Ben svegliati ai ministri Calderoli e Sacconi. Dopo la notizia della chiusura dello stabilimento di Termini Imerese con 2000 posti di lavoro che saltano, l’annuncio di nuova cassintegrazione in tutte le realtà Fiat, il teatrino di Pomigliano, dove sono stati contrapposti i diritti individuali dei lavoratori agli investimenti, la separazione dal gruppo Fiat delle attività di Iveco e New Holland con il pericolo reale per la sopravvivenza delle fabbriche italiane (la nuova società sarebbe caricata di un debito prevalente pur non avendo un fatturato prevalente) e dopo l’annuncio che Mirafiori produrrà la monovolume in Serbia, sembra che i ministri abbiano aperto gli occhi.
L’Italia dei Valori ha chiesto da sei mesi l’intervento della Presidenza del Consiglio, ma è stata inascoltata nei luoghi istituzionali. Nella lettera scritta alcune settimane fa a Marchionne e ai lavoratori abbiamo ribadito esattamente il punto della questione Fiat in Italia: l’enormità dei finanziamenti pubblici percepiti e l’abbandono graduale nel nostro paese delle attività principali.
Oggi siamo ben felici che anche altri partiti si accorgano del disegno in atto, in cui i lavoratori vengono utilizzati semplicemente come capri espiatori e come ostaggi per ricontrattare con lo Stato italiano e con il sistema di credito ulteriori enormi finanziamenti, che tolgono l’aria per respirare alle piccole e medie imprese e agli artigiani.
Perché nessuno dice, come invece ha sempre fatto e continua a fare l’IdV, che la Fiat sta usando tutti i fornitori come banche, non pagandoli prima di 180-200 giorni? Perché non si rende pubblico che il problema reale della Fiat è il debito, che con l’epurazioni in atto viene riversato di nuovo sulla collettività? La questione aperta è quella di far rimanere la Fiat un’azienda orgogliosamente italiana, che sappia costruire macchine di qualità e ecologicamente compatibili con i nuovi standard del rispetto ambientale. Un obiettivo che rompa con la tradizione del passato e cioè quello di essere un’azienda pubblica nei finanziamenti e privata nella divisione degli utili agli azionisti.
Per l’Italia dei Valori è fin troppo evidente che il piccolissimo utile dichiarato nei giorni scorsi serva unicamente a sostenere l’operazione in borsa dello spin off. Basta fare due conti, infatti, per scoprire che la cifra equivale esattamente ai 600 euro che la Fiat non ha pagato a luglio ai lavoratori nel premio di risultato. Siamo ben felici che altri partiti e il ministro della disoccupazione Sacconi si siano bruscamente risvegliati dal torpore e chiedano alla Fiat di rispondere direttamente alle istituzioni.
Noi riteniamo che la Presidenza del Consiglio si debba occupare di questa vicenda. Non tocca certo al ministro della disoccupazione, che ha sempre negato la realtà per prendere parte ad un vigliacco tiro a segno contro i lavoratori italiani. Gli unici che con stipendio netto di 1200 euro al mese pagano al cento per cento le tasse.
Antonio Di Pietro
Maurizio Zipponi