Quale correlazione tra immigrazione e criminalità ? Analisi sociologica del fenomeno

Le opinioni comuni sono attraversate continuamente dalla convinzione che la criminalità sia alimentata dall'immigrazione. In modo particolare, si ritiene che l'immigrazione provochi sempre un aumento dei reati nel Paese di destinazione; che il forte aumento della criminalità registrato in Italia nell'ultimo decennio sia stato causato dagli immigrati; che oggi gli immigrati nel nostro Paese commettano alcuni reati più frequentemente degli italiani. Così, l'evento criminoso che vede protagonista l'immigrato finisce per avere una risonanza che altre tipologie della vita comunitaria non hanno e contribuisce a diffondere un generalizzato senso di sfiducia nei confronti degli stranieri.
In verità, il rapporto tra immigrazione e criminalità è una questione difficile, delicata e, certamente, più complessa di quanto le letture propongono.
Se possiamo considerare naturale che l'immigrazione determini sempre l'aumento dei reati nel Paese di destinazione, al pari di quanto avviene per il numero delle nascite, dei decessi, dei matrimoni, non è, invece, così pacifico che l'aumento della criminalità in Italia nell'ultimo decennio sia stato causato dall'intensificarsi dell'immigrazione, né tanto meno che gli immigrati commettono alcuni reati più frequentemente degli italiani. Sul punto occorre soffermarsi e compiere indagini specifiche, valutando diversi aspetti. L'eccezionale aumento della criminalità in Italia in effetti vi è stato, ma esso ha avuto luogo già dalla prima metà degli anni '70, quando, cioè, i processi migratori erano agli inizi. È anche vero, però, che in quest'ultimo decennio la quota degli stranieri implicati in fatti delittuosi è continuamente cresciuta.
Questo incremento, tuttavia, nonostante si sia verificato per la gran parte dei reati e le diverse forme in cui sono stati commessi (lievi o gravi, commessi da singoli o da gruppi, espressivi o strumentali), non si è avuto per tutte le tipologie né per tutti i livelli a cui vengono svolte le attività illecite. Si tratta di quei reati per la cui commissione è richiesta una posizione qualificata all'interno del sistema di stratificazione sociale e che, pertanto, escludono gli immigrati che si trovano ancora ai gradini più bassi.

Questa situazione, però, non deve far pensare che nel sistema criminale gli stranieri occupino solo le posizioni più basse, dequalificanti e meno remunerative. Se è vero che vi sono reati che continuano ad essere appannaggio della criminalità italiana, è anche vero che esistono delle zone di “comunicazione”, settori illeciti in cui si assiste ad un progressivo inserimento degli immigrati anche ai livelli superiori ed addirittura settori esclusivi della criminalità straniera.

D'altra parte, anche quando vi è stato un aumento del numero dei reati commessi dagli immigrati, questo, però, non hanno seguito un percorso parallelo all'intensificarsi del fenomeno immigratorio. Infatti, alcuni reati hanno avuto andamenti ciclici, con fasi di forte espansione nei primi anni di immigrazione e successive contrazioni e riprese negli anni più recenti. Inoltre, vi sono intere classi di reato che hanno fatto registrare aumenti notevoli anche tra gli stessi italiani, e che pertanto non si presentano come un problema specificamente straniero.
Occorre, poi, tener presente che la popolazione immigrata ha una composizione per sesso ed età diversa da quella italiana, nel senso che è più giovane ed ha una quota di maschi più elevata. Questo elemento strutturale è di fondamentale importanza nell'analisi dei fenomeni criminali, in quanto il genere e l'età assumono un peso determinante nella propensione al crimine. Seguendo questo metodo si potrà verificare, ad esempio, se a parità di sesso ed età gli immigrati commettono più (o meno) spesso alcuni reati rispetto agli italiani.

Il fatto è che, nel complesso rapporto che lega l'immigrazione alla devianza sono da considerare numerose variabili, che vanno dalla parzialità dei dati statistici alle caratteristiche di genere, età ed etnia di appartenenza delle persone coinvolte, dalla specificità delle attività criminali alla condizione giuridica dell'immigrato, dalle motivazioni socio-psicologiche della devianza alle varie forme di sfruttamento. Pena, il rischio di compiere un'analisi parziale, alla stregua di chi volesse estendere i tassi di criminalità italiana dalle aree dov'è patologicamente più diffusa, al resto del Paese.

Da un metodo di analisi di questo genere, è emerso una triplice fisionomia della devianza straniera, una a carattere, per così dire, “simbolico o motivazionale”, in sintonia con le “esigenze espressive e i bisogni comunicativi dell'immigrato”; l'altra, riferita soprattutto alla precarietà delle condizioni di vita; ed, infine, una legata allo sfruttamento cui gli immigrati sono sottoposti.

Il problema è che questi tre livelli di devianza non sono più così facilmente distinguibili tra essi, a causa della crescente “influenza” che le organizzazioni criminali esercitano sui comportamenti devianti degli immigrati. Influenza tanto più forte quanto maggiore è il loro coinvolgimento, diretto o indiretto, nelle operazioni di traffico e di sfruttamento dei migranti. Segnali inequivocabili di quest'influenza sono l'entità dei flussi migratori clandestini, il coinvolgimento della componente irregolare nella quasi totalità dei reati commessi da stranieri, l'aumento dello sfruttamento della prostituzione, i numerosi casi di sfruttamento minorile, l'incremento dei reati associativi.

Ma anche gli aumenti di una serie di reati che finiscono per essere attratti nell'area della criminalità organizzata: così, il furto, la rapina, l'estorsione, lo spaccio di droghe, ed alcuni reati connotati dal ricorso alla violenza, sembrano essere espressione di una “devianza indotta”. Insomma, quanto maggiore è l'organizzazione dei gruppi che si dedicano all'immigrazione illegale, tanto maggiore sarà la probabilità dei migranti di essere introdotti in circuiti criminali paralleli. Il tutto reso possibile da un diversificato sistema di violenze ed abusi.

Allora, dunque, bisogna prendere coscienza che l'immigrazione è un prodotto del nostro tempo, e che la criminalità non va vinta con l'improbabile ed inaccettabile pretesa della chiusura delle frontiere o dell'espulsione di massa, ma attraverso adeguate politiche d'accoglienza e d'integrazione. Ma occorre, soprattutto, un'evoluzione culturale tesa a correggere l'errore di ritenere l'immigrato estraneo alla “collettività da difendere”, finendo in tal modo per escludere proprio “ciò” che va “incorporato”. Non si deve dimenticare, insomma, che l'obiettivo supremo di tutela dell'integrità della persona non può cedere alle faziose ideologie di esigue minoranze.
È su questo terreno che si gioca la carta della prevenzione del disagio e della devianza.

Dati disponibili, dimostrano che la criminalità è appannaggio principalmente di chi si trova nel nostro Paese in una situazione di irregolarità: ad esempio, sul totale dei cittadini extracomunitari denunciati per vari delitti, quelli senza permesso di soggiorno sono oltre il 70% per le lesioni volontarie, il 75% per gli omicidi, l'85% per i furti e le rapine.

Inoltre, se si considera che una parte degli irregolari è composta dai clandestini, sarà facile immaginare che l'immigrato irregolare, già all'ingresso, o al momento dello scadere del permesso di soggiorno o del visto, entra in contatto con realtà criminali che gli forniscono servizi di vario genere. Questo aspetto è particolarmente importante perché spiega i rapporti di soggezione che legano gli immigrati ai gruppi malavitosi organizzati che si occupano del traffico di migranti, della successiva gestione degli stessi e, soprattutto, del loro conseguente inserimento nei circuiti della devianza a tutti i livelli.

Non v'è dubbio, dunque, che la condizione di irregolarità crei le condizioni favorevoli al verificarsi di eventi criminosi; in primo luogo, perché costituisce un limite all'inserimento nel circuito socio-economico legale; in secondo luogo, perché l'irregolarità porta con sé la produzione di alcuni reati quali la falsità, la resistenza all'arresto, le false generalità etc.

In relazione alla violazione degli obblighi e delle formalità previste per l'ingresso ed il soggiorno, il T.U. (Testo Unico sull’immigrazione) disciplina specifici mezzi di contrasto alle situazioni di illegalità. Nella parte relativa alla disciplina dei respingimenti e delle espulsioni si rileva in modo chiaro l'obiettivo dell'attuale legislazione di contrastare definitivamente l'immigrazione clandestina e lo sfruttamento criminale dei flussi di immigrazione.

Gennaro Ruggiero www.gennaroruggiero.com

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