Firma l'appello alla Procura e al Capo dello Stato
di Paolo Flores d'Arcais
Che il ducetto bestemmiatore sia disposto a tutto per riconquistarsi l’omertà della Chiesa gerarchica può apparire scontato. Che il suo ministro degli interni – di un partito che celebrava i riti pagani celtici! – fosse pronto, con analogo bacio della pantofola clericale, a calpestare i diritti costituzionali più elementari dei cittadini di Palermo, sarà solo l’ennesimo “stupro della Costituzione” che giustamente Di Pietro ha addebitato a questo regime ogni giorno più infame.
Ma che di fronte a tanta enormità i giornali che si definiscono “indipendenti” non facciano titoli di scatola, che i loro editorialisti sempre pronti a sbandierare i “valori liberali” facciano spallucce, che le opposizioni Pd e altri Casini neppure si accorgano dello scempio compiuto, che il Capo dello Stato, che rappresenta l’unità della nazione sotto il vincolo della Costituzione, faccia lo gnorri, tutto questo lascia esterrefatti e agghiacciati.
Ieri, infatti, a Palermo sono state sospese le libertà costituzionali, e tranne il sito ilfattoquotidiano.it non ha ancora protestato nessuno. Eppure è un vero e proprio “stupro della Costituzione” che venga rimosso uno striscione con cui dei cittadini volevano “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altri mezzo di diffusione” (articolo 21 della Costituzione italiana, teoricamente non ancora abrogato). Quello striscione sarebbe stato un diritto anche qualora vi fosse stato scritto “Abbasso Ratzinger!” in tutte le sue articolazioni e varianti, sia chiaro. Invece riportava semplicemente una frase del vangelo di Matteo, 21,13: “La mia casa è casa di preghiera ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri”, parole che per Ratzinger dovrebbero essere le parole stesse di Dio, ma che solerti funzionari del governo del bestemmiatore e del celtico hanno fatto rimuovere, facendo intervenire addirittura i vigili del fuoco.
E non basta: nella libreria “Altroquando”, una delle librerie storiche di Palermo, di quelle poche librerie (vale per tutta l’Italia) che sono ancora centri di vita culturale anziché meri supermarket del libro, era affisso un ironico cartello che diceva “I love Milingo” [vedi video sotto]. La polizia lo ha tolto, senza alcun mandato di alcun magistrato, violando non solo l’articolo 21 ma anche l’articolo 14, della Costituzione, che recita: “Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale”.
Di fronte a tutto questo non è accettabile il silenzio, i furbi “distinguo”, le tiepide “prese di distanza”. E se gli intellettuali corrivi tacciono, lanciamo dai siti web una raccolta di firme.
Non solo. Chi ha ordinato di togliere striscioni e cartelli ha commesso un reato. E in Italia l’azione penale è obbligatoria. Ci domandiamo cosa aspetti la procura di Palermo ad aprire una inchiesta per individuare i responsabili di tali prevaricazioni, i mandanti – in tutta la loro catena gerarchica, perché i poliziotti obbediscono ai prefetti e i prefetti al ministro dell’interno e al primo ministro bestemmiatore – di questa inammissibile violazioni delle nostre libertà più elementari.
Il comunicato della libreria Altroquando
Stamani, Domenica 3 Ottobre 2010, alle ore 11,30, numerosi agenti della polizia di stato in divisa e agenti della Digos hanno intimato la rimozione di uno striscione posto all'interno della vetrina della libreria AltroQuando in via Vittorio Emanuele 143 a Palermo. Lo striscione recitava la frase: I LOVE MILINGO. Gli agenti lo hanno sequestrato assieme alle locandine della mostra “La Papamobile del futuro” da tre giorni allestita presso la stessa libreria. La motivazione addotta al provvedimento è stata quella di ritenere offensiva una simile frase proprio nel momento in cui il corteo del pontefice sarebbe passato da corso Vittorio Emanuele.
Riteniamo che questo provvedimento mini fortemente i diritti costituzionali sulla libertà di manifestazione del proprio pensiero, sia attraverso la critica che la satira. Riteniamo che il messaggio in questione non offendeva nessuno, né tantomeno istigava a comportamenti violenti.
Al contrario era un segno di quella politica dell'Amore che tanto ha fatto strada ultimamente in Italia. Perché un messaggio d'amore e riconciliazione dovrebbe essere offensivo? Perché Papa Benedetto XVI dovrebbe ignorare la regola del perdono su cui si fonda la dottrina cristiana? Veramente Milingo non merita di essere amato? Palermo si merita davvero questo miracolo alla rovescia?
E i parlanti diventarono muti… Così. Per miracolo.
Palermo, 3 Ottobre 2010