L’Italia è come il Burkina Faso. E’ quanto emerge dalla classifica annuale di Reporters sans frontières sulla libertà di stampa nel mondo, pubblicata il 20 ottobre scorso. Il nostro Paese, secondo l’organizzazione internazionale che tutela i diritti dei giornalisti, è al 49° posto a pari merito con il Burkina Faso e in leggero vantaggio su El Salvador. Può sembrare un incubo, un film che in altri tempi avremmo visto con scetticismo e bollato come ‘fantascienza’, ma purtroppo è la realtà nuda e cruda, la fotografia di ciò che questo Paese è diventato. Rsf non è un’organizzazione di pericolosi sovversivi, come i soliti noti affermeranno, ma una fonte autorevole a livello internazionale e che ha come principio fondante la tutela della libertà dell’informazione.
Nelle motivazioni del rapporto si sottolinea come la continua concentrazione della proprietà dei media, le dimostrazioni di disprezzo e di impazienza da parte di esponenti governativi nei confronti dei cronisti e del loro lavoro abbiano confermato l’incapacità di questi governi, tra cui quello italiano, di invertire questa tendenza. Ed è la prova provata di come il conflitto d’interessi che pende sul nostro Presidente del Consiglio pesi come un macigno sulla nostra democrazia. Tra l’altro, il segretario di Rsf, Jean-François Julliard, ha allertato l’Ue per il conseguente rischio di perdere la sua posizione di leader mondiale nel rispetto dei diritti umani. Insomma un giudizio mortificante per il nostro Paese ma che va di pari passo con le denunce fatte dall’IdV non solo al Parlamento italiano, ma anche a quello europeo.
A Strasburgo, infatti, abbiamo presentato una mozione sull’anomalia del nostro Paese, che purtroppo non è passata solo per un solo voto. Ma non ci siamo arresi. Stiamo lavorando, infatti, a quella che sarà la prima iniziativa di legge popolare in Europa. Ci proponiamo di raccogliere almeno un milione di firme, in un minimo di sei Paesi europei, per arrivare ad una direttiva sul pluralismo dell'informazione in Italia. Il nostro obiettivo è di far approvare una regolamentazione del mercato della pubblicità e una norma antitrust sull'enorme conflitto di interessi che grava sul nostro Paese. La nostra battaglia per la libertà d’informazione procede anche sul binario nazionale. La difesa dell’articolo 21 della Costituzione è nel dna del nostro movimento politico. L’Italia dei Valori, infatti, è l’unico partito italiano che non ha partecipato alla spartizione e alla lottizzazione della Rai.
Siamo fieri di questa scelta perché riteniamo che l’azienda debba essere governata da valorosi professionisti interni, liberi da logiche di appartenenza. In questi ultimi giorni notiamo come anche altre forze politiche si siano rese improvvisamente conto che sulla Rai grava un inquietante peso della politica. Ma la soluzione non è certo la privatizzazione perché, se non si approva una legge sul conflitto d’interessi ed un’altra per modificare i tetti della pubblicità dell’azienda, con questa correremmo il rischio di vedere la Rai acquistata da un novello Berlusconi. La soluzione è un’altra: i partiti la smettano di dettar legge in Rai e vadano via dal Cda, non può un controllato gestire il proprio controllore.
Postato da Antonio Di Pietro