragioni di rappresentante del Socialismo europeo avrebbe potuto giocare un ruolo nella ricerca difficile, faticosa e contraddittoria, ma necessaria di una nuova sinistra italiana, se avesse voluto partecipare alla partita.
Uno degli sms pubblicati, e non era l'unico, diceva “facciamo insieme un passo avanti: SOCIALISMO ECOLOGIA LIBERTA'”.
Su questo punto Vendola è stato chiaro, sottolineando nella replica il concetto secondo cui la parola “Sinistra” non basta a definire i nuovi compiti e le nuove mete.
Qui Vendola va preso in parola, così come nel punto in cui assegna al SEL il compito di fare da apripista a una sinistra più ampia e plurale, che abbia come obiettivo: governare l'Italia, per salvarla, in un rapporto stretto ma rispettoso della sua autonomia con il movimento sindacale.
Gli interventi di Epifani e Landini sono stati tra i più applauditi come pure il passaggio di Vendola sulla necessità di un sindacato unitario: sarebbe un segno di normalità, da schema classico di rapporti tra partito socialdemocratico e Centrale Unica Sindacale.
Altro fatto importante è che il futuro è una storia da scrivere senza la violenza “levatrice della storia”, altra rottura ideologica con il leninismo.
La sinistra deve fare un ulteriore passo avanti e passare dalla denuncia alla proposta, cioè indicare come uscire dalla crisi con proposte credibili e concrete: le responsabilità della finanza sregolata sono ormai chiare a tutti, ma non basta porre al centro la parola “lavoro”, se non si indica come può essere finanziato un recupero salariale compresso da oltre un decennio da profitti e rendite. Occorre chiarire dove si trovano le risorse per scuola, ricerca e cultura. Oppure bisogna porre la questione del reddito di cittadinanza.
Passare dalla poesia alla prosa non sarà semplice, né facile, ma la voglia di fare manifestatasi in queste giornate fiorentine sembra avviare bene l'impresa.