Donatella Albano, capogruppo del Pd nel consiglio comunale di Bordighera (Imperia), Marco Sferrazza e Ugo Ingenito, due ex assessori dello stesso comune, sono stati posti sotto tutela delle forze dell’ordine per le minacce di cui sono stati oggetto nelle ultime settimane.
I tre amministratori compaiono nell’elenco dei testimoni al processo a carico della famiglia Pellegrino, scaturito dall’indagine che ha portato – nel giugno scorso – all’arresto di Maurizio, Giovanni e Roberto Pellegrino (ques’ultimo poi scarcerato), titolari dell’omonima ditta di scavi e movimento terra di Bordighera, e di altre cinque persone, Francesco Barilaro, Francesco Valenti, Rocco De Marte, e di Teodoro e Domenico Valente, zio e nipote, con l’accusa di minacce, tentata estorsione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Processo di cui a novembre dovebbe essere fissata la data per l’udienza preliminare.
La decisione della tutela ai tre amministratori è stata presa dal Comitato per l’ordine e la sicurezza presieduto dal capo della prefettura Di Menna, lo stesso che nel luglio scorso aveva ricevuto un’informativa dei carabinieri del comando provinciale, in merito a presunti condizionamenti mafiosi sull’attività amministrativa di Bordighera.
Informativa che il 19 di luglio ha indotto il sindaco di Bordighera Giovanni Bosio a decidere l’azzeramento della giunta comunale.
Le indagini delle forze dell’ordine avevano evidenziato possibili pressioni della famiglia Pellegrino verso alcuni esponenti politici, al fine di ottenere l’autorizzazione per l’apertura di alcune sale giochi nel territorio comunale. Negata la concessione la famiglia originaria della provincia di Reggio Calabria avrebbe minacciato i consiglieri comunali di svelare un presunto appoggio elettorale già concesso.
L’inchiesta, giunta adesso a conclusione, va in parte a sovrapporsi a quella della procura distrettuale antimafia di Genova, che in collaborazione con la Direzione nazionale antimafia conduce un’indagine su presunte infiltrazioni anche nel tessuto economico dell’estremo ponente ligure e sugli altrettanto presunti episodi di voto di scambio che avrebbero caratterizzato rapporti tra alcuni politici locali e i componenti di clan.