Qualche settimana fa ho discusso un tema che sta molto a cuore agli inquilini degli enti previdenziali, non più tenuti a rispettare il diritto di prelazione degli inquilini in caso di vendita nè quello di un canone d'affitto calmierato.
PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare l'interpellanza concernente iniziative relative alla dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, con particolare riferimento alla tutela dei diritti degli attuali conduttori degli immobili…….
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente………………….Il tema è quello di numerosi enti previdenziali pubblici, tra cui ad esempio Enpaia, Enasarco, Enpav, Enpam, Enpaf, Fimit, Cassa forense, e in generale le casse di previdenza, che per effetto del decreto legislativo n. 509 del 1994 hanno avviato la trasformazione in persone giuridiche private. Come ricordavo, questo decreto legislativo ha deciso la privatizzazione di una serie di enti, però non li ha sottratti alla loro funzione sociale, al fatto di essere enti non a scopo lucrativo, e comunque enti sottoposti al controllo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell'economia e delle finanze e anche al controllo della Corte dei conti. Il decreto legislativo n. 104 del 1996 prevedeva che, entro cinque anni, gli enti previdenziali pubblici avrebbero dovuto completare un processo di dismissione dei loro patrimoni immobiliari, con un diritto di prelazione che poteva essere esercitato dagli inquilini, purché in regola con i pagamenti. Successivamente, il decreto-legge n. 41 del 2004, ai fini della determinazione del prezzo degli immobili pubblici oggetto di cartolarizzazione, aveva assunto come riferimento il loro valore di mercato all'ottobre del 2001. Per effetto di questo provvedimento, quegli enti, che avevano venduto dopo il 2001 e fino al 2004 a prezzi maggiorati, erano stati costretti a risarcire i loro inquilini per le differenze di prezzo. Questo decreto-legge aveva un'ovvia motivazione, ossia quella di realizzare una dismissione di queste proprietà, ma salvaguardando anche i diritti degli inquilini, che spesso occupavano da molto tempo quegli immobili. Pertanto, vi era il riconoscimento, a favore dei conduttori di queste unità immobiliari, del diritto di opzione.
Successivamente, è intervenuta la legge n. 243 del 2004, la quale all'articolo 1, comma 38, ha consentito, di fatto, a questi enti – anche grazie ad un utilizzo discutibile ed opinabile dell'interpretazione autentica riferita alla legge n. 104 del 1996 – di non applicare la disciplina ivi prevista e, in particolare, quella parte concernente l'obbligo della vendita e di fissazione dei canoni d'affitto. Questo ha dato luogo a tutta una serie – cerco anche di riassumere le questioni – di contenziosi e di proteste da parte degli inquilini, che si trovano improvvisamente di fronte al fatto di non vedere più riconosciuto il loro diritto di prelazione, ovvero a vederlo riconosciuto, ma a prezzi completamente diversi, tra l'altro, con un meccanismo di fissazione da parte dell'Agenzia del territorio, che spesso prescinde dal reale andamento del mercato. Infatti, questa crisi ha avuto, per esempio, forti ricadute e forti impatti anche sul prezzo degli immobili, mentre il prezzo fissato dall'Agenzia del territorio non tiene conto neppure dell'evoluzione che c'è stata recentemente nel mercato. Ciò detto, il problema che si pone è quello di capire se queste entità, che avevano obblighi ben precisi, sia in tema di valutazione che di valorizzazione del prezzo da richiedere per la vendita di quegli immobili e da offrire in prelazione ai loro inquilini, possano ora fingere che tutto questo non esista più e comportarsi come un qualunque agente immobiliare privato, basandosi su prezzi di mercato e rivalutando anche affitti, certamente vantaggiosi per quegli inquilini, ma per motivazioni non solo sociali, ma anche relative all'evoluzione che quelle proprietà immobiliari avevano avuto nel tempo. Stando così le cose, ciò che chiediamo di sapere è se non si ritenga indispensabile quantomeno attivare un comitato tecnico, facendo partecipare gli enti locali, gli enti privatizzati, i sindacati degli inquilini, per individuare delle soluzioni che siano a tutela di quel diritto, che comunque questi inquilini avevano acquisito in virtù delle leggi esistenti considerato che gli inquilini medesimi, ad un certo punto, con un'interpretazione – ripeto – opinabile e quindi strumentale, rischiano di vedere cambiate le regole del gioco, ma a gioco già iniziato. Questa è la domanda che poniamo al Ministro e, per lui, al sottosegretario.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.
PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, ………………….In tale ambito, la vigilanza esercitata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, unitamente al Ministero dell'economia e delle finanze, si estrinseca nell'approvazione dello statuto e dei regolamenti, delle delibere in materia di contributi e prestazioni e nella formulazione di eventuali rilievi sull'attività contabile degli enti medesimi. Per quanto detto, gli investimenti in campo immobiliare effettuati dagli enti in argomento assolvono, in considerazione della natura pubblica dell'attività svolta, ad una funzione strumentale rispetto al fine primario di garantire la tutela previdenziale dei propri iscritti………………..In proposito, va evidenziato che, nell'ambito del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2010 (atto Senato 2228, approvato in prima lettura il 15 luglio scorso e attualmente all'esame della Camera dei deputati) è stato modificato l'articolo 8 citato, in particolare attraverso la previsione di un comma 15-bis che esclude l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo medesimo nei confronti degli enti privatizzati (ex decreto legislativo n. 509 del 1994 e decreto legislativo n. 106 del 1996), fatta eccezione per quanto riguarda il comma 15, che subordina le operazioni di acquisto e di vendita degli immobili alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il predetto Dicastero ha, inoltre, evidenziato che il comma 12 dell'articolo 43-bis del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito con modifiche dalla legge n. 14 del 2009, prevede tra l'altro che, al fine di favorire la tutela del diritto all'abitazione, i predetti enti previdenziali promuovono la definizione del contenzioso in materia immobiliare, privilegiando soluzioni transattive o di bonario componimento. Per quanto riguarda, infine, la regolarizzazione degli inquilini cosiddetti sine titulo, il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato di avere già in passato dato evidenza al fenomeno, auspicando un intervento normativo che ricomprendesse più categorie di occupanti di immobili degli enti, nonché di altre amministrazioni pubbliche, anche alla luce della normativa generale prevista dal decreto-legge n. 261 del 2006, recante interventi urgenti per la riduzione del disagio abitativo in favore di particolari categorie sociali………In conclusione, rispetto alle richieste dell'onorevole interpellante, allo stato ritengo sia utile raccogliere l'indicazione di attivare un tavolo tecnico interistituzionale, allargato a tutti i soggetti pubblici competenti, al fine di approfondire le questioni ed i temi posti dall'interpellante, in particolare in relazione alla tutela dei diritti degli attuali conduttori degli immobili di proprietà degli enti in questione.
PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di replicare.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l'impegno finale che ha assunto di avviare questo tavolo tecnico, così come noi chiedevamo. Non posso però esimermi da alcuni rilievi rispetto alla giustificazione fornita dal Ministero sulla vicenda, che mi pare si sia ulteriormente aggravata (quando è stata presentata questa interpellanza, non era stata ancora approvata al Senato la conversione in legge del decreto-legge n. 78, con la modifica che il sottosegretario ha ora ricordato e che in qualche modo è perfino peggiorativa della situazione).
Il richiamo che veramente mi sento di fare di fronte a questi fatti è che trovo, come dire, incoerente che in molti casi si dica che non si possono realizzare determinati interventi perché si va a ledere una sorta di accordo già esistente. Mi riferisco, ad esempio, alla questione di richiedere contributi di solidarietà – sto parlando della manovra finanziaria – con riferimento a coloro che hanno riportato in Italia i capitali portati illegalmente all'estero. Si dice: non possiamo chiedere loro ulteriori somme perché romperemmo un accordo che abbiamo fatto. Qui, invece, assistiamo a continui atti, anche legislativi, che rompono accordi preesistenti e che cambiano le regole del gioco.
Voglio allora solo ricordare una questione, perché secondo me è un dato fondamentale che bisognerebbe assumere. In questo caso noi ci riferivamo, in particolare, alla fondazione Enasarco, per cui ci sono molti appartamenti costruiti da decenni, spesso in uno scadente stato manutentivo – anche questo va detto – che saranno messi in vendita a un prezzo al metro quadro, riferito al valore medio stabilito dall'Agenzia del territorio, che non tiene neppure conto dell'evoluzione reale del mercato. Allora, anche in questo caso e negli altri – e vi sono tutti i casi delle casse di previdenza – noi andiamo di fatto a modificare un accordo che era stato stipulato addirittura in virtù di una legge a vantaggio di questi inquilini. Mi pongo allora un problema, perché questo è il punto fondamentale che dovrebbe fare riflettere il Governo, qualunque Governo, non importa di che colore. Questi enti si sono avvalsi di benefici che nessun'altra entità e nessun altro operatore privato ha mai avuto: si sono avvalsi di sgravi fiscali, di benefici per enti di natura pubblica e in molti casi hanno costruito ai sensi della legge n. 167 del 1962, che dava a questi enti un'enormità di vantaggi. Ebbene, proprio in virtù dei vantaggi che hanno conseguito nel passato, oggi questi enti avrebbero l'obbligo di rispettare quegli accordi a vantaggio degli inquilini, che nascevano dal fatto che hanno utilizzato risorse pubbliche e le hanno utilizzate a condizioni assolutamente particolari. Noi, invece, ora diciamo a queste entità: vi abbiamo fatto un regalo, la festa è finita, non vi daremo forse più altri vantaggi in futuro, però, quelli che vi abbiamo dato, ve li tenete, anche a scapito degli inquilini e di tutti coloro che oggi si trovano in grave difficoltà; e mi riferisco sia a quelli che volevano acquistare l'abitazione in cui vivono magari da decenni e che non lo potranno fare per i prezzi che oggi vengono richiesti, sia, ancor più, a coloro che vivono in affitto, che avevano trovato quella collocazione grazie ad un calmieramento degli stessi e che oggi si trovano in molti casi in difficoltà (mi riferisco ancora al caso Enasarco, di cui parliamo, con affitti aumentati quasi del 100 per cento, dall'85 al 100 per cento). È evidente che il tavolo tecnico va bene, ma è anche evidente che la vera soluzione consiste nel dire a questa entità: bene, volete comportarvi da operatori privati alle condizioni di mercato dei privati? Allora restituite le risorse pubbliche, che in passato avete avuto, i benefici fiscali e le altre risorse ottenute, con finanziamenti a tasso zero e contributi in conto capitale, per la costruzione di quegli alloggi! Restituite queste risorse al sistema pubblico, che le metterà a vantaggio di questi inquilini, dopodiché comportatevi pure come qualunque operatore privato e stabilite i prezzi di mercato che volete.