E rivoluzione culturale “futurista” sarà …

di Umberto Silvestri*

Ma siamo pronti? E’ una domanda che mi frulla nella testa oramai da un po’ di tempo, da quando è iniziato lo scontro Fini Berlusconi e si è intravista la possibilità di costruire un nuovo soggetto politico, rafforzata in queste ultime settimane con discussioni più approfondite sulla forma da dare all’eventuale nostro nuovo partito. Partito che tutti noi abbiamo auspicato e fortemente sperato si arrivasse finalmente a concepire , per liberarci dalla dipendenza politica, psicologica ma anche pratica del Premier di Arcore. Ora ci siamo, si è deciso, il dado è tratto e non si torna indietro. C’è un progetto politico, una struttura organizzativa abbozzata dai Circoli di Generazione Italia, il simbolo, il nome; ci sono gli uomini e le donne, un leader e un congruo gruppo di parlamentari e di amministratori che potranno, sapranno di certo trasferire le loro professionalità ed esperienze per farlo crescere sano e forte. C’è un popolo, forse non maggioritario, forse non ancora consapevole del ruolo che si è ritagliato e della funzione storica che andrà ad assolvere ma entusiasta, galvanizzato, deciso a rompere con il populismo e con le politiche che negli ultimi anni, complice anche la congiuntura internazionale, hanno portato il paese ad un punto pericoloso di crisi, di non ritorno, alla stasi.

Insomma, ci sono tutti gli elementi, gli ingredienti utili per fare un ottimo impasto, una piccola rivoluzione che sappia di buono e dia frutti e risultati per il futuro. Ma siamo pronti? Forse si e forse no o forse solo a metà. Siamo di certo pronti organizzativamente, venendo tutti o la maggioranza di noi da esperienze politiche di partiti tradizionali dove è sempre stata forte la partecipazione e l’organizzazione. Anche politicamente, sotto la guida di Gianfranco Fini e dei giovani parlamentari come Italo Bocchino, Granata, Buonfiglio, Barbaro etc. non possiamo lamentarci, saremo di certo all’altezza, cresceremo, miglioreremo. Forse l’aspetto a mio avviso più deficitario è, sarà quello culturale, del retroterra, dell’appartenenza, della provenienza attualmente troppo circoscritta e definita per essere punto di riferimento maggioritario per tutti gli italiani. E su quello che bisognerà lavorare ed impegnarsi per includere uomini, donne e idee nuove. Silvio Berlusconi, nel bilancio delle cose più o meno buone che ha realizzato in questi lunghi quindici anni di “governo” ha avuto certamente il merito di rimescolare le carte, di scompaginare le appartenenze storiche ai partiti tradizionali e di suonare la campana del “liberi tutti”, bloccata da anni sulle ideologie di fine ottocento.

Ha fondato un partito che ha saputo attrarre (la parte peggiore/migliore?) le diversità, dai comunisti passando per i socialisti fino ai democristiani e alla destra estrema, più che con un progetto (da buon venditore), con un elenco di sogni. Grande operazione centrata su uno schema preciso e su un equivoco: andare ad occupare e dare spazio a tutte le opzioni ideali e ideologiche possibili e contemporaneamente individuare, rivitalizzandolo e utilizzandolo tatticamente volta per volta, un nemico comune, tanto meglio se inesistente o comunque oramai scomparso e inoffensivo dopo la caduta del “muro” di Berlino, come il comunismo. Quello dei gulag, delle polizie segrete, della povertà sul quale imbastire il racconto, la narrazione del suo progetto politico che va ormai avanti da sedici anni. Ha confuso scientemente liberismo e liberalismo, ha fatto leva sulla necessità di riformismo attraverso il radicalismo e ha condito il tutto con romanticismo, buonismo, illusionismo, buontempismo (nel senso di buontempone) e voilà, con la spinta di un formidabile apparato mediatico, un po’ di televisioni e qualche quotidiano, è nato il berlusconismo. Che, come tutte le forme “ideologiche” di governo ha un inizio e una fine e quanto più si nutre di inganni, sogni e promesse, tanto più l’inevitabile dipartita sarà dolorosa e traumatica.

Ma tornando a noi e comunque facendo tesoro di questa esperienza collaborativa con Forza Italia e successivamente dentro il Pdl, alcune cose le abbiamo imparate : mai sposarsi con un partner troppo basso, anche se si è convissuto; ti porta alla sua altezza, ti tira giù, ti intrappola nel fondo dal quale è poi difficile riemergere. Ti fa vivere il mondo da una prospettiva limitata a pochi interessi, personali e di gruppo, di lobby, di famiglia.
Ma noi ne stiamo venendo fuori con i nostri distinguo, la nostra storia, le nostre azioni e una lealtà al Paese e alla Costituzione che non è mai venuta meno. Lo strappo di Gianfranco Fini ha dato il “la” alla riscossa, alla rinascita, alla riappropriazione di una dignità che qualche volta ha vacillato.

Oggi abbiamo la grande occasione di costruire una destra nuova o meglio, addirittura di riscrivere almeno in Italia la parola “destra”, destrutturandola da quelle che sono state nel passato le accezioni negative e dargli una connotazione moderna, europea e solidale.

Una destra che sappia guardare con interesse e curiosità al mondo giovanile, a quello dell’immigrazione, del terzo settore solidaristico, del lavoro soprattutto dipendente e dell’imprenditoria familiare “autarchica” ma moderna delle piccole e medie imprese oramai allo stremo.
Una destra che parta dalla legalità, dal rispetto di tutti i poteri statali, dai valori fondanti il nostro Stato e scritti nella Costituzione. Una nuova destra capace dialogare con i propri avversarsi e trovare momenti di confronto e contatto utili per il bene comune di tutto il paese. Non arroccata, non arrabbiata, non collusa con la criminalità, l’affarismo, la corruzione.
Una destra come quella che l’attuale Presidente della Camera ha praticato e ci ha insegnato a costruire e a radicare da Fiuggi in poi.
Ben vengano i distinguo al nostro interno, saranno oggetto di discussione e di crescita; ben vengano le rivendicazioni delle origini e dell’appartenenza che sono il nostro bagaglio culturale e di esperienze, ma deve essere ben chiaro e fermo nella nostra mente e nella nostra azione, che logiche e prassi politiche e ideologiche riconducibili ai termini di fascismo e comunismo ma anche ai doroteismi democristiani o socialdemocratici dei sessanta anni appena trascorsi, appartengono oramai soltanto alla nostra maledetta/benedetta storia . All’ottocento, al novecento, ai libri, alle analisi degli studiosi che andranno ancora approfondite e studiate certo, ma che non possono, non potranno più essere elementi di governo o di guida delle nostre azioni e del nostro modo di fare politica e anche “di essere”:militanti, rappresentanti, cittadini.

Noi, come direbbe Beppe Grillo, siamo “oltre”. Siamo la destra liberale e democratica che vuole andare oltre. Dobbiamo predisporci a saltare i tanti ostacoli, soprattutto culturali che hanno tenuto bloccato il dibattito politico e la crescita civile in questi lunghi anni. Il nostro obiettivo è aggregare, i giovani, gli anziani le donne e di utilizzare gli strumenti che la modernità , il progresso e la globalizzazione ci mettono, ci metteranno a disposizione.

E tutto ciò lo potremo fare soltanto se avremo una visione di società aperta, moderna, curiosa, non rancorosa e culturalmente “rivoluzionaria/ata”.

E proprio la “rivoluzione culturale” sarà, dovrà essere il faro che ci guiderà, permettendoci di incidere nel governo delle cose a favore degli italiani, di resettare questo paese e questa politica impazzita, di fare proseliti, di contare nei numeri e, all’elezioni di essere alternativi alla sinistra ma, contemporaneamente, fermi oppositori di una destra che in più di un’occasione ha dimostrato una rozza arretratezza culturale, scarso credo patriottico e
troppe volte oltraggiato e screditato quei valori e punti fermi indiscutibili per noi Italiani, che sono la Patria, la Costituzione e la Bandiera.
Solo allora e se saremo veramente tutto questo, potremo dirci definitivamente pronti a formare un partito capace di candidarsi/ci alla guida del Paese.

……”noi vogliamo cantare l’amore per il pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerarietà./ Il coraggio, l’audacia e la ribellione saranno elementi essenziali della nostra poesia…..” dal Manifesto Futurista di Filippo Tommaso Marinetti

* Generazione Italia Sport e Tempo Libero

Tag: Futuro e Libertà, Generazione Italia, giovani, Italia, Politica

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