Di Mario Lettieri* e Paolo Raimondi**
Sulla crisi greca e sull’inevitabile intervento di aiuto si è già perso troppo tempo in chiacchiere,
rischiando di far precipitare l’Europa e il mondo in una grave crisi economica e politica.
Purtroppo, la leadership europea, e in primis quella tedesca, ha mostrato irrazionalità e incertezze. La Germania sembra volersi fare del male. Ma non si torna indietro sulla strada dell’Unione Europea.
Intervenire a sostegno della Grecia non vuol dire avallarne le furbizie e gli errori, ma affrontare gli effetti della crisi sistemica in un paese dove vivono milioni di persone, dove, comunque, c’è un’economia, anche se fragile, molto più importante della situazione bancaria.
Si sa che le necessità finanziarie greche sono enormi: 45 miliardi di euro nell’immediato, ma potrebbero arrivare a 100-130 miliardi nel periodo di 3 anni. Il Portogallo ha un buco di almeno 40 miliardi. Anche la situazione spagnola è grave, con titoli di stato da rifinanziare per 350 miliardi di euro, frutto della speculazione immobiliare, che è stata promossa anche dalle banche europee e internazionali.
La crisi riguarda l’intero sistema. A fine 2008, la Germania aveva stanziato 480 miliardi di euro per operazioni di salvataggio delle proprie banche. Per salvare la Royal Bank of Scotland, il governo inglese aveva messo sul tavolo circa 50 miliardi di euro. Per Fortis, la finanziaria olandese e belga, ci sono voluti più di 11 miliardi. Solo per evitare la bancarotta del colosso delle assicurazioni AIG, gli Usa avevano messo in campo 180 miliardi di dollari. E per garantire la solvibilità di Citi Group, nel periodo 2008-9 le autorità americane hanno messo a disposizione 300 miliardi di dollari!
Certo la crisi greca è aggravata dalle falsificazioni del bilancio statale, a cui la Goldman Sachs non è stata estranea.
Si ricordi che l’interno Pil della Grecia è di 250 miliardi di euro e quello del Portogallo di 180 miliardi. In gioco non ci sono solo numeri, ma oltre 20 milione di persone, con le loro vite, con il loro lavoro e con le loro aspirazioni. Parlare di “contagio greco” è fuorviante. La Grecia non contagia nessuno. E’ il sistema finanziario che ha generato virus infetti e una pandemia globale. E come tale va anche affrontata da parte di tutti.
Ovviamente il debito pubblico greco dovrà essere finanziato ad un tasso di interesse ragionevole e ristrutturato con scadenze a più lungo termine. I governi europei dovrebbero sollecitare le banche coinvolte, previa loro garanzia, ad accettare tale ristrutturazione e tali condizioni. Si ricordi che i titoli di stato greco sono detenuti per 80 miliardi dalle banche francesi e per 45 miliardi di euro da quelle tedesche. Il crollo del valore di questi titoli, eventualmente seguito da altri paesi, metterebbe in crisi la stessa Banca Centrale Europea, che ha nel suo portafoglio ben 200 miliardi di titoli di stato europei.
Se l’intervento finanziario è urgente per tentare di stabilizzare il sistema finanziario e bancario, è sicuramente necessario attivare le politiche di rilancio e di modernizzazione dell’economia reale della Grecia e dell’Unione Europea.
Il governo greco e le autorità europee sono impegnate a definire i tagli di bilancio per riportare i conti sotto controllo. Vanno bene i risparmi mirati e opportuni, ma toccare le pensioni e i salari non è la via d’uscita, al contrario è la molla di uno scontro sociale e, riducendo i consumi interni, aggraverebbe la crisi.
Riteniamo che un ruolo fondamentale possa essere svolto dalla rete europea delle Casse Depositi e Prestiti che hanno approntato degli strumenti adatti a finanziare investimenti e grandi progetti nelle infrastrutture, nei trasporti, nelle comunicazioni, nella R&S, ecc.
L’Europa deve accelerare i provvedimenti di riforma del sistema finanziario globale. Perchè, mentre alcuni paesi rischiano la bancarotta, le grandi banche sono tornate a profitti stratosferici. Ma se le economie non crescono, da dove vengono questi profitti? Vengono da operazioni finanziarie e speculative che sono il cancro dell’economia.
*Sottosegretario all’Economia nel governo Prodi ** Economista