Oltre 120mila adesioni alla manifestazione “No bavaglio” che oggi presidia Montecitorio a Roma. E la maggioranza è costretta a ripensarci: nessun inasprimento di pena per i cronisti indisciplinati
Nonostante i docili ripensamenti della maggioranza, oggi si scende in piazza. La pressione esercitata dall’opinione pubblica e dalla mole di emendamenti presentati dall’opposizione al ddl intercettazioni ha avuto l’effetto di modi- ficarne in parte la forma. Meno, tuttavia, la sostanza. Intanto si potrà conoscere dei fatti giudiziari, per quanto possibile, soltanto a cosa avvenuta. Sono stati riconfermati il rinomato emendamento D’Addario (in versione moderata) che vieta registrazioni non autorizzate tra presenti, la norma che impedisce le riprese durante i proce ssi e il divieto di diffusione di qualsiasi atto fino al termine delle indagini preliminari. Restano anche le sanzioni a carico di editori (dai 64.500 ai 464.700 euro per ogni pubblicazione illecita) mentre per i giornalisti, se si aprono i cancelli del carcere, le pene invece non dovrebbero raddoppiarsi. È di ieri il passo indietro sull’inasprimento delle sanzioni a carico dei cronisti ( ferme, così, all’arresto fino a 30 giorni o dell’ammenda da 2 a 10mila euro) che, comunque, oggi presidieranno Montecitorio insieme al popolo della rete.la manifestazione è fissata per le 14 davanti alla Camera e ha raccolto l’adesione di circa 120mila persone, tra costituzionalisti, associazioni della stampa, sindacati, politici e molti, moltissimi cittadini. Da uno speaker’s corner, fanno sapere gli organizzatori, «ciascuno potrà manifestare il proprio dissenso» aumentando la stretta su un testo che lunedì in serata dovrebbe lasciare la comm issione Giustizia, per un primo passaggio al senato e la successiva conferma della Camera. ad essere colpita ai fianchi è la possibilità stessa di ricostruzione della verità: da un lato, una forte limitazione alla capacità di indagine; dall’altro, un sonoro schiaffo alla diffusione delle notizie. sul primo
fronte, poi, restano il vincolo della «indispensabilità ai fini delle indagini» di un’intercettazione che dovrà essere autorizzata dal Tribunale collegiale, i tempi di proroga ristretti a 15 giorni e, nei casi in cui si sospetta di un parlamentare o di un sacerdote, rispettivamente il preventivo assenso delle Camere e la comunicazione all’autorità ecclesiale. «Certamente si tratta di bilanciare interessi diversi, come la riservatezza – ha commentato il segretario di Magistratura democratica Rita san lorenzo – ma l’intercettazione telefonica è uno strumento irrinunciabile. Molti colleghi stanno rilevando quali e quanti processi non avrebbero mai avut o inizio per colpa di questa riforma ». «non avremmo mai saputo dei tanti scandali che stanno emergendo – ha riconosciuto angelo Bonelli dei verdi -, comenon avremmo saputo che la notte del terremoto in abruzzo qualcuno festeggiava per gli appalti mentre gli abruzzesi erano sotto le macerie». “Tangentopoli”, “Bancopoli”, “Calciopoli”, “vallettopoli”, “Mafiopoli”, “affittopoli”, tutte ricostruite grazie al prezioso strumento. il «medioevo prossimo venturo» di cui parla il procuratore antimafia antonio ingroia nel recente scritto C’era una volta l’intercettazione, costringerà a ritornare alle “indagini tradizionali” dell’epoca incerta del pentitismo e dei lunghi e onerosi pedinamenti. Da ieri, a Palermo, un convegno di personalità del mondo della magistratura e della società civile è tornato a ricordare, alla vigilia del 18esimo anniversario della strage di Capaci che ricorre domenica. l’attentato sì, ma anche «il clima di iso lamento e denigrazione», ieri rievocato da Maria Falcone, patiti da chi, inquirente, ha fatto propria la missione della lotta alla mafia. Coincidenza vuole che, quest’anno, dal tavolo palermitano si sia alzata una nuova voce d’allarme. Quell’ostruzionismo oggi è rafforzato dalla approvazione di leggi che, come ha commentato Presidente distrettuale dell’anm antonino Di Matteo, «rischiano di minare l’autonomia della magistratura individuale alla rassegnazione e all’accettazione del fine ultimo e inconfessabile del ceto politico che vuole limitare il controllo di legalità». il riferimento al ddl intercettazioni è ancora un avolta obbligato e vale a ricordare che, nonostante i proclami del Guardasigilli, la riforma si ripercuoterà negativamente anche sulla persecuzione dei reati di mafia.
Dina Galano
TERRA