di Leoluca Orlando
Siamo in tanti a sostenere, insieme all’ex presidente della Repubblica, Ciampi, che le stragi avvenute agli inizi degli anni novanta abbiano costituito per le istituzioni democratiche del nostro Paese una sfida e un periodo buio e delicato. È necessario che si faccia piena luce in sede giudiziaria su quella che rimane una pagina oscura della nostra storia. In tanti, da quasi vent'anni, andiamo ripentendo che fin quando non emergerà tutta la verità e non verranno colpiti i responsabili dentro e fuori le istituzioni, non solo sarà a rischio la credibilità dello Stato ma anche la stessa tenuta democratica dell'Italia. Il Paese, infatti, non può definirsi tale fino a quando ci saranno in ruoli di responsabilità uomini collusi e coinvolti in un disegno eversivo.
Inoltre sembra che i gerarchi del presidente del Consiglio temano che emerga la verità sulle gravi stragi mafiose degli anni '92 e '93″. Dal loro nervosismo e dagli attacchi scomposti ad un uomo al di sopra di ogni sospetto come l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, infatti, si evince che hanno la coda di paglia. Le parole di Ciampi, come quelle del procuratore Grasso, e del procuratore Vigna, sono importanti e devono essere accompagnate da grande responsabilità istituzionale e dalla ricerca della verità su un periodo nel quale la mafia aveva, in troppe occasioni e per troppe complicità, il volto dello Stato e lo Stato il volto della mafia. Lasciamo che i magistrati accertino quali entità istituzionali e politiche hanno determinato e hanno tentato di avvalersi, anche politicamente, di quell'intreccio criminale fra mafia e Stato. Mentre i giudici devono essere lasciati liberi di accertare le responsabilità di ieri, è inquietante che il presidente Berlusconi voglia impedire oggi che si faccia luce su quella pagina buia della nostra democrazia. Di cosa ha paura?
Di cosa hanno paura soprattutto Cicchitto e Quagliariello che insultano Ciampi e che dopo diciotto anni continuano a perseguire il progetto piduista che li ha visti comparse in carriera agli ordini di Licio Gelli? Questi personaggi piuttosto che denigrare la battaglia per la legalità di candidati sindaci come Diego Novelli a Torino, Nando Dalla Chiesa a Milano e Claudio Fava a Catania, dovrebbero ricordarsi che il movimento per la democrazia 'La Rete', all'indomani delle terribili stragi del ’92, ha organizzato in tutta Italia oltre cinquanta incontri pubblici per denunciare di città in città l'intreccio perverso di Pamm, politica, affari, mafia e massoneria. E ha poi concluso questa campagna nazionale davanti alla villa a Castiglion Fibocchi del grande venerabile Licio Gelli. Le comparse di ieri hanno fatto carriera e adesso cercano di impedire che si faccia verità e giustizia su quegli anni e che si sveli l'intreccio perverso tra mafiosi e uomini dello Stato.