Il documento presentato all'assemblea nazionale PD
di Touadì, Maran, Veltroni, Adamo, Marantelli, Gentiloni, Fioroni, Minniti, Peluffo, Tenaglia, Martella, Vitali, Pizzetti, Petrucci, Concia | pubblicato il 18 ottobre
Comunità più forti, frontiere più sicure, più accoglienza per chi ha bisogno di aiuto umanitario, una politica migratoria selettiva funzionale alla crescita della società.
Comprendiamo le preoccupazioni della gente sull’immigrazione (se minaccerà i loro salari, le loro prospettive di lavoro, la loro sicurezza o metterà sotto pressione i servizi e l’edilizia pubblica) e vogliamo agire di conseguenza.
Siamo impegnati a costruire un sistema per l’immigrazione che garantisca i diritti degli immigrati, consolidi le nostre comunità locali e promuova e protegga i valori espressi dalla nostra Costituzione.
La gente ha bisogno di sapere che l’immigrazione è controllata, che le regole sono ferme e giuste e che c’è sostegno per le comunità alle prese con il cambiamento.
Le nostre frontiere nazionali che costituiscono anche i confini esterni dell’Unione europea, devono essere più forti che mai. I richiedenti asilo, i rifugiati, i profughi autentici dovranno ricevere protezione: chiunque si trovi nelle condizioni stabilite dai trattati, dalle convenzioni e dalle leggi deve essere accolto.
Vogliamo assicurare, attraverso l’introduzione di un sistema di ammissione a punti sperimentato in altri paesi, che avremo gli immigrati di cui la nostra economia ha bisogno, ma non di più. E gradualmente renderemo più severi i criteri, in linea con le esigenze della società italiana, e miglioreremo la nostra azione contro l’immigrazione clandestina.
Con il ritorno della crescita vogliamo vedere crescenti livelli di occupazione e salari crescenti, non crescente immigrazione. Ma respingiamo le politiche ingiuste e inefficaci della destra, che pur sapendo che l’immigrazione è un fenomeno strutturale di questo secolo e che gli immigrati diventano alla lunga un pezzo integrale di società non può e non vuole ammetterlo.
Nel nostro Paese (e in buona parte dell’Europa alle prese con una crisi demografica) l’immigrazione non è un fatto congiunturale, per ovviare a temporanee strozzature del mercato del lavoro o per alimentarne specifici settori. L’immigrazione è un fenomeno strutturale e tende a essere d’insediamento, di popolamento, di cittadinanza. Pezzi di società che provengono da altri paesi si trapiantano nel nostro e sono destinati a diventarne parte integrante.
Ma se l’immigrazione non è una protesi temporanea ma un trapianto permanente, è necessario cambiare filosofia e cambiare politica. All’immigrato non bisogna chiedere «cosa sai fare?» o «che lavoro ti appresti a fare nel nostro Paese?», ma dobbiamo chiedere «chi sei?» e «qual è il tuo programma di vita?». Non deve essere solo l’esistenza di un posto di lavoro che determina l’ammissione dell’immigrato ma anche la qualità del capitale umano, la capacità di far parte della società e di contribuire alla sua crescita e la volontà d’inclusione. Australia,Nuova Zelanda, Canada (da tempo) e Gran Bretagna e Danimarca (più di recente) hanno adottato strategie di questo tipo. Età, sesso, stato civile, istruzione, specializzazione, conoscenza della lingua, della cultura, dell’ordinamento del paese, si combinano in un punteggio, o valutazione, dell’ammissibilità dei candidati all’immigrazione. L’esito normale del processo di inclusione, in queste società, è l’acquisizione della cittadinanza, e questo avviene (effettivamente) per la maggioranza degli immigrati.
Si tratta di una politica migratoria selettiva: l’ammissibilità legata ad una valutazione delle caratteristiche degli immigrati. Ma la selettività è basata su criteri noti e controllabili, al contrario delle politiche attuali, implicitamente selettive, opache e arbitrarie. Allo stesso tempo lo Stato accoglie generosamente chi ha bisogno di aiuto umanitario e sostiene le politiche di aiuto allo sviluppo oggi ridotte al lumicino.
Riconosciamo inoltre che l’immigrazione può mettere pressione sulla disponibilità di abitazioni e sui servizi pubblici in molte delle nostre comunità, perciò dobbiamo costituire un Fondo Impatto Immigrazione pagato dalle contribuzioni degli immigrati per aiutare le aree locali.
Poiché riteniamo che, tranne i casi di relativi al diritto d’asilo, venire e ancor più restare in Italia sia un’opportunità e non un diritto, romperemo il legame tra il soggiorno per determinato periodo e la possibilità di regolarizzazione (e/o cittadinanza). In futuro, rimanere dipenderà su un sistema a punti, non limitandone l’applicazione all’ingresso degli stranieri nel territorio nazionale, ma estendendolo all’acquisto della cittadinanza da parte di questi ultimi (e l’accesso ai sussidi e alla casa sarà sempre più riservato ai cittadini italiani, vecchi e nuovi, e ai residenti permanenti).
Poiché buona parte dell’immigrazione è di lungo periodo o permanente (e considerato che il nostro paese esprime una domanda strutturale di immigrazione e non può soddisfare il fabbisogno con flussi di tipo temporaneo), deve essere messa in grado di acquisire pieni diritti sociali, politici e di cittadinanza. E le riforme devono riguardare lo snellimento delle procedure per ottenere la carta di soggiorno per «lungo residenti»; la concessione del voto amministrativo; l’accesso alla cittadinanza ai nati da residenti stranieri legalmente soggiornanti e ai minori cresciuti e formati in Italia; procedure più agevoli e meno discrezionali per l’acquisizione della cittadinanza.
Continueremo a enfatizzare il valore che noi attribuiamo alla cittadinanza e alla responsabilità così come ai diritti che comporta, non trascurando le forme esteriori e celebrative dell’identità nazionale, introducendo un cerimoniale per l’acquisizione della cittadinanza, favorendo una divulgazione narrativa dei diritti e dei doveri del cittadino, e prevedendo dei test sui valori e le tradizioni italiane.
Il Pd sposa una politica migratoria selettiva, aperta e trasparente, attraverso l’introduzione di un sistema di ammissione a punti, il cui punteggio sia tarato sulla capacità dell’immigrato di diventare una componente integrante e positiva del Paese (in grado di acquisire pieni diritti sociali, politici e di cittadinanza) e contestualmente una aperta e generosa politica dell’accoglienza dei rifugiati e richiedenti asilo. Dall’equilibrio di queste componenti può scaturire una nuova politica migratoria funzionale alla crescita della società.