Ma guarda guarda che favolette estive che arrivano, favolette per adulti s’intende, per il contenuto altamente rovente. E’ Una strana storia dal Nord Iraq.Accompagna l’Invito all’ Informazione sulla pace, la risata di Pilar Castel, aspirante cittadina del mondo, attrice. Aspira e vivi, quasi fosse una sigaretta in questa gola bruciata ad oriente , vicina, dentro alla nostra Terra, sfatta dalla Guerra.E balliamo si, tutti al mare , fino alle montagne curde.
Doriana Goracci
A guerra finita, grazie al ritorno in patria dei soldati che erano stanziati al fronte, nel 1990 il rais decise di vendicarsi dei moti rivoluzionari che – anche grazie all’aiuto di numerose organizzazioni paramilitari della resistenza curda – infuocavano il nord del paese. Egli inviò numerosi contingenti nel nord e distrusse circa 2.000 villaggi curdi. Ma la cosa più grave fu l’impiego di armi chimiche su alcuni di questi villaggi, che causò la morte di migliaia di persone in una maniera atroce.
Dopo aver sedato nel sangue il nazionalismo curdo, Saddam Hussein si vendicò infine usando l’arma della legge. Un esempio clamoroso fu il caso delle ‘’vedove bianche’’. Esse non potevano risposarsi perché non risultavano vedove, dal momento che non c’erano prove dell’uccisione dei loro mariti durante i massacri; non possedevano la casa, perché questa era ancora di proprietà del marito anche se scomparso da molti anni; non potevano far sposare i figli perché non riconosciute ufficialmente capifamiglia, e il matrimonio necessitava del consenso del padre. Queste situazioni favorirono l’insorgere di altri gravi problemi, come ad esempio la prostituzione.
Oggi, alcune voci dei servizi siriani che arrivano dall’Iraq, parlano di un esodo di migliaia di arabi iracheni che lasciano l’Iraq del nord, oramai chiamato Kurdistan, perché cacciati dalle proprie case dalla polizia curda. Tutte le istituzioni stanno passando sistematicamente al controllo curdo. Le stesse fonti rivelano che l’esercito regolare curdo – i cosiddetti “peshmerga” – si starebbe dispiegando massicciamente nei punti nevralgici del Nord Iraq, e sulla linea di confine che separa il Kurdistan e dall’Iraq.
Un imprenditore libanese che è stato ultimamente ad Irbil racconta che da centinaia di anni c’erano famiglie di arabi iracheni che abitavano in quella città, e ora sono costrette a lasciare le loro case ai curdi, che si vendicano su di loro per i massacri compiuti da Saddam negli anni ‘90. A Kirkuk, invece, è stata messa in moto una vera e propria macchina per de-arabizzare la provincia. Numerosissime famiglie arabe irachene di fede musulmana e cristiana, sono state costrette con la forza ad andarsene via dalla città.
Si stima che nel nord dell’Iraq la popolazione curda sia quasi raddoppiata da quando Saddam Hussein è caduto. Kirkuk è una città strategica per tutti, sia per il governo iracheno che per i curdi e gli americani, in quanto si calcola che sotto di essa ci siano enormi giacimenti di petrolio del valore di miliardi di dollari, e proprio per questo il governo del nord Iraq – ma non solo – è disposto a tutto pur di conquistarla.
Qualche tempo fa – la notizia apparve su moltissime testate giornalistiche, tra cui Al Jazeera – addirittura fu presentata come bandiera ufficiale del Kurdistan iracheno una bandiera con le strisce blu e bianche molto somigliante alla bandiera israeliana. Un caso forse? Proprio questa proposta causò allora, sdegno nell’opinione pubblica araba. Ma quali sono i legami tra Israele e Kurdistan?
Sempre fonti dei servizi siriani raccontano che il Mossad avrebbe inviato degli esperti, per istruire funzionari dei servizi di sicurezza curdi e alcuni ufficiali. Nel frattempo, compagnie petrolifere con forti partecipazioni azionarie israeliane stanno iniziando gradualmente a costruire stabilimenti nel Nord Iraq.
Un fatto interessante è che il governo del Kurdistan non è composto da membri del Pkk, i quali non avrebbero mai osato inserire nella bandiera curda dei colori che richiamassero quella israeliana. Proprio il Pkk, infatti, è invece molto legato alla Siria, tanto che il leader kurdo del Pkk Ocalan visse anche per breve tempo a Damasco, prima di andare in Italia per poi essere catturato e imprigionato in Turchia. Tutto questo è un caso, o fa parte di una strategia più complessa?
L’Iraq è stato e sarà sempre un punto strategico perché vicino a tre paesi importanti – Siria, Iran e Turchia. Una zona instabile proprio nel cuore del mondo arabo farà trarre profitto a qualcuno? Si sta ripetendo un dramma che il Medio Oriente conosce già, cioè che i curdi da vittime si stanno trasformando in carnefici, e non possiamo permetterci di guardare un dramma, di cui non si parla nemmeno tanto, e non muoverci. Per non parlare poi dello spettro della pulizia etnica che aleggia nel Nord Iraq.
Shady Hamadi è uno studente di Scienze Politiche presso l’Università Statale di Milano