di Francesca Buffo
Circa un migliaio sono stati i manifestanti giunti ad Adro, nel bresciano, per protestare contro la scuola tappezzata di simboli leghisti. Una sola la famiglia che ha deciso di ritirare dalla suddetta scuola i propri figli e di far apparire la notizia sulle pagine de ‘il Corriere della Sera’. Un gesto di protesta forte, che deve aver richiesto non poco coraggio per chi abita in un paese di appena settemila anime. Tanta audacia, tuttavia, non sembra esser stata né premiata, né spalleggiata dall’opinione pubblica italiana, che di certo non è scesa più di tanto in piazza. Ciò che Michele Serra, dalle pagine de ‘il Venerdì’ di ‘Repubblica’ definisce “un episodio di inaudita violenza politica e di gravità storica” – giudizio da noi ampiamente condiviso – non ha trovato una così ampia eco, neanche fra i colleghi giornalisti (e questa è una conferma che in quanto a ‘bavagli’ ci sarebbe molto da discutere…). Più sconcertante ancora è constatare che, dopo i ‘richiami’ ufficiali del ministro dell’Istruzione Pubblica, Maria Stella Gelmini, e la notizia di un intervento diretto di Giorgio Napolitano, lo stesso capo dello Stato (la più autorevole carica istituzionale italiana) ci tenga a precisare quanto segue: “Su Adro, io non ho fatto nessun intervento. Ho solo preso atto che c’è stato un intervento con cui è stata sollecitata la rimozione di quei simboli”. Intanto, il sindaco di Adro, Oscar Lancini, continua arbitrariamente a utilizzare a scopi politici un bene pubblico. I settecento simboli leghisti sono ancora lì a dispetto persino del parere contrario del suo Partito, che in realtà sull’argomento si espone poco e, ridendoci su, sembra definire la ‘questione Lancini’ semplicemente un fenomeno di folclore. Per chi invece voglia di ridere non ne ha affatto, basti sapere che per costruire questa scuola ne sono state vendute altre due di proprietà del Comune: il vecchio polo scolastico del paese e quello in frazione di Torbiato (inoltre, sull’immobile grava un mutuo di 1 milione e 360 mila euro); per acquistare gli arredi (su molti dei quali è impressa l’immagine del ‘sole delle Alpi’) sono stati sborsati 230 mila euro, ai quali si aggiungono i 7 mila e 500 euro per i dieci zerbini per gli ingressi dell’edificio, i 6 mila e 500 euro per i cestini dell’immondizia (naturalmente tutto ‘griffato’ con il simbolo della Lega Nord). Se poi, oltre al danno, vogliamo aggiungere la ‘beffa’, i contribuenti italiani sappiano sin d’ora che, quand’anche i simboli ‘padani’ verranno rimossi, tutto ciò avrà il suo bel costo. Solo per il tetto, su cui campeggiano due giganteschi ‘soli delle Alpi’ del diametro di otto metri ciascuno, la spesa prevista è di circa 10 mila euro. Non male per chi si è imposto urlando: “Abbasso Roma ladrona”.(Laici.it)