di Filippo Giannini
E mio dovere dare una spiegazione al titolo. Ho ricevuto una mail da un amico, C.P. che mi incita a dare una risposta ad un Cialtrone. Apro il dizionario De Agostani e leggo nella voce Cialtrone: persona moralmente riprovevole, priva di scrupoli. Il Sig. C.P. ha allegato nella sua mail il testo di una critica storica riguardante il rapporto che ci fu fra gli ebrei e (appunto) lo Scudo Protettore. Credo proprio di non aver chiarito nulla; di conseguenza proverò ad essere più chiaro. Se andiamo a consultare il testo dello storico ebreo Léon Poliakov Il nazismo e lo sterminio degli ebrei, pag. 219,220, leggiamo:
“Roma…Berlino?” Caro lettore, a Roma c’era il Governo. Come
Ecco, vedo che (finalmente) il lettore comincia a capire qualcosa, ma desidera sapere:
Ha scritto delle cosucce un po’ pesatine, anche offensive. Come ad esempio:
Ora, ecco una nuova mezza verità. Il signor Infame scrive:
Ma non è un caso isolato; infatti il signor Infame, poco più avanti scrive:
Il signor Infame continua citando le azioni dei partigiani i quali non portando apertamente le armi, non indossando una divisa riconosciuta dal nemico, non dipendendo da ufficiali responsabili, non riconoscendo le Leggi di Guerra, come invece imponevano le Convenzioni Internazionali di Guerra dell’epoca, erano dei fuorilegge, anche se, con artifizi e raggiri, con leggi retroattive, trasformarono i fuorilegge in eroi.
Vedi, caro lettore, sono cinque pagine con tante cattiverie che per confutarle tutte avrei necessità di scrivere un altro libro. Però l’ultima cattiveria te la voglio proprio trascrivere. Il signor Infame scrive:
Accenti lamentosi di bimbi, grida isteriche di donne, voci rauche di uomini resi folli dalla paura e dal tormento. Inferno dantesco lasciato indovinare dalle pareti dei vagoni, sorde e mute. “Cavalli 8 – Uomini 40”. In tutte le lingue del mondo, su tutti i vagoni merce. E su quelli, centinaia di infelici a braccicare nello sterco e nel buio. L’odore della carne ammassata e sudante faceva torcer la testa e stimolava i conati del vomito.
Ho visto una volta un autocarro di pecore traversare una via della mia città. Erano ingabbiate e in ordine e avevano il loro strame; compiansi quelle bestie. E quelli erano uomini. Di quell’umana specie di cui, da secoli si proclama la dignità e la libertà. Ed altri uomini li avevano rinchiusi lì dentro. Gli uni si chiamavano serbi, gli altri croati, e nessuno più uomo.
Lo sgomento e lo sdegno erano nei nostri cuori. Avevamo vent’anni e andavamo a combattere perché fosse resa giustizia al popolo italiano. Stavamo attoniti dinanzi al vagone. Qualcuno di quei disgraziati ci scorse, lesse nei nostri occhi, riconobbe la nostra uniforme e la pietà che non aveva dai fratelli, la chiese a noi, ai nemici. Una voce lamentosa, disse in un rantolo: “Bono taliano, VODE”.
Gli italiani hanno dipinta sul volto la loro bontà o dabbenaggine. Tutto il mondo, quando non ci opprime o deruba, quando ha bisogno di noi, dice “Bono taliano”.
Quella voce aveva un accento di bestia. Quella parola acqua incendiò il vagone, e subito, lungo tutto il convoglio, fu un solo tremendo coro, una allucinate richiesta: “Vodé, vodè”, “acqua, acqua”. Non bevevano, in luglio da tre giorni.
“Bono taliano, vodé, vodé”.
E questi “boni”, stupidi italiani, che son sempre tali con gli altri e mai con se stessi, questi “boni taliani” che eravamo noi sedici, venimmo alle mani con la scorta, la sopraffacemmo e demmo a quei Cristi sulla Croce, quasi tutti ebrei, non aceto, ma acqua.
Lavorammo come invasati un’ora e più. Li vedemmo bere e bere. Vedemmo i figli strappare l’acqua da sotto la bocca dei padri, vedemmo una mamma che serbava un pò d’acqua nel portasapone per il suo bambino. Demmo acqua e poi acqua, coi secchi e con le boracce. Loro si attaccavano al collo avidi, ed era più la perduta che la bevuta. Continuammo finché fu necessario, portando acqua, bestemmiando la nostra pietà e la crudeltà degli ustasha, finché tutti ebbero bevuto, finché vedemmo i loro occhi, a poco a poco, farsi chiari, tornare umani, le loro facce distendersi. Qualcuno vomitava e vomitava acqua.
Mentre il nostro treno si avvicinava, uno di noi, il romano Donati, che più degli altri aveva lavorato e imprecato, prese, prima di allontanarsi, la sua razione di viveri a secco e la gettò su di un vagone. Tutti facemmo così, e rimanemmo digiuni, mentre sui vagoni si contendevano a morsi e a pugni, le nostre gallette.
Povero Donati, chi ti ammazzò, un anno dopo, se non gli stessi, o i figli o i fratelli degli stessi, cui tu avevi dato la tua galletta?
Ti uccisero… “Porco taliano”.
Dal Diario di Mario Sorrentino
Volontario G.N.R. nella R.S.I.
Claude Ferrare era uno scrittore francese, eletto all’Accademia francese a marzo 1935 e morto nel 1957. Il suo giudizio sul Duce del fascismo è assolutamente positivo, ma anche piuttosto amaro su quello degli italiani: Alcuni italiani si sono vendicati di un Capo troppo grande per loro, le cui stesse benemerenze apparivano troppo gravose. E tutti i governanti d’Europa, anche se non osarono approvare apertamente, gioirono in segreto. Dinanzi a quell’Uomo erano afflitti da un complesso di inferiorità insopportabile, come era accaduto tempo prima con Napoleone. Duemila anni orsono per le stesse ragioni, venne ucciso Giulio Cesare>. Concordo pienamente con il giudizio dell’intellettuale francese. Mussolini aveva proposto un nuovo sistema di vita e non tutti furono in grado di recepire il suo messaggio. E difficile essere Fascista, non tutti hanno la capacità di esserlo. Troppi signori Infami pullulano su questa terra… Caro lettore, capisco la tua curiosità, ma come ho detto poco sopra non posso andare oltre anche se avrei tanto, ma ancora tanto da dire. Se vuoi approfondire la storia su quel particolare argomento, perché non leggi il mio volume “Gli Ebrei nel Ventennio Fascista”? L’invito va esteso anche – e soprattutto – al signor Infame. E mi spiego. Il libro è composto di 348 pagine di cui un buon terzo sono documenti. In questo modo chiunque può contestare su basi documentarie. So bene che faccio della facile pubblicità al mio lavoro; ma anche se così fosse…? Termino con una domanda al mio lettore: se quanto ho scritto è verità (ho la documentazione di ciò che ho attestato) per la buona memoria futura a cui il Duce tanto teneva, ha fatto bene a interferire come Scudo Protettore, oppure avrebbe dovuto disinteressarsi e lasciare che il destino prendesse il suo corso senza interferire? A te la risposta.