Bomba nella notte (dello stato)

Nella notte, intorno alle 2, una bomba ad alto potenziale è stata fatta esplodere sotto l’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro, nel cuore di Reggio Calabria. L’ordigno, con un innesto a miccia, ha fatto saltare il portone ed i vetri di alcune finestre, senza causare feriti. Il procuratore Di Landro è da tempo il procuratore nel mirino della 'Ndrangheta. Il 3 gennaio scorso un ordigno era stato piazzato davanti alla Procura di Reggio Calabria e circa due mesi fa i bulloni delle ruote della sua auto erano stati svitati mentre il veicolo si trovava nel parcheggio del palazzo di Giustizia. Successivamente, alcuni magistrati ricevettero buste con proiettili e scritte minacciose. Secondo un rapporto dei carabinieri, il procuratore Salvatore Di Landro non dispone della sorveglianza permanente della polizia e la sua abitazione non ha alcun sistema di videocontrollo. Un bel modo, per lo Stato, di difendere i suoi più fedeli ed esposti servitori, coperti solo da belle parole di solidarietà, come quelle dell’occupatissimo (nel lodo o processo “ragionevole”), ministro Alfano, che di prima mattina, ha scritto un comunicato in cui dichiara che: “Lo Stato è vicino al procuratore generale” e prosegue “Quanto è accaduto rafforza la determinazione del governo nel portare avanti la lotta alla criminalità mafiosa, cosa che abbiamo fatto finora adottando provvedimenti sempre più incisivi che ci hanno consentito di raggiungere traguardi prestigiosi. La criminalità, come una bestia ferita è in difficoltà, ma proprio per questo siamo consapevoli di quanto possa essere pericolosa”. Se è così si difendano i mastini lanciati contro tale bestia. Lo scorso 14 agosto la vedova di Francesco Fortugno, l'ex vice presidente del Consiglio regionale della Calabria, ucciso a Locri nel 2005, ha ricevuto un’ennesima lettera minatoria dalla ndrangheta, con silenzio assordante da parte di Alfano, Maroni o dal governo e unica solidarietà espressa dal senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia. Di fronte a queste gravi mancanze, sempre oggi, il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, area Pdl, esprime la sua soddisfazione per l’arresto di Salvatore Facchineri, 36 anni, allevatore, considerato il nuovo boss del clan Facchineri di Taurianova, scrivendo che: “Lo Stato ed il Governo ancora una volta fanno sentire la propria presenza, costante ed interrotta, manifestando il grande impegno nei confronti della giustizia e al contrasto ai poteri criminali”. Da editorialista de “Il Secolo d'Italia”, “Il Roma”, “Gazzetta del Sud”, “Il Quotidiano della Calabria”, “Il Domani”, “Il Giornale di Calabria” e della rivista “Calabria”, Scopelliti dovrebbe sapere che la ndrangheta si combatte non con azioni singole ed eclatanti, ma con un lento lavoro di bonifica territoriale ed extraterritoriale, a partire dalla garanzia per chi quel lavoro, senza trionfalismi, cerca pazientemente e con coraggio di portarlo avanti. Non è certo con le intimidazioni che si potrà fermare o rallentare il lavoro della Magistratura e delle Forze dell’Ordine, né vanificare il duro lavoro investigativo condotto in questi mesi dagli apparati di sicurezza dello Stato per assicurare alla giustizia capi e gregari delle consorterie mafiose. In questo senso, appare forte la determinazione non solo degli Uffici di Procura generale, ma anche di tutti i magistrati del distretto giudiziario reggino, a partire dalla Procura distrettuale antimafia, nel perseguire gli obiettivi di salvaguardia della legalità civile e democratica. E tuttavia uno Stato che toglie fondi alla polizia e protezione ai magistrati in prima linea (ma non riduce auto blu e altri privilegi) non opera nella direzione che in molti auspicano. Come ricorda il giornale on-line “Reggiosuo”, Salvatore Di Landro è uno degli uomini del “nuovo corso” della lotta alla 'ndrangheta a Reggio Calabria: una nuova epoca fatta di condanne e confische di beni ai danni delle più potenti cosche mafiose. Tempo fa ha dichiarato di svolgere il suo dovere con la massima tranquillità e senza paura, frase che ci ha ricordato altri grandi magistrati esposti e poi abbandonato a loro stessi. Dopo la bomba di gennaio diretta alla Procura reggina, chiese una maggiore presenza di forze dell’ordine sul territorio cittadino, chiarendo che: “A Reggio si corre il rischio di dover contare vittime innocenti”. Dopo questo ennesimo attentato e poiché la scorta non gli è stata ancora assegnata, aggiungerei anche vittime eccellenti.

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