di Filippo Giannini
Su Libero del 17 agosto 2010 leggo un trafiletto del quale riporto alcune parti:
Ed ora veniamo al personaggio Giorgio Bocca, avvertendo gli amici lettori che tempo fa già trattai lÂ’argomento su questo signore la cui coerenza è molto simile a quella del Gianfranco.
Alcuni anni fa fui invitato ad assistere ad una trasmissione televisiva imperniata su una sfida dialettica fra Giorgio Bocca e Pietro Ciabattini; questÂ’ultimo scrittore, storico ed ex combattente volontario in quella che, con fare provocatorio, molti anti chiamano Repubblica di Salò, in realtà la Repubblica Sociale Italiana. Aggiungo che, purtroppo, Giorgio Ciabattini poche settimane fa ci ha lasciati.
Allora, chi era questo mangiafascisti dal nome Giorgio Bocca? Risposta: era un fascista, un super fascista. un fascistissimo. Poi le cose per il fascismo cominciarono ad andar maluccio e il superfascista si trasformò in superantifascista. Qualcuno osserverà: sempre super è stato, rispondo: anche Gianfranco Fini è sempre stato un super, come super fu Giuda Iscariota o Badoglio. Ma andiamo con ordine, anche se per onorare la memoria di Pietro Ciabattini mi dovrò avvalere di alcune parti di un mio precedente articolo.
Su “LÂ’Espresso” di qualche tempo fa, sono apparsi due articoli di un personaggio, le cui caratteristiche sono lÂ’arroganza e lÂ’ingiuria. EÂ’ uno storico-giornalista che caratterizza questi giorni, e i suoi scritti – almeno per chi scrive queste note – molto criticabili, quindi “del mal che vi trovai, dirò delle altre cose che vÂ’ho letto”. Il Sommo Poeta mi perdonerà per lo strazio che ho procurato alle Sue rime.
Il protagonista (di simili personaggi, purtroppo, lÂ’Italia ne può “vantare” milioni) passò in un lampo dal fascismo allÂ’antifascismo, dallÂ’odio per gli ebrei alla loro esaltazione, dal filoleghismo allÂ’antileghismo, dai socialisti ai pidiessini; le mode tramontano, ne sorgono nuove, ma “lui” è sempre lì, a galla, a sentenziare, sempre dalla parte giusta, sempre più arrogante, sempre più ingiurioso. Signori, per coloro che non avessero ancora capito, ecco, vi presento Giorgio Bocca.
In una intervista rilasciata a Giuseppe Turoni e a Delfina Rattazzi della rivista “Uomini e Business”, pubblicata anche su “Indipendente” del 7 marzo 1992, nelle prime righe si legge:
Nel settembre 1995, durante una diatriba con un altro “ex” (ma rosso), nella fattispecie Massimo D’Alema, autore di una specifica accusa, bolla Giorgio Bocca come
Ma Bocca aveva “solo” 22 anni, era un ragazzo, non capiva, era appena svezzato, ancora con il ciuccio in bocca. E la natura, a dimostrazione della sua potenza, dopo la sconfitta delle forze dellÂ’Asse in Africa, a Stalingrado, lo sbarco dei “liberatori” in Sicilia, il “Nostro” viene illuminato, diventa intelligente, via il ciuccio, la guerra, quella sino ad allora “ineluttabile” è persa; e da lì diventare antifascista è altrettanto “ineluttabile” divenire partigiano.
Così, il “ragazzo” che scagliava saette contro lÂ’ebraismo passò alla resistenza e, sempre “ineluttabilmente” dovette scrivere (“LÂ’Espresso” del 23 marzo di qualche tempo indietro), allineandosi, nel dire, allÂ’odiato Berlusconi:
Fu sempre “lui”, il Bocca, il “ragazzo” quando ancora non capiva, che il 5 gennaio 1943 a denunciare alla polizia fascista lÂ’industriale Paolo Berardi che, in un treno che percorreva la tratta Cuneo Torino, ebbe lÂ’infelice idea di dire ad alcuni reduci dal fronte russo e dalla Francia che la guerra era ormai perduta. Per lÂ’infelice industriale il destino volle che su quel treno, in quello scompartimento vi si trovasse pure “un ragazzo (ventitreenne) con il ciuccio in bocca”, con “il ciuccio”, ma già segretario del Guf di Cuneo e provincia, il quale con le sue piccole manine appioppò uno schiaffone al povero Berardi. Ma non solo, appena sceso a Torino, lo denunciò, come detto, alla polizia quale “disfattista”. Di questo atto lÂ’imminente resistente si vantò con un articolo ancora da “integerrimo fascista”, ostentando il suo gesto e riportandolo con il titolo “La sberlaÂ… e la bestia”, pubblicato su “La Provincia Grande” dellÂ’8 gennaio 1943. Ma era un “ragazzo”.
“Ecce Homo”, amici miei. E il “Nostro” divenuto in poche settimane “intelligente” salì in montagna a “combattere” coloro che diverranno (“LÂ’Espresso”, 12 maggio 1995) nella formazione “Giustizia e Libertà”, con conseguente e inevitabile medaglia dÂ’argento al “valore resistenziale”. “Combatté” a fianco degli Alleati, i quali hanno nutrito verso i loro associati un “vizietto”: non hanno mai voluto riconoscere loro alcun merito nelle vittorie contro il Fascismo in quanto, e lo ha scritto un “alleato dei resistenti”, lÂ’inglese Amery nel suo libro “Of Resistence” (1949):
Tesi simili le ritroviamo nelle testimonianze dellÂ’ufficiale inglese J.R. Rejnolds il quale, nel libro “Amgot in Italy”, raccontò:
Il “Nostro” sempre più indomabile “soccorritore dei vincitori” fu uno dei firmatari di quel documento (che definire ignobile è riduttivo) del 1971 e pubblicato su “LÂ’Espresso” (sempre quello) nel quale il commissario Calabresi veniva definito
Sempre su “L’Espresso” del 30 marzo 2006, in merito all’intervista rilasciata da Berlusconi all’Annunziata, il “Nostro” scrive:
Invito il lettore a leggere la prosa del “partigiano in Camicia nera”. Sempre sullo stesso periodico:
Un altro aneddoto: alcuni anni fa in una trasmissione televisiva erano di fronte lÂ’indimenticabile Pietro Ciabattini e il “Nostro”, questi sferrò, con la sua usuale sagacia, un attacco al Fascismo e ai fascisti. Ciabattini, caricando la sua cadenza toscana, rispose:
Il “Nostro” nella sua irrefrenabile attività intellettuale, nel 1982 scrisse:
Qualche lettore potrebbe chiedersi come può il “Bocca 2” aver scritto questi concetti “revisionistici” su Mussolini? La risposta, conoscendo il soggetto, potrebbe essere: “Sapete? Non si sa maiÂ…
O Pietro, Pietro Ciabattini, da lassù guidaci tuÂ…
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