Tagli per tutti, ma non per le fondazioni bancarie

di Giuseppe Menardi

La manovra economica approvata dal Senato con un largo voto di fiducia ammonta a 25 miliardi di euro. Ciò consente all’Italia di riportare il rapporto tra deficit e Pil sotto al 3% (precisamente al 2,7%) nel 2012, rispetto al 5,3 del 2009. Con questa tabella di marcia: 5% nel 2010, 3,9 nel 2011 e appunto 2,7 nel 2012.
Per tenere i conti a posto e rilanciare l’economia, il sistema Italia nel suo complesso è chiamato a sopportare tagli e a fare sacrifici anche dolorosi. Tutte le categorie devono contribuire e chi sta in Parlamento deve dare l’esempio. Per questo sono più che mai d’accordo alla riduzione del 10% degli emolumenti a deputati e senatori e a una robusta sforbiciata alle spese della macchina pubblica e dei partiti.
Mi stupisce che da questo sforzo generale del Paese che interessa Regioni ed enti locali, per qualche recondito motivo di cui non riesco a capacitarmi, debbano chiamarsi fuori le Fondazioni bancarie. Avevo presentato un emendamento finalizzato a introdurre un’imposta straordinaria del 2% su questi organismi dotati di cospicui patrimoni, devolvendo così una somma di 500-600 milioni a favore dei piccoli Comuni. Fatica sprecata. Il mio emendamento non è stato accolto, in compenso è passato quello molto più favorevole alle medesime Fondazioni che consente loro di non effettuare per l’esercizio in corso svalutazioni dei titoli cosiddetti tossici acquistati negli ultimi anni. Inoltre, con lo stesso emendamento, le Fondazioni bancarie hanno visto aumentare i loro investimenti potenziali sul mattone, potendo ora far salire la loro percentuale di possesso di beni immobiliari dal 10 al 15% del patrimonio.
Evidentemente in Italia tutti sulla carta sono uguali, ma c’è qualcuno che è più uguale degli altri e sia pure a malincuore dovremo farcene una ragione.

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