Non si finisce mai di stupirsi. Ha dell’incredibile la recente risposta del Sottosegretario di Stato Sen. Alfredo Mantica, alla mia interrogazione sui diritti previdenziali dei lavoratori immigrati in Italia e titolari di regolare permesso o carta di soggiorno. Una risposta parziale, maldestra e incompetente. Infatti alla mia specifica domanda su quale sia la politica del Governo in relazione alla tutela socio-previdenziale dei lavoratori stranieri i quali risiedono permanentemente in Italia e sui motivi per i quali non vengono stipulati accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di forte immigrazione in Italia, il Sottosegretario risponde illustrando esclusivamente cosa prevede la legge italiana nei casi di rimpatrio definitivo.
Io avevo spiegato nella mia interrogazione che la regolare presenza in Italia di milioni di lavoratori extracomunitari (dall’ultimo Dossier 2010 della Caritas risulta infatti che i cittadini di origine straniera rappresentano il 10% degli occupati) richiama la responsabilità dello Stato italiano ai fini di una tutela adeguata dei loro diritti previdenziali, con i criteri e le modalità con i quali vengono tutelati gli italiani residenti nel territorio della Repubblica e i lavoratori italiani emigrati. E cioè oltre che tramite la paritaria applicazione della normativa nazionale in materia di sicurezza sociale, anche con la stipula di accordi bilaterali per consentire ai lavoratori stranieri di non perdere la contribuzione già versata nei Paesi di provenienza, di mantenere i diritti eventualmente già acquisiti e, se necessario, di perfezionare un diritto a prestazione tramite il meccanismo della totalizzazione dei contributi versati all’estero e in Italia.
Avevo evidenziato come l’Italia fino ad oggi ha stipulato solo due accordi con i Paesi di immigrazione, quelli con Capoverde e la Tunisia (sono altresì in vigore accordi con i Paese della ex-Jugoslavia) e come quindi fossero scoperti decine e decine di altri Paesi. Avevo stigmatizzato il rischio che senza la stipula degli accordi bilaterali, migliaia di lavoratori immigrati in Italia non avrebbero potuto utilizzare i contributi versati in altri Paesi ai fini della maturazione di un diritto previdenziale.
A fronte di queste mie legittime, sensibili e comprensibili preoccupazioni, il Sottosegretario Mantica invece di illustrare le politiche del Governo, magari anche adducendo motivi economici limitativi della stipula di nuovi accordi, oppure di alimentare qualche speranza per il futuro previdenziale delle persone immigrate in Italia, ci risponde così: “La materia dei diritti previdenziali dei lavoratori provenienti da Paesi extra UE è disciplinata dall’art. 22 comma 13 del T.U. sull’Immigrazione n. 286/98. Esso prevede che, in caso di rimpatrio definitivo, il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale già maturati e può goderne, indipendentemente dalla vigenza di un accordi di reciprocità, solo a partire dal compimento del 65mo anno di età”.
In pratica il Governo si preoccupa esclusivamente dei lavoratori che rimpatriano (la norma a cui si riferisce Mantica è un incentivo a tornarsene a casa) mentre a tutti quelli che rimarranno in Italia – si presume la maggioranza – il Sottosegretario non è in grado di, o non vuole, dare una risposta.
Si tratta ovviamente per questo Governo di lavoratori e pensionati di seconda categoria i quali hanno solo doveri (tutti versano i contributi previdenziali) ma pochi diritti. A meno che non rimpatrino! Faremmo invece bene a non dimenticare che lo Stato italiano nel corso degli ultimi 50 anni ha stipulato decine di accordi multilaterali e bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di emigrazione italiana per tutelare i diritti previdenziali (e affermare anche i doveri) dei nostri lavoratori emigrati, i quali hanno così potuto:
a) maturare un diritto ad un pro-rata (quota parte di pensione) tramite l’applicazione di tali accordi facendo valere anche pochi contributi in Italia che quindi non sono andati persi;
b) esportare senza ostacoli le prestazioni previdenziali;
c) rivendicare la parità di trattamento con i lavoratori autoctoni.
Ma ci sembra che chiedere a questo Governo una maggiore attenzione alle necessità del mondo dei lavoratori migranti (italiani o stranieri sono comunque per me esseri umani portatori di diritti fondamentali) è pura utopia.
On. Gino Bucchino
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