De Magistris: Il sacco della Rai

di Luigi De Magistris, da luigidemagistris.it

Questa è la Rai bellezza, non è la BBC! E’ recente la notizia che la maggioranza azionaria di una società di produzione televisiva, la quale riceve commesse dalla televisione di Stato per una cifra consistente annua, sarebbe della suocera del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Una notizia che non ci sorprende più di tanto. Lo scenario scandaloso della torta Rai in cui molti affossano le mani è noto da tempo. E a pagarne le conseguenze sono i soliti noti: i cittadini che pagano il canone e i lavoratori della stessa tv pubblica.
La governance Berlusconiana che ha preso il potere in Rai quest’anno non pagherà agli operai, impiegati e quadri, il “premio di risultato”. Mentre, ai giornalisti e dirigenti sarà normalmente corrisposto (?).
In uno scenario nazionale gravissimo per quanto riguarda il mondo del lavoro, in cui molti perdono l’impiego e sono costretti ad azioni disperate per salvare il loro futuro e quello delle loro famiglie; di precari e disoccupati; la questione premio, di per sé, non andrebbe neppure presa in considerazione. Non c’è ancora il pericolo che i dipendenti Rai finiscano in strada, anche se il rischio si fa sempre più concreto.
Tuttavia l’occasione merita una particolare attenzione poiché stiamo parlando dell’azienda televisiva che è la diretta concorrente di Mediaset, principale società dell’impero economico-mediatico di Berlusconi. Ed i suoi fedelissimi servitori, piazzati nei posti chiave della tv pubblica, lavorano alacremente per gli interessi del padrone. Fanno, in poche parole, il cosiddetto “lavoro sporco”. Ancora una volta il conflitto d’interessi del presidente del Consiglio, enorme per quanto riguarda il settore televisivo, entra in scena schiacciando i diritti dei lavoratori e il liberismo economico e produttivo del Paese. E ci fa anche comprendere come operazioni sbagliate, apparentemente dettate da incapacità, siano invece ben pianificate e messe in pratica con grande abilità.
Il MOL ( Margine Operativo Lordo) è l’indice previsionale che stabilisce la differenza tra entrate e uscite del gruppo RAI. Il CdA, un anno prima, fissa un obiettivo economico che se centrato dà il via libera alla corresponsione del premio di risultato. Per il 2009 tale obiettivo non è stato raggiunto. Questo non perché i lavoratori siano stati negligenti ma per scelte dirigenziali che oggi si abbattono negativamente su di loro e sui conti, disastrati, della Rai. Nelle casse dell’azienda, per decisione del direttore generale Mauro Masi, non sono entrati, per esempio, ben 70 milioni di euro dell’accordo con Sky (un caso che sia l’altro grande competitor delle aziende televisive di Berlusconi?). Una cospicua somma rifiutata dal direttore generale senza alcuna plausibile spiegazione.
Ma è lo spreco di denaro, a vari livelli, della televisione pubblica lo scandalo che non ha eguali. Una serie infinita di appalti produttivi concessi a società esterne (sulle quali bisogna aprire al più presto un’attenta indagine per accertare a chi fanno riferimento), la miriade di consulenze, i compensi d’oro pagati a improponibili personaggi dello spettacolo, l’assunzione di nuovi dirigenti, giornalisti, direttori di telegiornali; le tantissime produzioni televisive create ad hoc per gli amici degli amici che costano tanto, fanno registrare indici di ascolto da prefisso telefonico e non sono per niente in linea con i parametri di un servizio pubblico che si rispetti. Ed infine la cancellazione, la sospensione o nel migliore dei casi il ridimensionamento di programmi di informazione non graditi al potere (“Annozero”, “Ballarò”, “Che tempo che fa”, per citarne alcuni) nonostante essi registrino un alto gradimento e attraggano investimenti pubblicitari.
Questo è lo sconcertante scenario in cui la televisione pubblica, finanziata anche dal canone, sprofonda. Un “sacco” di cui sono responsabili anche i governi precedenti e la gran parte della classe politica la quale non ha dato mai seguito, per convenienza e per interessi diretti, come dimostra la notizia di cui ho detto in apertura, a liberare la Rai dall'egemonia e controllo politico.
Il direttore generale Masi, sempre lui, parla di un deficit che supererà i 600 milioni di euro entro il 2012. Un annuncio, a cui però non seguono iniziative per un reale contenimento dei costi, se non quelle minimali a carico dell’anello più debole: i lavoratori.
Terribile previsione quella del dg della Rai la quale, se si dovesse confermare, porterebbe al tragico epilogo dei libri contabili in tribunale, ovvero il fallimento. Allora sì che le truppe berlusconiane potranno parlare di: missione compiuta.

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