Diario Freedom Flotilla

Diario “italiano”

Sono tornata in Italia domenica sera insieme a Fernando Rossi. Volevo scrivere immediatamente un piccolo reportage delle nostre vicissitudini a Cipro nel tentativo di prendere il largo e raggiungere la nave “8000” della Freedom Flotilla, ma il senso di frustrazione per non essere riuscita – insieme agli altri rappresentanti politici e parlamentari europei – a salire sull'imbarcazione mi ha letteralmente bloccata.
Ero tempestata dal conflitto di sensazioni dato dal continuo accostamento della soddisfazione provata un anno fa con il successo della spedizione Hope Convoy a Gaza, con gli innumerevoli vani tentativi di salpare dall'isola cipriota, rincorsi via terra, via mare e con gli elicotteri dalle forze di polizia di uno stato che aveva rinunciato alla propria sovranità nazionale per assecondare il veto imposto da Israele sulla nostra partenza. Avevamo cercato di tentare in ogni modo, sia dal lato greco che da quello turco; dai porti principali o da piccoli porticcioli nascosti, spostandoci con vari taxi per non essere facilmente intercettati… ma nulla da fare.
Nonostante l'encomiabile impegno di Arafat Shoukri, leader della ONG European Campaign to End the Siege on Gaza per riuscire a congiungere il nostro gruppo con gli altri pacifisti, avevamo dovuto arrenderci…nessuna possibilità di lasciare l'isola. Addirittura, passando dalla parte turca a quella greca sulla strada del ritorno, le autorità cipriote del check point ci avevano bloccato perché secondo loro risultavamo essere transitati (il giorno precedente) in modo clandestino (alla faccia dei passaporti registrati e dei timbri di visto). La presenza di una giornalista russa si era rivelata provvidenziale a sbrogliare la matassa per consentirci di ritornare nella città di Larnaca dove avremmo in seguito preso il volo di ritorno. Il rientro era dunque imbevuto di sconforto e delusione.

Ma questo era davvero nulla rispetto alle ore che sarebbero seguite. Ho ricevuto un sms poco dopo le 23 che segnalava l'intercettazione della Flottiglia da parte delle navi militari israeliane. Ho immaginato cosa sarebbe successo: a Nicosia, eravamo stati preparati alle varie eventualità e il nostro gruppo, considerati i continui proclami e le dichiarazioni ufficiali israeliane, sapeva che avrebbe potuto essere circondato e ingiustamente arrestato, da chi si vantava di aver approntato ad hoc un moderno campo di concentramento per detenere l'intera flotta di pacifisti.

Poi lo shock, tremendo, indescrivibile. Un attacco assassino in acque internazionali: una strage di persone a bordo di una delle navi del convoglio umanitario, ma – per dovere di cronaca – un assalto durante il quale anche il capitano dell'imbarcazione che avremmo dovuto raggiungere è stato gravemente ferito. E immediatamente una valanga di sentimenti, un misto fra rabbia, rancore, preoccupazione per gli altri componenti della missione, disperazione, insieme ad una lucidissima constatazione: l'ennesima riprova dell'odio feroce e della disumanità sionista verso chiunque non accetti la trappola di tale regime. Le immagini trasmesse, viste e riviste: lo sgomento e quel nodo alla gola che rende tutto molto difficile, anche semplicemente cercare di informare sugli eventi. Il susseguirsi di telefonate e visite: giornalisti, radio, tv, amici, conoscenti, l'incapacità di riuscire a rispondere materialmente a tutti, la voglia di testimoniare e di correggere le informazioni approssimative o sbagliate che circolavano. Impossibile descrivere complessivamente la giornata di ieri.

Nonostante i ritmi molto sostenuti di queste giornate, vorrei rispondere ad una domanda che mi è stata rivolta nelle tantissime email ricevute o nelle interviste fatte: davvero è stato un attacco così criminale verso dei pacifisti o c'è stata una sorta di provocazione che ha indotto un tale atteggiamento da parte di Israele? Ci ho messo un po' a recuperare la calma necessaria per rispondere in modo diplomatico… ma capisco che per chi è abituato alla propaganda mediatica diffusa in Italia, per sostenere il vittimismo sionista, l'impatto con la realtà dei fatti sia molto duro. Ebbene, da mesi organizzazioni non governative, cittadini, associazioni di solidarietà e pacifiste, si erano impegnati nell'organizzazione di una grande spedizione internazionale di aiuti umanitari per la popolazione palestinese di Gaza, raccogliendo materiali per la ricostruzione, generatori di corrente, medicinali e attrezzature per ospedali, carta per le scuole. Succede più volte all'anno, grazie all'attivismo di tantissime persone in vari paesi del mondo, che hanno a cuore la vita dei Palestinesi. In questa occasione tantissimi paesi (USA, Venezuela, Irlanda, Inghilterra, Francia, Svezia, Norvegia, Italia, Germania, Grecia, Turchia, Bulgaria, Russia, Malesia, ecc…) hanno contribuito alla formazione della più massiccia spedizione umanitaria dall'inizio del feroce assedio su Gaza. Per Israele era fondamentale fermarla: il loro cieco odio contro i Palestinesi si è spinto sino alla follia criminale contro centinaia di pacifisti. Se questo convoglio, che ospitava anche decine di giornalisti di moltissime testate di tutto il mondo, fosse passato… si sarebbe rotto l'argine e le menzogne sioniste si sarebbero completamente palesate.

I prigionieri che gradualmente sono “deportati” (ho ripreso il termine proposto volutamente dagli stessi media israeliani quest'oggi) sono stati picchiati, incappucciati, hanno subito elettroshock. All'atto di pirateria in alto mare si è aggiunta quindi la palese violazione dei diritti di quanti a tutti gli effetti sono, o sono stati, prigionieri di Israele (nonostante i tatticismi linguistici dei rappresentanti istituzionali italiani che hanno respinto tale parola).

Mentre il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha condannato le azioni che hanno portato alla strage sulle navi, chiedendo il libero passaggio di persone e merci da/per Gaza, in Italia ci sono sedicenti giornalisti che – al pari dei militanti israeliani che festeggiavano la strage nelle piazze esultando avvolti nella bandiera bianco azzurra – si complimentano per un'operazione che è stata un vero e proprio atto di terrorismo per mano di Israele. Ma ancora peggiore è l'incredibile atteggiamento istituzionale del nostro Paese che, insieme a Stati Uniti e Olanda, ha appena votato contro la risoluzione del Consiglio dei diritti dell'uomo che chiede una “missione di inchiesta internazionale” sul blitz delle forze israeliane nei confronti della flottiglia di aiuti diretta a Gaza. Quindi Israele resta l'unica realtà nella quale non si può indagare sulla vendita e il traffico di organi, sulle bombe atomiche possedute e ora anche sull'incursione contro centinaia di pacifisti avvenuta in acque internazionali. A pensarci… c'è ben poco da festeggiare la Repubblica oggi: si tratta di un paese vassallo di USA e Israele, che mentre devasta ricerca, università, occupazione, lavoro, sanità, scuola, cultura e lascia affondare tragicamente il proprio popolo nella voragine della crisi, non cede di un millimetro nel buttare nel cesso milioni e milioni di euro per un accordo militare con Israele, ivi compresa la produzione di armi e l'addestramento congiunto delle truppe, intingendo le mani (in nome del Dio denaro e di un ombrello protettivo) nel sangue delle vittime assassinate dai sionisti.

Tuttavia, in queste ore l'embargo a Gaza, con l'apertura da parte dell'Egitto della porta di Rafah, è saltato; è costata tanti morti, tanti feriti, tanti sacrifici , ma questa è una grande vittoria umanitaria ed una bruciante sconfitta politica per Israele e per i governi e i partiti legati ai suoi interessi.

Ora la componente più potente della lobby sionista, così come i circoli più elitari della grande finanza e alcuni potenti esponenti del blocco militare-finanziario che decide la politica estera degli USA, danno segno di volersi liberare dell'attuale impresentabile governo israeliano.
Non sarà una impresa facile, poiché l'ideologia sionista non contempla arretramenti rispetto al progetto di genocidio dei palestinesi e della continua espansione territoriale dello stato sionista, verso la grande Israele che dicono essergli stata “affidata da Dio”.
C'è da augurarsi che l'attuale governo criminale di Israele non decida di giocare il tutto per tutto, come accadde con i massacri dell'operazione “Piombo fuso”, avvenuta nell'interregno Bush-Obama,
che tra i suoi obiettivi aveva anche quello di far capire al nuovo Presidente che le sue promesse elettorali andavano messe da parte e la Presidenza Americana non avrebbe avuto altre possibilità che seguire le decisioni di Israele.
Sono momenti e scelte importanti su cui possiamo influire solamente facendo crescere, con l'informazione e con una mobilitazione più unitaria possibile, la consapevolezza che occorre dire basta al potere del sionismo e dell'alta finanza internazionale.

Mentre ribadiamo il nostro impegno a collaborare con tutti coloro che intendono sostenere la liberazione di Gaza e della Palestina, vogliamo anche invitare gli italiani a riflettere sull'insegnamento di questa vittoria, comprendendo che anche noi italiani, ritrovando gli smarriti sentimenti e valori etici della dignità e della sovranità nazionale, possiamo e dobbiamo tornare ad essere un popolo libero e sovrano.

Monia Benini, Ferrara

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