Parlare di "politica"? Bravo chi ci riesce

E' diventato impossibile parlare di “politica” perché ormai la divaricazione fra il mondo Vip e quello nostro è tale, che pare di ragionare con gente di pianeti diversi.
I nostri problemi (di noi di questo pianeta) sono i seguenti:

1) E' morto il sistema industriale con cui l'Italia era uscita dal Terzo Mondo. Morto ammazzato, con l'eliminazione di Keynes, la fine (teorizzata) del sindacato, la riduzione (proclamata) del rapporto di lavoro a mero fatto occupazionale, “militare”. Tutto ciò, naturalmente, ricaccerebbe in dieci anni l'Italia fuori dell'Occidente (l'Argentina “prima” era un paese prospero e avanzato) ma ai grandi manager non gliene frega niente perché loro – individualmente e come ceto – non sono italiani, sono multinazionali. La Fiat, che comanda in Italia, non è italiana affatto.

2) Il potere politico (anzitutto la finanza, e poi anche la “politica” e le regioni) in metà del Paese è tout-court mafioso e nell'altra metà assedia le poche roccaforti ancora indipendenti.

A questi due problemi, ciascuno dei quali basterebbe a a distruggerci come Nazione, si aggiunge quello della Lega, cioè di un potere dichiaratamente eversivo che siede alla pari con gli altri poteri.
Le interviste di Bossi qui non ci fanno ridere affatto; ci fanno pensare invece a titoli del tipo “Il Presidente della Repubblica (o il sindaco di Peretola, o l'ambasciatore del Belgio, o chi volete voi) si è incontrato ieri col capo delle Brigate Rosse Renato Curcio” ecc.

I danni della Lega risultano per fortuna limitati dalla sua povertà culturale. Riesce semplicemente ad assorbire e “politicizzare” inciviltà preesistenti. In più, tradisce il nord – senza neanche accorgersene – aprendo le porte alla mafia, che per lei è semplicemente uno dei tanti poteri con cui far “politica” furbesca all'italiana.
(Senza accorgersene, certamente. Ma si è accorta benissimo, e l'ha portato a fine cinicamente, del primo tradimento, quello fondativo, con cui ha permesso la deindustrializzazione del nord svendendo cent'anni e passa di civiltà – operaia e industriale – questa sì “padana”).

Di questi due problemi (due e mezzo) nella “politica” italiana non si ritrova traccia, se non formale. La Fiat non ha avuto oppositori. L'Espresso dedica una copertina molto benevola a Marchionne (e questi sono i liberal, figuriamoci gli altri). Il resto degl'industriali s'è già accodato.
Quanto alla mafia…beh, lasciamo andare.

Soltanto nelle assemblee dei ragazzi, oramai, si trova la politica reale. Nel paesino sperduto, alla prima assemblea antimafiosa, vengono rudimentalmente dibattuti i problemi reali del Paese. A Roma no. Nei convegni, nelle redazioni, nei precongressi, nei partiti si parla sempre e disperatamente – weimarianamente – d'altro. E uno dovrebbe mettersi seriamente a commentare il nuovo partito, o non-partito, di Veltroni, o la precisazione di Chiamparino, o l'ultima intervista di Renzi,?

La Catena di San Libero 338

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