Giovanna Canzano intervista ERNESTO ROLI
…“La letteratura classica, lungi dall’essere impostata in maniera estetica,
o semplicemente come una serie di racconti tanto per raccogliere consensi e compiacimento, era concepita, in realtà,
come un canovaccio da seguire per percorrere e seguire la strada degli dei”…. – “Per fare un esempio che ci riguarda direttamente, l’archeologia moderna, con tutte le scienze e le discipline ad essa correlate, riesce a scoprire mondi scomparsi e civiltà scomparse molti millenni fa, grazie alle citazioni non solo degli storici, ma anche a quelle dei filosofi, dei letterati, dei mitografi, degli epici e cosi via”… (Ernesto Roli)
CANZANO 1- Quali sono i motivi del tuo interesse per i classici?
ROLI – I motivi possono essere i più disparati. Possono essere motivi di ricerca storica, esistenziale, filosofica ed altri. Mi spiego meglio. Nel mondo antico noi ravvisiamo sempre una saggezza che oggi si ritiene perduta. Questo è il motivo per il quale l’approccio con il mondo classico ci dà la netta sensazione di un avvicinamento a conoscenze superiori di verità. Si nota, infatti, in questo mondo una saggezza oggi scomparsa, a meno che uno non voglia rifugiarsi nella fede o nella religione, le quali, però, danno sempre una risposta devozionale. La filosofia, invece, in genere induce l’individuo ad una ricerca diretta ed individuale della verità, anche se da questo punto di vista esistono diverse scuole. La conoscenza del mondo classico è importante anche da un punto di vista letterario, perchè nella letteratura greca e latina si hanno degli esempi di vita e comportamento ai quali l’uomo contemporaneo dovrebbe ispirarsi. La letteratura classica, lungi dall’essere impostata in maniera estetica, o semplicemente come una serie di racconti tanto per raccogliere consensi e compiacimento, era concepita, in realtà, come un canovaccio da seguire per percorrere e seguire la strada degli dei.
Un riferimento particolare meritano i classici da un punto di vista storico. Gli storici antichi contengono una serie di notizie ed informazioni che, se sapute interpretare, ci aiutano a capire il susseguirsi degli avvenimenti della vita dell’uomo in questi ultimi millenni. Per fare un esempio che ci riguarda direttamente, l’archeologia moderna, con tutte le scienze e le discipline ad essa correlate, riesce a scoprire mondi scomparsi e civiltà scomparse molti millenni fa, grazie alle citazioni non solo degli storici, ma anche a quelle dei filosofi, dei letterati, dei mitografi, degli epici e cosi via.
CANZANO 2- Perchè ami l’archeologia e la storia antica?
ROLI – Le civiltà antiche sono, in un certo senso, l’origine della nostra civiltà. Scoprire queste origini è un pò come scoprire noi stessi. Si cerca di andare il più indietro possibile, perchè ciò ci dà la sensazione di risalire alle nostre origini, per poter rispondere a mille domande, a mille misteri che interessano la nostra ricerca interiore. Conoscere l’origine dell’uomo e dei suoi comportamenti ci aiuta a conoscere i nostri modi di vita, anche se l’uomo moderno non sembra avere tanta voglia di imparare dai nostri antenati. L’archeologia e la storia antica ci aiutano a scoprire verità nascoste, mondi nascosti, usi e costumi abbandonati, caduti nell’oblio. Ci aiutano ad individuare cicli di arte antica, a scoprire tecniche che noi pensiamo di aver inventato oggi, mentre invece uomini vissuti migliaia di anni fa le avevano già sperimentate. Ci aiutano a guarire dai nostri mali, perchè forse gli uomini antichi erano più saggi e più esperti di noi in tante circostanze. Ci aiutano ad istituire un rapporto di solidarietà tra i popoli. Per esempio la scoperta delle civiltà del medio oriente, la scoperta della civiltà egiziana, di quella micenea, di Troia, la scoperta della civiltà nordico – indoeuropea, della Roma arcaica e di tante altre civiltà, hanno dato un contributo notevole al progresso tecnico scientifico, agli scambi economici, commerciali e turistici, alla conoscenza delle lingue e delle culture diverse dalla nostra. Un dato di fatto molto importante riguarda lo smarrimento dell’ uomo moderno. Questo uomo non trova nella vita economica e sociale di oggi un vero motivo per la sua esistenza e spesso si rivolge al passato, con l’anima, la mente e lo spirito, proprio di chi vuol trovare una risposta alla sua ansia.
CANZANO 3- Come sei approdato al mondo degli Ittiti?
ROLI – Essendo da sempre un appassionato del mondo romano ed italico e quindi anche degli Etruschi, ciò mi ha portato a ricercare proprio le origini dei Romani, che hanno sempre vantato origini troiane e quelle degli Etruschi, che hanno sempre vantato origini anatoliche. Proiettando quindi la mia ricerca in Asia Minore sono stato indotto a scoprire gli Ittiti, quali antenati del mondo indoeuropeo primordiale. Non bisogna dimenticare, infatti, che gli Ittiti costituiscono la prima civiltà indoeuropea del mondo antico, proprio in Asia minore. Studiando questa antica civiltà ma soprattutto la sua capitale Hattusa, mi sono reso conto che, in realtà, essa presenta delle caratteristiche storiche, geografiche e culturali che possono essere identificate con l’antica Ilios omerica. Inoltre il mio studio apre nuove e interessanti prospettive sulla scomparsa di questo antichissimo popolo anatolico.
Il mio studio, infatti, getta qualche sprazzo di luce su una regione poco studiata e su una parte di storia poco nota; quella che abbraccia il periodo che va dalla fine del XIII sec. agli inizi del XII sec. a. C. In questo spazio di tempo, secondo me, sono da collocarsi avvenimenti storici importantissimi, che sono da considerarsi la causa delle principali trasformazioni politiche del mondo antico. Questi avvenimenti, oltre la caduta di Creta e di Micene, sono essenzialmente il crollo dell’impero ittita, con la distruzione della sua capitale Hattusa e la migrazione dei così detti “Popoli del Mare”, che arrivano a minacciare persino l’Egitto. In questi ultimi episodi io ravviso la vera guerra di Troia, cantata in seguito da Omero nei suoi poemi.
CANZANO 4- Puoi approfondire il discorso?
ROLI – Certamente. Nocciolo del mio studio è, in effetti, la questione di che cosa si debba realmente intendere con Troia.
Durante la mia ricerca ho sempre tentato di dare una risposta alla domanda: chi sono gli Achei e chi sono i Troiani della tradizione? Meglio ancora: cosa si deve intendere con questi due termini? Ora se si prova a rispondere a questa domanda sulla scorta di Omero, la risposta è semplice. Gli Achei sono i Greci che vivono nel Peloponneso, in altre parole i Micenei dell’archeologia, e i Troiani sono gli abitanti di quella città chiamata Ilios o Troia da Omero, situata sulle coste della Troade e scoperta da Schliemann nel 1870. Questa però, secondo me, non è una risposta storica, bensì una risposta poetica, sentimentale, emotiva, convenzionale. Molti storici, in effetti, oggi nutrono seri dubbi sul fatto che la città scoperta da Schliemann sia effettivamente la Troia omerica. Ilios, infatti, non corrisponde alla descrizione che Omero ci dà della città: grande, opulenta e circondata da possenti mura e capitale di un vasto impero.
Per dare invece una risposta storica, bisogna indagare se nei poemi omerici esiste o no quel “nucleo storico” di cui tanto si parla tra gli studiosi e vedere in che cosa consiste. In poche parole bisogna indagare se i poemi omerici contengono una parvenza di storicità, al fine di poter affermare che non tutto è invenzione del poeta greco. Questo nucleo storico è stato ipotizzato da alcuni e respinto decisamente da altri. Questi ultimi hanno affermato, infatti, che i poemi omerici non sono altro che il frutto della fantasia di Omero.
CANZANO 5- E tu come hai risposto alla questione?
ROLI – Io, invece, ho risposto alla questione, affermando che nei poemi omerici esiste, in effetti, questo “nucleo storico” e che esso va ricercato nella storia egeo – anatolica degli ultimi decenni del XIII sec. e dei primi decenni del XII sec. Vediamo in cosa consiste.
Alla domanda di cui sopra, io ho pertanto risposto come segue: gli Achei sono popolazioni Egeo – Cretesi e i Troiani sono gli Ittiti. Troia in realtà è Hattusa, capitale dell’impero ittita, almeno nella fase che io chiamo “Prima guerra di Troia”. Si deve parlare, infatti, secondo me, di due città diverse con due nomi diversi: Hattusa da una parte e Ilios – Troia dall’altra, quindi di due guerre, unite sapientemente da Omero nei suoi poemi. Bisogna tenere presente, infatti, che la stessa mitologia greca parla di ben due guerre di Troia; la prima all’epoca di Laomedonte e la seconda all’epoca di Priamo.
Naturalmente queste affermazioni vanno dimostrate, ma soprattutto bisogna sgombrare il campo da alcune questioni e dare risposte ad alcune domande. In primo luogo bisogna rispondere alla domanda: come mai Omero usa due nomi, Troia e Ilios, per indicare la città fatidica? Gli studiosi di solito non danno risposte chiare in proposito. Alcuni, invece, affermano che con Ilios, Omero intende indicare la città e con Troia la regione. Secondo me ciò è vero, a patto però che Omero si sia ispirato alla topografia ittito – anatolica. Mi spiego. Gli Ittiti citano in Anatolia lo stato di Arzawa, di cui fa parte la città di Vilusa. Ebbene, secondo i miei studi, il nome Arzawa si trasforma in Artia e poi con la metatesi in Traia – Troia. Per concludere, Troia è il nome della stato e Vilios è il nome della città, derivato da Vilusa.
In secondo luogo se operiamo il semplice confronto archeologico tra la Ilios ufficiale e Hattusa, secondo me questo depone a favore di quest’ultima. Hattusa, infatti, è una grande città, ricca, famosa e capitale di un vasto impero. Ilios in realtà è un modesto centro in questo momento. Inoltre i Micenei non costituiscono certo una potenza in grado di minacciare gli stati anatolici. Pensare ad una guerra di così vaste proporzioni tra due realtà storico – politiche di scarso rilievo (Ilios e Micene) è poco credibile. Pensare che Micene possa organizzare una grande coalizione per vendicare l’onore di un re per il rapimento della sua donna, storicamente è ridicolo, poeticamente invece nò. I Micenei, in effetti, non hanno le potenzialità militari, politiche ed economiche per attaccare Troia (Ilios). Tanto meno sono una potenza marinara.
CANZANO 6- Ci puoi dire cosa si deve intendere, in realtà, con la “Guerra di Troia”?
ROLI – Sono gli stessi Ittiti e inoltre gli Egiziani a fornire le risposte.
Dagli archivi di Hattusa, le ultime tavolette in possesso degli archeologi, parlano dell’ultimo re ittita Suppiluliumas II (1190-80) e delle sue imprese. In questi documenti si parla di guerre da lui sostenute contro la così detta “Alleanza Occidentale”, una sorta di stati situati sulla costa egea dell’Anatolia, che si opponevano alla politica espansionistica ittita, e della conquista da parte sua dell’isola di Alasija. Dopo di che è la fine. Tutto tace. Solo gli Egiziani (Ramses III, nelle iscrizioni del Medinet Habu) affermano chiaramente che Hattusa è stata distrutta dai “Popoli del Mare”. Cosi, infatti, gli Egiziani chiamano i popoli dell’Alleanza. Ora Alasija come si è detto è un’isola, che gli studiosi identificano però con Cipro. Ciò è un grave errore, perché in realtà Alasija, secondo me, è Rodi. Essa, infatti, è l’isola contesa da Egeo – Cretesi (Achei) e Ittiti (Troiani); pretesto che in Omero diventa Elene (Elena), la bella principessa rapita dal troiano Paride, figlio di Priamo. L’ isola rappresenta una formidabile testa di ponte tra occidente e oriente, tra la civiltà cretese e quella ittita. Le fonti ittite, infatti, parlano spesso di guerre tra loro e stati occidentali per il possesso delle coste anatoliche e delle isole egee.
CANZANO 7- Poi cosa è successo?
ROLI – La risposta, come si è detto, la danno gli Egiziani.
Le fonti egiziane, infatti, parlano delle “Congiure degli Stranieri”, in seguito alle quali i “Popoli del Mare” invadono l’Anatolia, riconquistano Alasija e distruggono Hattusa, tentando poi di penetrare
in Egitto. Gli “Stranieri” in realtà sono gli Egeo – Cretesi (Achei) e sono loro che organizzano
una “Grande Coalizione” per ricuperare Alasija, invadere l’Anatolia e distruggere Hattusa.
Tutti questi avvenimenti, secondo me, non sono altro che la “Prima guerra di Troia”.
CANZANO 8- Gli studiosi a questo punto del problema si chiederanno: e la città scoperta da Schliemann nella Troade, cioè Ilios – Troia, che ruolo ha? Come rispondi?
ROLI – La risposta è che essa appartiene a quella che io chiamo “Seconda Guerra di Troia”. Mi spiego.
Intorno al 1020 essa è distrutta da coloni greco – eolici che contendono agli abitanti superstiti, dopo secoli di decadenza e distruzioni, il dominio sulle coste dell’Anatolia.
Questa seconda guerra, poco nota, ma che comincia a delinearsi solo ora, dati i recenti scavi archeologici a Troia – Ilios, fornisce ad Omero lo spunto per glorificare la nascente potenza
greca, assommando nel suo poema due città e due guerre. La prima è quella reale, quella vera, quella di grande portata (Hattusa, 1180), la seconda è quella modesta e occasionale, di poco conto (Troia – Ilios, 1020), sapientemente fuse insieme da Omero a scopo propagandistico, per esaltare le gesta dei coloni e delle genti eoliche che avevano in Achille il loro eroe.
CANZANO 9- E come sei approdato ad Omero?
ROLI – L’ approdo ad Omero è stato inevitabile. Una volta individuato il famoso “Nucleo Storico” in Omero, che consiste negli avvenimenti degli ultimi periodi della storia ittita, e cioè che la famosa guerra omerica di Ilios – Troia, in realtà corrisponde alla caduta di Hattusa, il conoscere il pensiero e l’ opera del sommo poeta greco mi è sembrato doveroso per capire cosa lui conosca effettivamente del mondo ittita e come ha impostato i suoi poemi.
Bisogna dire a tal proposito che Omero è un personaggio che esiste e non esiste. Omero in greco non significa nulla; anzi i Greci non sapevano nemmeno dove era nato. Dubitavano persino che fosse greco. Per capire il problema, bisogna approfondire un piccolo periodo di storia ittita.
Quando gli Ittiti fuggono dall’Anatolia, incalzati dai Popoli del Mare, una parte di loro si rifugia in Cilicia e in Siria dove danno origine ai c. d. regni neo ittiti. Uno di questi Adana, ora Karatepe in Cilicia, è il più probabile erede dell’archivio ittita. Qui convivono tre culture: quella ittito – luvia, quella greca e quella assiro – aramaica. Una città importante nel IX sec. Ebbene uno studioso austriaco, Raoul Schrott, ha fatto rilevare che qui esistevano degli scribi assiri, detti ben omerim. Pertanto i Greci d’Asia Minore si rivolgono ad uno di questi omerim e gli chiedono di cantare la loro guerra, quella contro Vilusa – Ilios. Questo omerim accetta, prende tutto il bagaglio storico anatolico, orale o in tavolette, arruola gli Ahhijawa (Achei) tra i Greci, si ispira alla letteratura
mesopotamica, diffusa dagli Assiri, incarica scribi greci a stendere materialmente l’opera, mette un pizzico di fantasia ed ecco l’Iliade e l’Odissea.
Lo Schrott, a dimostrazione della dipendenza di Omero dalla letteratura mesopotamica, cita gli studi di Walter Burkert, il quale dimostra l’assoluta uguaglianza tra episodi dell’Iliade ed analoghi episodi del poema L’epopea di Gilgames.
Attraverso questa lettura degli avvenimenti storici io rispondo implicitamente alla domanda sul perché gli storici greci non citano mai, ovvero non conoscono, né Hattusa, grande capitale di impero, né la civiltà ittita. La risposta, infatti, è che essi la conoscono attraverso gli avvenimenti della Guerra di Troia, che non è una guerricciola, bensì una guerra di portata geopolitica mondiale.
In questa maniera io confermo, inoltre, che lo scenario bellico troiano della tradizione omerico -virgiliana è prettamente egeo – anatolico.
CANZANO 10- Perchè hai scritto un libro su Omero?
ROLI – In realtà la parte principale del mio studio riguarda la caduta dell’impero ittita e della sua capitale Hattusa. Avendo intuito che questa, in realtà è la Troia omerica, ho dovuto necessariamente occuparmi di Omero. Me ne sono occupato per approfondire tutta una serie di problematiche che riguardano i suoi poemi, in quanto girano interpretazioni un pò singolari su di essi.
Ad esempio per quanto riguarda l’Odissea, circola voce che i siti del viaggio iniziatico di Ulisse non trovano riscontri nel Mediterraneo, per questo alcuni si sentono autorizzati a localizzarli in altri scenari. Invece, la non riscontrabilità dei luoghi omerici nel Mediterraneo, è dovuta al fatto che poco prima dell’anno mille, i Dori hanno sconvolto con la loro penetrazione nell’Egeo, tutta la topografia precedente. Omero, invece, grazie agli Ittiti conserva tale topografia. Pertanto, bisogna sapere cercare nell’Egeo, avvalendosi dell’aiuto del mondo ittita. Ed ecco che, alla fine, tutto torna, e la geografia omerica la troviamo al proprio posto. Ci vuole amore, passione. Bisogna conoscere la simbologia, i miti, i significati nascosti delle cose, ma soprattutto saper interpretare il messaggio che Omero ci trasmette, profondamente legato alla terra greca; altrimenti chi non sa cercare a casa propria, sarà costretto a cercare in casa altrui.
Per quanto riguardo l’Iliade, invece, alcuni pongono l’accento sui fattori climatici ed altri particolari. Ad esempio si fa riferimento all’abbigliamento dei combattenti descritto come se fosse invernale, addobbati con pesanti mantelli. Oppure, si parla di clima freddo e umido, di cielo tempestoso e altri particolari. Per questo si è posto lo scenario della guerra troiana nel nord, in Finlandia. Ma la mia interpretazione fa giustizia di tutto ciò, perchè, secondo me, la vicenda narrata da Omero in realtà si svolge sull’altipiano anatolico, ad oltre 1200 metri di altezza. Qui in inverno fa molto freddo e ciò spiega sia l’abbigliamento dei guerrieri, sia i riferimenti al clima perturbato. Non dimentichiamo inoltre che presso Hattusa, sorge un’alta montagna sempre innevata che è il monte Ida della tradizione.
CANZANO 11- Cosa accetti delle teorie nordiche e baltiche e che cosa non ti convince?
ROLI – Naturalmente faccio salva la serietà e la buona fede dei rispettivi ricercatori, che rispetto sempre. Comunque nonostante la diversità di localizzazione geografica, ci sono indubbiamente dei punti di contatto e di critica comune. Mi spiego. Quando si dice che nell’Egeo è difficile rintracciare un coerente percorso del viaggio iniziatico di Ulisse, questo è vero. Io, però, ho spiegato varie volte che ciò è dovuto al fatto che intorno all’anno mille a. C., i Dori penetrando nell’Egeo hanno
stravolto la terminologia topografica della regione. Per questo i ricercatori e gli studiosi di Omero dall’ottocento in poi, prima comunque della scoperta del mondo ittita, non ci si ritrovano con la
geografia omerica e ricostruiscono arbitrariamente il percorso del viaggio di Ulisse. Questo, però, non ci autorizza oggi giorno ad andare in giro per il mondo e a situare il proprio Ulisse e il proprio Omero in scenari esotici. Cosi facendo ogni angolo della terra presenta situazioni apparentemente simili a quelle descritte da Omero. Di assonanze linguistiche avvicinabili a quelle egee, inoltre, ce ne sono quante ne vogliamo. Un conto, però, sono le assonanze, un conto sono le etimologie e le discipline linguistiche. Anche io, da questo punto di vista, ho commesso diversi errori. Lo riconosco. Per tale motivo, sò quanto sia insidioso questo terreno. La comparazione, inoltre, si fa tra lingue antiche e lingue antiche, non tra lingue antiche e lingue moderne. Senza contare che poi gli abitanti della regione prescelta, fanno ponti d’oro al ricercatore di turno, pur di assurgere alla notorietà, e questi poi si illude. Un altro punto di contatto è la critica al sito dell’antica Troia. Da tempo, insigni studiosi hanno espresso dubbi sul fatto che la città scoperta da Schliemann sia effettivamente quella descritta da Omero, come ho già detto. Però mentre io resto in Anatolia e rintraccio la città che fà al caso di Omero, in quanto ricca, potente, con grandi mura e capitale di un vasto impero e cioè Hattusa, il cui crollo è documentato storicamente, altri preferiscono fortini da guerricciola da Far West, situati in Finlandia, perchè sanno che là, in effetti, non esistono le grandi cosruzioni del mondo egeo anatolico. Un altro punto di contatto è indubbiamente la scelta nordico indoeuropea dei protagonisti, cioè gli Elleni. Un conto è pero farli venire dalla Scandinavia, dove in realtà là non ci sono mai stati, un conto è farli venire da regioni più consone al loro linguaggio, e cioè dal centro Europa. Pensare che gli Achei siano partiti dalla Finlandia dopo una guerricciola e poi sono andati in Grecia dove hanno fondato la civiltà micenea, mi sembra un pò troppo. Un altro punto di contatto con loro sono i riferimenti ai miti nordici, artici ed iperborei, esaminati da Wirt, Tilak, Guenon, Evola ed altri, sui quali siamo d’accordo, anche se, secondo me, non è facile localizzarli da un punto di vista temporale. In poche parole nello scenario omerico questi miti non c’entrano nulla. Dopo di che le similitudini sono finite. Ho l’impressione infine che gli autori baltici si siano illusi che gli Achei, emigrando dalla Scandinavia per arrivare in Grecia, si sono portati con se la geografia nordica nel Mediterraneo. In realtà sono i loro autori che inconsapevolmente, hanno trasportato nel nord la geografia mediterranea.
Da un punto di vista poi della loro localizzazione dello scenario omerico nel nord è inutile dire che non condivido alcunchè.
CANZANO 12- In recenti convegni si è parlato di Evola e di A. Romualdi. Cosa ci puoi dire in proposito?
ROLI – Ho conosciuto Adriano Romualdi nei primi anni sessanta. Siamo diventati amici perchè entrambi ci interessavamo di studi di storia antica, di archeologia e di indoeuropeistica. In generale studiavamo le origini dei popoli indoeuropei e in particolare dei Latini, dei Greci, degli Ittiti, dei Germani e di altri. Inoltre, eravamo interessati anche alle origini degli Etruschi, come popolo italico. Adriano era più anziano di me e naturalmente molto più preparato ed esperto. Tuttavia, aveva molta stima in me e spesso passavamo intere giornate a parlare dei singoli popoli e delle loro origini; inoltre delle migrazioni e delle civiltà indoeurepoee. Io spesso gli suggerivo ipotesi di soluzioni a vari problemi, che lui accettava riconoscendomi il merito. Quando ha pubblicato la corposa introduzione al libro di H. F. K. Gunther: “Religiosità indoeuropea”, mi ha chiesto la collaborazione. Insieme abbiamo letto le bozze e io qualche suggerimento glielo ho potuto dare. Ho l’orgoglio di affermare che parte di me esiste in quel saggio. Il libro fu apprezzato sia da G. Devoto che da Evola. Devoto è tuttora il più grande indoeuropeista italiano; quello più vicino alle nostre tesi. Nulla a che vedere con i vari Semeraro. Dopo la scomparsa di Adriano, io ho proseguito le sue ricerche approfondendo l’origine dei Latini e degli Etruschi. Studi che ho in cantiere. Per questo ho affrontato il problema degli Ittiti, dato il legame storico e mitico che lega questi popoli. Adriano amava gli Ittiti in maniera particolare, perchè sosteneva che avevano costituito la prima civiltà indoeuropea nel modo antico e che si erano sacrificati per difendere l’Europa dagli influssi asiatici.
Adriano era un uomo pratico e concreto, che si è sforzato di diffondere in un certo ambiente, la conoscenza delle civiltà indoeuropee da un punto di vista scientifico, storico, archeologico e spirituale. Non certo le fantasie e le astrattezze cui, a volte, portano i miti, se non saputi correttamente interpretare da menti pratiche, come ad esempio Evola. Di questo lui né era convinto, ed è vero. Alcuni, infatti, appena sentono parlare di Artico, di Nord, di Iperborei, si entusiasmano in maniera irrazionale e accettano qualsiasi tesi, senza riflettere sui possibili tranelli.
Dispiace infine constatare come tanti “amici”, appartenenti alla sua generazione e che anno conosciuto i suoi scritti e la sua autorità in materia di indoeuropeistica, oggi giorno abbiano dimenticato i suoi insegnamenti, per inseguire strani mitomani che di scientifico non hanno alcunchè.
Per quanto riguarda Evola, io l’ho conosciuto tramite Adriano. Spesso eravamo a casa sua a Corso Vittorio, dove parlavamo di problemi esistenziali e di problemi storici ed archeologici. Si complimentò con Adriano per il suo libro, tanto che ne fece una recensìone. Evola, strano a dirsi, era uno studioso molto realista. Alcuni, recentemente, se ne sono appropriati in maniera indebita. E’ poco serio tirarlo per la giacca per cercare di dare una patente di leggittimità alle proprie tesi. Al contrario Evola non avrebbe mai condiviso tesi fantasiose e non scientifiche. E’ stato l’unico, infatti, a saper coniugare mito e scienza. Sapeva che ai miti in se, non è facile dare una collocazione temporale, ma con la sua conoscenza dei dati scientifici ed archeologici, ha saputo equlibrare le due cose. Per i miti vi è il tempo mitico, per la scienza vi è la cronologia, anche se difficile da interpretare. Evola conosceva perfettamente l’archeologia nordica. Conosceva i vari archeologi tedeschi e le loro teorie. Conosceva H. Gunther, G. Kossinna, H. Krahe, W. Darrè e tutti gli altri. Conosceva G. Devoto e altri archeologi indoeuropeisti italiani e stranieri e alla fine condivideva la posizione centro nord europea della formazione dei popoli indoeuropei, come da me esposto e da Adriano sostenuto. Mai avrebbe avvallato la tesi della origine degli Elleni dalla Scandinavia.
BIOBIBLIOGRAFIA
Ernesto Roli è nato in provincia di Bologna nel Settembre del 1943. Architetto ed ex insegnante di Disegno e Storia dell’Arte presso il Collegio Nazareno di Roma, da sempre è appassionato di archeologia ed ha partecipato a diverse campagne di scavo nell’Etruria meridionale insieme ad associazioni volontaristiche, approfondendo nel contempo il problema delle origini degli Etruschi e dei Latini. Studioso di Storia Antica, si è interessato in particolar modo al problema della formazione e della diffusione dei popoli e delle lingue indoeuropee. Numerosi sono gli articoli e i saggi pubblicati su questi argomenti in riviste e giornali specializzati. Contemporaneamente ha affrontato il problema della caduta dell’impero ittita e della geografia omerica, le cui conclusioni sono contenute nel volume da lui scritto: “La caduta dell’impero ittita e la guerra di Troia – Omero nell’Egeo”. Il Roli si è reso conto che nella Storia Antica esiste un momento poco noto e poco chiaro, comprendente il XIII e il XII sec., nel quale nemmeno gli studiosi specialisti in materia riescono a dare risposte esaurienti, circa la caduta dell’impero ittita e la distruzione della sua capitale: Hattusa. Mancano risposte chiare inoltre al problema, che cosa si debba realmente intendere con la “Guerra di Troia” e a quello, chi siano realmente i c. d. “Popoli del Mare”; queste misteriose popolazioni che hanno completamente alterato i vecchi equilibri del Mondo Antico, dall’Egeo, all’Anatolia sino all’Egitto.
A queste domande il Roli pensa di aver dato risposte concrete, che mutano sostanzialmente il quadro delle nostre conoscenze in materia.
Essendo nel frattempo esaurita la prima edizione del suo libro, l’autore ne sta curando una seconda edizione riveduta, corretta ed ampliata.
In qualità di architetto e di urbanista ha in corso di pubblicazione un approfondito studio sulla topografia del Foro Romano e del Palatino.
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Giovanna Canzano – © – 2010