di Generazione Italia
La questione Tulliani-RAI sollevata dai berluscones farebbe ridere, se non fosse così platealmente una presa in giro dei poveri Italiani, costretti ad abbeverarsi alle fonti avvelenate dell’informazione nazionale.
Allora vale la pena spendere due-parole-due per dire che se non fosse stato acquistato il format del Tulliani, per la medesima cifra sarebbe stato acquistato il format di qualche amico-di (magari anche della Endemol, di proprietà Mediaset), per la medesima cifra, visto che il settore di cui si parla è escluso dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici e gli appalti possono essere legittimamente affidati a trattativa diretta (d.lgs. 163/2006, art. 19).
Ma parliamo dei rapporti Silvio-Mediaset con la RAI, che sono di ben altra entità e, soprattutto, impattano in maniera diretta e significativa sui soldi degli italiani.
Qualcuno di voi si è chiesto per quale motivo la annosa questione di Europa 7 si sia finalmente sopita?
Un breve riassunto per ricordarvi di che si parla.
Nel 1999 Europa 7 vince una gara per assegnazione di frequenze nazionali per trasmettere i suoi programmi.
Nella stessa gara, Rete 4 perde.
Però, ironia della sorte, Rete 4 continua a trasmettere sulle sue vecchie frequenze, mentre Europa 7 sta ferma ad aspettare che il Ministero proceda all’assegnazione ufficiale delle frequenze. Partono le prime cause.
Il Ministero se la prende molto comoda e Rete 4 resta on air. Nel 2002 la Corte Costituzionale, con la sentenza 466/2002, conferma, come già aveva fatto nel 1994, che nessun privato può possedere più del 20% delle frequenze televisive e le reti eccedenti (Rete 4 e TELE+ Nero), devono cessare la trasmissione in via analogica terrestre.
A questo punto solo un super eroe può salvare la rete di Emilio Fede dal mortale pericolo di finire sul satellite: e arriva, prontamente, la Legge Gasparri! E insieme a quell’ambigua formulazione arriva anche il “decreto salvareti”, trasformato in legge nel febbraio 2004. Il decreto prevede che le “reti eccedenti” (cioè quelle che, avendo perso la gara, sono abusive) possano proseguire le trasmissioni sulle frequenze da loro impiegate, sia nell’analogico che nel digitale, fino al termine di una verifica sullo sviluppo delle reti del digitale terrestre (sviluppo che, con l’aumentato numero di canali, porterebbe a un aumento della pluralità informativa e quindi alla cancellazione del limite di due concessioni per privato). In pratica all’infinito, visto che la fine del passaggio al digitale è programmata per il 2012…
Esasperato, Di Stefano, vista l’entità della partita, tira la gonnella a mamma Europa. La sentenza della Corte di Giustizia europea del 31 gennaio 2008 afferma che il sistema televisivo in Italia non è conforme alla normativa europea che impone criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori nell’assegnazione delle frequenze.
Un ritardo nell’applicazione della direttiva europea avrebbe comportato una pena pecuniaria a partire dal 1 gennaio 2009 (circa 350 mila euro al giorno), calcolata con effetto retroattivo a decorrere dal 1 gennaio 2006.
La storia è ancora molto lunga, ma l’importante è il geniale modo in cui è stato estratto dal cilindro un canale nazionale per Europa 7, senza dover scomodare l’abusiva Rete 4!
Infatti l’ideona, naturalmente nata spontaneamente in seno alla generosa Mamma RAI, che non vuole vedere i suoi concorrenti litigare (!!!), è questa: ricanalizziamo RAI 1!
Traduco: spostiamo RAI 1 dalle frequenze in cui si trova ora e lasciamo “un buco di frequenze in mezzo” in cui si possa piazzare Europa 7.
Assolutamente brillante. Peccato che i costi stimati (8 milioni di euro) siano stati messi a budget di RAI. Poi la genialità dei tecnici della concessionaria pubblica ha permesso di salvare i vecchi trasmettitori, dimezzando i costi, ma questo è solo un caso. Qualcuno vuole spiegare agli Italiani perché la RAI, che non c’entrava nulla con la querelle, si è trovata a sganciare tutti quei soldi pubblici?
E peccato anche che 15 milioni di Italiani abbiano dovuto risintonizzare i propri televisori per ritrovare RAI 1, che si è dovuta spostare di canale, con inevitabili ricadute sugli ascolti e sull’immagine della rete difficili da calcolare.
Siete sazi o ne volete ancora un po’?
Non c’è chi non si sia lamentato della “discesa” di RAI dal satellite di Sky (quanto era comodo collegare il decoder e non pensarci più…). Addirittura Il Giornale, sempre in prima fila quando c’è da gettare fango, ha pubblicato il modulo per disdettare l’abbonamento RAI, gridando allo scandalo!
Ebbene, il Gruppo RAI con questa mossa ha perso un contratto che le fruttava 50 milioni di euro all’anno, cui erano collegati 125 posti di lavoro e un’intera società dedicata. Oltre a ciò, ha perso la visibilità da parte di tutti quegli utenti che utilizzavano il satellite perché non vedevano la tv terrestre, autoprocurandosi un buco di copertura, con conseguenze sia sui suoi obblighi di servizio, sia sull’appeal dei suoi spazi pubblicitari.
Contemporaneamente, fatalità, nasce TivùSat, consorzio di Mediaset, RAI e RTI che mette “in aria” una piattaforma satellitare GRATUITA.
Mediaset – Sky = 2 – 0, e tutto a spese della RAI.
Continuiamo: verificate, come vi è stato richiesto da una pubblicità battente, se il vostro decoder digitale terrestre ha sopra il “marchio di garanzia DGTVi”, facendovi poi presente che il Presidente dell’associazione DGTVi, che appone il marchio, è il Responsabile Relazioni Istituzionali Italia di Mediaset, Andrea Ambrogetti.
Avrete tutti capito di che stiamo parlando. Qui non si tratta di difendere un-Tulliani-qualunque, si tratta di aprire gli occhi sul grado vergognoso di disinformazione in cui versiamo, presi in giro da gente che dell’Italia se ne frega da sempre.