CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI ROMA

Il Presidente

Roma, 5 agosto 2010

Carissime Colleghe,

Carissimi Colleghi,

alla fine del febbraio scorso si è insediato il nuovo Consiglio.

Forse è prematuro fare bilanci, ma sono trascorsi cinque mesi e ritengo -unitamente agli altri Consiglieri- doveroso rivolgersi ai Colleghi per una opportuna relazione informativa.

Come forse molti di Voi rammenteranno (crediamo ancora con un certo disappunto) l'inizio di questa Consiliatura è stato travagliato. Una sparuta minoranza, -che tra l'altro non aveva palesemente ottenuto il consenso sperato da parte dei Colleghi- non accettando l'esito della consultazione elettorale, ha tentato di ribaltare il risultato con ricorsi post/voto: non abbiamo mai voluto commentare la vicenda allora e non lo faremo adesso.

Ci limitiamo solo ad evidenziare che il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha respinto ogni ricorso “cautelare”, confermando in pieno quello che la volontà degli Elettori/Avvocati aveva espresso.

Non ci piacciono le sterili polemiche e, dunque, per noi finisce qui. Molti Colleghi ci hanno “affettuosamente” rimproverato che avremmo potuto/dovuto enfatizzare il risultato negativo di quegli arditi esperimenti giudiziari, ma non lo abbiamo fatto, nella consapevolezza che la migliore risposta ai “destabilizzatori” l'abbiano data i giudici. Abbiamo la “presunzione” di farci guidare dalle parole del Sansovino (autore nel 1559 di un Trattato sulle “belle maniere”) il quale, argutamente, consigliava: “ne' parlamenti non oltrepassate nelle maldicenze più oltre di quello che si ricerchi nella causa. Temperatevi di fare l'ingiuria alle persone, e abbiate per fermo, che l'avversario si vince con la ragione, non con le maldicenze!”.

Discorso quindi chiuso, per noi, che guardiamo avanti.

Una cosa, però, va ricordata: mentre “qualcuno” costringeva il Consiglio a vanificare il proprio tempo per replicare ai velleitari ricorsi elettorali, l'Istituzione doveva ripartire per il nuovo biennio.

E davanti c'era, già a febbraio, “una montagna” di carte da smaltire, la revisione dell'Albo da effettuare, pareri per congruità di onorari da rendere, pratiche disciplinari da istruire, procedimenti disciplinari da fissare, dopo mesi di assoluto immobilismo anche a causa, appunto, delle elezioni.

Insomma, “davanti” c'era solo da lavorare duramente e con il massimo impegno. Ma, soprattutto, c'era da recuperare la credibilità perduta, internamente ed esternamente. L'Avvocatura Romana da anni prende “sonori ceffoni” e il suo Organismo di rappresentanza istituzionale non ha dato dimostrazione di saper reagire.

I rapporti con altre Istituzioni erano, se non logorati, addirittura inesistenti.

L'Ordine forense più numeroso d'Europa (e certamente più prestigioso) era rimasto alla finestra, su quasi tutti i problemi che assillano la nostra Categoria, per tanto -troppo- tempo.

A quel punto, il Consiglio ha cominciato a lavorare alacremente e con grande spirito di sacrificio. E soprattutto in “rigoroso silenzio”.

In cinque mesi di lavoro incessante, l'arretrato è stato azzerato.

In materia disciplinare -tanto per citare un esempio- sono stati fissati e discussi praticamente tutti i procedimenti che affollavano gli “archivi” in attesa di essere trattati.

Un fatto che non avveniva da anni.

Ciò è stato possibile mediante la convocazione ripetuta di adunanze straordinarie nel giorno di martedì, che ha costretto i Consiglieri ad un turno supplementare di lavoro, ma che poi ha consentito di raggiungere l'ottimo risultato.

In cinque mesi, poi, abbiamo formalmente ricevuto in Aula, davanti all'intero Consiglio, il Presidente della Suprema Corte di Cassazione, il Presidente della Corte di Appello di Roma, il Presidente del Tribunale Ordinario di Roma, il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, il Coordinatore uscente dell'Unione degli Ordini Forensi del Distretto del Lazio, il Consigliere Nazionale Forense del Lazio, con ciò dimostrando di voler invertire quella tendenza all'isolamento e alla latitanza istituzionale che aveva caratterizzato le pregresse gestioni.

Tutti ci hanno sempre detto che l'Ordine degli Avvocati di Roma è il più numeroso d'Europa.

Ma la nostra Categoria è l'unica dove “il numero non è forza”.

Allora dobbiamo “voltare pagina”.

Abbiamo un progetto/obiettivo di unire, aggregare la realtà degli Avvocati romani portando il Consiglio dell'Ordine ad essere un punto di riferimento anche politico -per porre fine alla deliberata esclusione dell'Avvocatura che oscura tutte le iniziative che gli Avvocati avanzano- per cercare soluzioni ai drammatici problemi della “Giustizia”.

L'Ordine di Roma -oltre ad assolvere i necessari compiti istituzionali- mira a sviluppare le sue potenzialità sinora non espresse, per divenire così un Organo che potrebbe effettivamente incidere, in concreto, per risolvere con le Istituzioni la drammatica quotidianità che gli Avvocati sono costretti ad affrontare negli Uffici Giudiziari. A Roma ci sono moltissime emergenze: l'Ordine di Roma dovrà far sentire la propria voce direttamente con il Ministro della Giustizia per arrivare ad un piano di razionalizzazione e di riorganizzazione degli Uffici Giudiziari da troppo tempo atteso. C'è necessità di ottenere dal Ministero competente degli interventi efficaci, come “sbrogliare” la cronica situazione dell'utilizzo delle caserme del quartiere Prati, la risoluzione dell'atavica carenza di organico del personale di Cancelleria, l'innesto di Giudici togati presso le sedi dove mancano o, ad esempio, l'emergenza “esplosiva” del Giudice di Pace di Via Teulada e di Via Gregorio VII, dove tanti Colleghi sono costretti a soffrire innumerevoli disagi quotidiani che mortificano tutta la Categoria. A livello nazionale, poi, l'Ordine di Roma dovrà essere in prima fila per ottenere al più presto una nuova Legge/Riforma, da decenni attesa, che tuteli la qualità del servizio e la dignità della Professione, nonchè l'accesso alla stessa.

Dobbiamo, poi, tenere alta la guardia rispetto ai tentativi di qualche “politico (mimetizzato da tecnico)” di perseguire interessi che ledono sacrosanti diritti dell'Avvocatura: abbiamo, così, assunto delibere molto forti, con le quali ci siamo opposti all'introduzione della figura dell'ausiliario del giudice, oppure al conferimento ai notai di competenze proprie degli avvocati, abbiamo chiesto al Ministro, appunto, dove son finite le promesse di approvazione di una nuova legge professionale nei primi due anni della legislatura, abbiamo risposto pubblicamente a chi ci ha attaccato e offeso ingiustamente (come il Prof. Catricalà o il Prof. Ichino).

Le affermazioni del Presidente dell'Antitrust hanno suscitato una legittima reazione indignata di tutta l'Avvocatura. Non è tollerabile che l'Avvocatura venga “bollata” come una “casta”. L'accesso alla professione è avvenuto, sino ad oggi, senza penalizzare alcuno, tant'è, che negli ultimi 10 anni il numero degli Iscritti in Italia ha superato i 220 mila! L'abolizione delle tariffe minime ha generato un dumping della manodopera intellettuale con benefici solo per le banche, assicurazioni e grandi imprese, svilendo tutta la Categoria perchè la scelta del legale non funziona con i saldi di fine stagione, come un negozio a prezzi stracciati. Bisogna garantire al cliente/consumatore la sicurezza che il professionista abbia le qualità tecniche e morali, ed anche deontologiche, per eseguire un delicato lavoro intellettuale che viene poi deciso da un soggetto terzo che è il Magistrato, e non certo da un meccanismo di mercato. Sostenere che gli avvocati sono una “casta” è abnorme: non hanno neppure un sindacato che li possa tutelare, e la dimostrazione lampante è che aspettano una legge professionale da più di 70 anni!

Abbiamo espresso perplessità e proteste sul noto D.L. n. 28 del 4 marzo 2010 sulla Mediaconciliazione: tale Decreto, come spesso accade, non ha assolutamente recepito le legittime indicazioni degli Ordini Forensi e delle Associazioni di Categoria. Infatti -al di là dell'impossibilità degli Ordini, per mancanza di risorse e di strutture, di poter istruire gli organismi previsti, ivi compresa la Formazione- vi sono dei passaggi nel Decreto fortemente criticabili. Non prevedere l'assistenza legale del cittadino che ricorre alla Mediazione, evidenzia la volontà di espellere il ruolo della classe forense dal nuovo Istituto, penalizzando il diritto di difesa del cittadino stesso che, anche in una fase conciliativa, ha bisogno dell'assistenza di un difensore. Allo stato, appare l'ennesimo strumento legislativo non idoneo a deflazionare la giustizia civile come è stato, viceversa, propagandato. L'Ordine di Roma è in prima fila e chiede al Ministro Alfano di aprire un confronto costruttivo, con spirito di doverosa collaborazione, che modifichi questo nuovo strumento di risoluzione delle controversie garantendo il diritto di difesa al cittadino. Come diceva il grande Cicerone “quod ex re ipsa rationabile est, hoc in ius perfectum deducitur”, le richieste dell'Avvocatura sono ragionevoli e devono trovare accoglimento.

Siamo intervenuti sulla nota questione dei laureati che si recano in Spagna per ottenere il titolo di “Abogado”, evitando così di sostenere il selettivo esame di abilitazione all'esercizio della Professione Forense, sospendendo tutte le richieste di iscrizione all'Albo e provvedendo ad eseguire istruttorie approfondite che accertino il possesso effettivo, in capo agli interessati, dei requisiti per poter esercitare la Professione di Avvocato.

Ci stiamo, altresì, “battendo” per la vicenda che riguarda la “sede storica” dell'Ordine di Roma che è una ferita aperta nel cuore di tutta l'Avvocatura italiana. Basti ricordare che l'Ordine degli Avvocati di Roma si trova nel “Palazzaccio” dal 1911 ed è da sempre un punto di riferimento per tutti gli Avvocati italiani che vengono a Roma per discutere innanzi alla Corte Suprema di Cassazione. L'Ordine di Roma, rispettando il volere di tutti i propri Iscritti, difenderà il proprio diritto di restare nella propria sede storica, auspicando che la nuova Legge Professionale lo sancisca con una norma.

Ci preme molto, poi, anche la visibilità della Categoria attraverso l'attuazione di iniziative benefiche e a sfondo sociale, spesso mediante il connubio con manifestazioni sportive che vedono protagonisti sempre i Colleghi. È stato così -tanto per fare degli esempi- che abbiamo potuto contribuire all'acquisto di protesi di valvole cardiache in favore di popolazioni indigenti del Terzo Mondo, oppure aiutato una missione di suore italiane in Brasile il cui scopo è quello di sottrarre i bambini dalla mano perversa della criminalità locale e della droga. Presto parteciperemo fattivamente ad un'iniziativa con un importantissimo Ospedale Pediatrico romano perchè gli Avvocati della Capitale siano protagonisti nella solidarietà e nell'aiuto verso chi soffre.

Stiamo lavorando, inoltre, per partecipare al XXX Congresso Nazionale Forense di Genova, che si terrà a fine novembre, nelle migliori condizioni, con un gruppo di Delegati motivati a lavorare, a produrre mozioni e contributi scientifici, come Roma non faceva da anni.

La stampa ha ricominciato ad occuparsi di noi -e non per le “imbarazzanti” vicende cui facevo accenno in apertura che tanto solleticano l'attenzione dei media- ma per apprendere dal Foro di Roma quali siano i suoi programmi, iniziative e progetti.

Sul piano “Amministrativo” siamo molto attenti all'utilizzo delle risorse economiche (è per questa ragione che abbiamo deciso di chiudere la sede secondaria di Via Valadier, oramai non frequentata più da nessuno e con un canone mensile stratosferico del tutto inaccettabile se rapportato all'utilizzo effettivo della sede medesima da parte dei Colleghi), alla gestione del personale dipendente (gratificandolo e rendendolo partecipe delle scelte organizzative consiliari), alla cura dei rapporti istituzionali (grazie ai nostri dipendenti collocati a tempo determinato molti servizi presso gli Uffici giudiziari, che altrimenti non funzionerebbero, sono attivi). Abbiamo effettuato, seppur ancora parzialmente, un'azione di restyling del sito istituzionale, rendendolo più fruibile e maggiormente attento ai contenuti.

Insomma, “fatti”.

Questo è e deve continuare ad essere il Consiglio dei fatti.

Le “polemiche e diatribe” improduttive, degli ultimi anni, vanno consegnate all'oblio per offrire ai Colleghi romani opere e risultati.

Per la prima volta, dopo molti anni, le tre cariche consiliari (Presidente, Segretario e Tesoriere) sono sulle spalle di infracinquantenni: un segno evidente di voler perseguire il rinnovamento anche attribuendo responsabilità ai meno anziani.

Molto c'è ancora da progettare, evadere, raggiungere: e lo si potrà fare solo con l'apporto di tutti i Colleghi iscritti e di tanta buona volontà. Perché l'Ordine non appartiene ai 15 avvocati che, il giovedì, si siedono nell'Aula consiliare, bensì è di tutti gli oltre 22.000 Iscritti che ne fanno parte.

Se l'Ordine si mostra vicino alle loro esigenze avrà, come risultato, i Colleghi al proprio fianco in ogni battaglia, e così il nostro “numero” diverrà finalmente “forza”!

Per questo auspichiamo che tutti i Consiglieri diano fondo a tutte le loro energie e si impegnino al massimo per il raggiungimento di questi obiettivi.

Auspichiamo che nessuno tenti di riproporre, nella politica forense, l'attuale malcostume della “politica generale”. L'Ordine non è il Parlamento, non ci sono partiti, non si deve ragionare in chiave di ritorno elettorale ma, durante il biennio, ci si deve impegnare tutti per l'Istituzione al di là dei pregressi diversi schieramenti elettorali e delle personali ambizioni.

La stragrande maggioranza dei Colleghi è francamente disgustata dalle polemiche artatamente impiantate da chi è stato definitivamente estromesso dalla rappresentanza politica: ed ora ha voglia di rilancio, di novità, di progetti, di risoluzione di problemi concreti. È una partita difficile, ovvio, ma se fosse stata facile non ci avrebbe visti scendere in campo, tanto numerosi quanto determinati.

La sfida l'abbiamo raccolta ed abbiamo dimostrato di essere pronti! Ci vedono con il volto pulito, la coscienza serena, la toga sulle spalle, pronti a sorridere e a tendere la mano a chi ha bisogno di noi, ma anche ad insorgere e lottare come leoni per portare avanti le nostre battaglie. Noi non cederemo un millimetro dalle nostre posizioni e non scenderemo a patti con chi pretende di umiliarci. Saremo sì aperti al dialogo e al confronto, ma reagiremo con orgoglio e coraggio se dovessimo essere feriti, nella consapevolezza che solo così potremo ottenere il giusto rispetto e riportare l'Ordine di Roma ai fasti di un tempo.

Concludiamo con l'ultima citazione.

Sempre lui, l'Avvocato per eccellenza Marco Tullio Cicerone che definiva così la Categoria dell'Avvocatura mille e mille anni fa: “Non solus nostro imperio militare credimus illos qui gladiis, clypeis et thoracibus nituntur, sed etiam Advocatos. Militant namque causarum patroni, qui gloriosae vocis confisi munimine, laborantium spem, vitam et posteros defendunt”

“Nel nostro impero non crediamo che militino solamente coloro che sono armati di spada, di elmo e di scudo, ma pure gli Avvocati. Poichè militano i patroni delle cause, i quali con la loro voce gloriosamente difendono la speranza dei miseri, la vita ed i posteri”.

Riteniamo superfluo aggiungere alcunchè.

Con il mio saluto più caro e cordiale.

Antonio Conte

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