Giù la maschera

On. Antonio Di Pietro

Riporto una mia intervista pubblicata oggi su “Il Fatto Quotidiano”.

Il Fatto Quotidiano: I giornali di destra il suo nome lo usano come un’offesa. A gennaio scorso, Il Giornale titolava “Fini fa sparire le case come Di Pietro”. Cinque giorni fa Libero è tornato sul tema: “Fini strilla come Di Pietro”. Lui, Di Pietro, il nome di Fini lo ha fatto in un’intervista al Riformista, spiegando che “la legalità non ha colore”. Qualcuno l’ha letta come un’apertura al presidente della Camera, qualcun altro come la conferma che l’Idv è un partito “di destra”. E sul blog di Di Pietro sono partiti gli anatemi. “Insieme ad un ex fascista? Complimenti”. “Le persone oneste cerchiamole a sinistra”. “Tra questa e la chiusura a Vendola ci stiamo suicidando”. E avanti così. Lui ora spiega che “è colpa della sintesi”. E che quello a Fini non era un invito a nozze. “Il mio è un appello rivolto a Fini e a Bersani, perché va fatto necessariamente insieme. È un voto di sfiducia al governo Berlusconi. Ma è un accordo che dura il tempo di un battito d’ali, dopodiché ognuno torna nella sua identità ideologica”.
Una sfida?
Antonio Di Pietro: Sì, sfido Fini. Ci faccia capire se la sua è davvero una battaglia in nome della legalità o se è solo una furbata.

Il Fatto Quotidiano: Cosa si aspetta?
Antonio Di Pietro: Noi e il Pd abbiamo già chiesto formalmente la messa all’ordine del giorno della mozione di sfiducia nei confronti del sottosegretario Caliendo. Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, ci aspettiamo che i finiani la votino con noi.

Il Fatto Quotidiano: E poi?
Antonio Di Pietro: Poi si va alle elezioni. Noi nel centrosinistra, lui nel centrodestra.

Il Fatto Quotidiano: Eppure c’è chi ricorda che ai tempi di Tangentopoli l’Msi era uno dei partiti che più apprezzava il suo lavoro nel pool di Mani Pulite…
Antonio Di Pietro: A quell’epoca, a parole, tutti stavano con i magistrati. Non solo Fini. Anche Berlusconi, anche la Lega. Poi sono finiti tutti insieme a votare le leggi vergogna e le porcate.

Il Fatto Quotidiano: Lasciando perdere la giustizia, sugli altri temi lei si sente più vicino a Fini o a Vendola?
Antonio Di Pietro: Dovrebbe chiedere a loro quanto si sentono vicini a Di Pietro. La mia storia personale parla da sola, non credo di dover prendere lezioni da nessuno sul piano culturale. Sul piano politico, noi siamo iscritti all’Alleanza dei Democratici e dei Liberali europei e qui intendiamo rimanere. Facciamo parte di quell’area riformista che qui impropriamente viene chiamata centrosinistra. Vorrei un cambiamento di mentalità: sull’elezione dei membri del Csm esisteva una sola opposizione, la nostra.

Il Fatto Quotidiano: Ce l’ha con il Pd?
Antonio Di Pietro: Ha dimostrato ancora una volta di essere un partito fatto di ammiccamenti, di speculazioni. Il Pd non è né carne né pesce, e questo ci impone di creare un’alternativa, non possiamo aspettare che si sveglino.

Il Fatto Quotidiano: Per esempio?
Antonio Di Pietro: Per esempio noi abbiamo voluto rilanciare tre principi fondamentali della Costituzione: uguaglianza, salute e solidarietà. Sono i principi che difendiamo con i tre quesiti referendari che abbiamo depositato nei giorni scorsi in Cassazione. L’uguaglianza con l’abrogazione del legittimo impedimento, il nuovo lodo Alfano. La solidarietà contro la privatizzazione dell’acqua, perché è immorale che possa bere di qualità solo chi se lo può permettere. E la salute contro il nucleare, tema su cui i cittadini italiani si sono già espressi, e che oltretutto è superato da nuove tecnologie, meno care e che creano più occupazione.

Il Fatto Quotidiano: Potrebbero essere il programma di un ipotetico governo di transizione.
Antonio Di Pietro: Io credo che debbano essere parte integrante del programma di un governo alternativo. La “transizione” è un’ammucchiata generale a cui non parteciperemo.

Il Fatto Quotidiano: Nemmeno per necessità?
Antonio Di Pietro: No, non credo a coalizioni trasversali che durano un anno o un giorno. Serve giusto quel battito d’ali: per far finire il governo Berlusconi serve il voto dei finiani. Se invece continuano a votare il disegno di legge sulle intercettazioni, le mancate autorizzazioni a procedere o la fiducia a Caliendo, allora no. Di un Berlusconi in miniatura non ne abbiamo bisogno. Ci serve un partito della legalità, non dell’ipocrisia.

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