Una riflessione
«Eccomi qui, io, Guaicaipuro Guauhtémoc, discendente di quelli che popolarono l'America quarantamila anni fa, i Mongoli, che attraversarono lo stretto di Bering. Sono venuto a trovare quelli che la trovarono cinquecento anni fa, gli Europei. Il fratello usuraio europeo mi chiede di pagare un debito contratto da Giuda, cui mai ho dato l'autorizzazione a vendermi. Il fratello avvocato europeo mi spiega che ogni debito si paga con interessi anche se si vendono esseri umani e paesi interi senza chiedere loro il consenso. Ma anch'io posso esigere interessi!
Nell'archivio delle Indie risulta, carta su carta, ricevuta su ricevuta, che soltanto tra il 1503 e il 1660 arrivarono a Sanlúcar de Barrameda, in Spagna, 185mila chili d’oro e 16 milioni di chili d’argento provenienti dall'America… punto di partenza del capitalismo e dell'attuale civiltà europea… Questi 185mila chili d’oro e i 16 milioni di chili d’argento devono essere considerati come il primo di tanti prestiti amichevoli dell'America per lo sviluppo dell’Europa…
Le favolose esportazioni di capitale non furono altro che l'inizio di un “Piano Marshall-zuma” per garantire la ricostruzione della barbara Europa, rovinata dalle sue deplorevoli guerre. Una sorta di Piano Marshall, come quello che dal 1945 sfamò l'Europa che usciva dalla guerra, viene offerto dagli Indios, di cui l'imperatore azteco Montezuma, che accolse Cortés con doni ricchissimi, può essere il simbolo: un piano, quindi, “Marshall-zuma”!
Per questo possiamo domandarci: i fratelli europei hanno saputo fare un uso ragionevole, responsabile o per lo meno produttivo delle risorse così generosamente anticipate dal nostro Fondo Indoamericano Internazionale? Sul piano finanziario sono stati incapaci, dopo una moratoria di cinquecento anni, sia di azzerare il capitale o gli interessi, sia di rendersi indipendenti dalle rendite di liquidità, dalle materie prime e dall'energia a buon mercato che il Terzo Mondo esporta per loro. Questo deplorevole quadro conferma l'affermazione di Milton Friedman, il grande economista liberista americano, secondo cui un'economia sussidiata non potrà mai funzionare. Questo ci obbliga, per il loro bene, a richiedere il pagamento del capitale e degli interessi che così generosamente abbiamo aspettato a riscuotere durante tutti questi secoli.
Dicendo questo vogliamo anche mettere in chiaro che non ci abbasseremo a chiedere per l'oro e l'argento prestato ai fratelli europei i vili e fluttuanti tassi di interesse del 20 per cento e anche del 30 per cento che i fratelli europei esigono dai popoli del Terzo Mondo. Ci limitiamo a esigere la restituzione dei metalli preziosi che abbiamo versato in anticipo, al modico interesse fisso del 10 per cento annuo, accumulato durante i soli ultimi trecento anni.
Su questa base e applicando la formula europea dell'interesse composto, informiamo gli Scopritori che ci debbono soltanto, come primo pagamento del debito, un insieme di 185mfla chili di oro e di 16 milioni di chili di argento elevato alla potenza di tremila. E cioè un numero che per scrivere completo sarebbero necessarie più di trecento cifre e il cui corrispondente in metallo supererebbe di molto il peso della Terra…
Addurre che l'Europa in mezzo millennio non ha potuto produrre ricchezze sufficienti per cancellare questo modico interesse sarebbe ammettere il suo assoluto fallimento finanziario e la demenziale irrazionalità dei presupposti del capitalismo…
Ma una cosa esigiamo: che adempiano ai loro impegni attraverso un'immediata privatizzazione o riconversione dell'Europa! »