A seguito della nomina a ministro dello Sviluppo Economico di Paolo Romani, la domanda sorge spontanea: dopo 153 giorni di attesa, le aspettative del Paese in balia della crisi sono state soddisfatte? Direi di no. Partiamo dal basso, citando ciò che scrive Michele Polo su lavoce.info. Quali caratteristiche dovrebbe avere un buon ministro dello Sviluppo Economico in questa fase difficile dell’economia? Dovrebbe essere persona convinta e decisa sostenitrice della concorrenza, motore insostituibile per la competitività delle nostre imprese; dovrebbe farsi portavoce delle liberalizzazioni, da troppo tempo in sonno profondo; dovrebbe farsi portavoce di interventi multilaterali, che evitino il “caso per caso” e la discrezionalità e che invece agevolino funzioni cruciali per lo sviluppo delle imprese: il sostegno agli sforzi di esportazione in nuovi mercati, di innovazione di prodotto e di processo, di consolidamento delle quote di mercato già conquistate. Dovrebbe essere figura capace di seguire una molteplicità di settori oggi impegnati in queste sfide, capace di dialogo con le imprese, le forze sociali e le autorità indipendenti, attento alla dimensione europea delle politiche industriali e della concorrenza. E non dovrebbe invece essere persona di limitate prospettive, irrimediabilmente attratta dal settore televisivo, incapace di resistere alla tentazione di entrare in campo e favorire una squadra, maldestra paladina di interessi di parte nelle discussioni a Bruxelles. Insomma, non uno come Paolo Romani.
Al conflitto di interesse che già permea il premier, si aggiunge quello del suo ministro. Già viceministro, Romani è parte integrante del “sistema” Mediaset. Ha contribuito a scrivere la scandalosa legge Gasparri sulle tv. A Bruxelles ha fatto pressione affinché l’emittente Sky, diretta e forse unica vera concorrente all’egemonia delle televisioni del Cavaliere, non ottenesse la deroga sull’asta per il digitale terrestre.
Alla stessa Mediaset, ha regalato il canale 58, in maniera che l’emittente potesse sperimentare l’alta definizione prima della gara.
In quest’ottica, il gelo del Colle è comprensibile. Questa nomina offende, e non difende, l’interesse pubblico, ed è uno sberleffo a tutti quegli imprenditori che si aspettano proposte concrete, in grado di arginare un’ondata di fallimenti delle imprese che nel secondo trimestre del 2010 ha fatto registrare + 22%.
Ministro Romani, attendiamo in quanto cittadini, risposte certe e concrete. Ammesso che il tempo rimasto al tracotante Governo le consenta di sistemare gli ultimi affari del suo presidente.