Torturare e uccidere in nome di Dio è diabolico

“Ma la religione non è storia di violenza” è il titolo di un interessante articolo (La Repubblica 20 aprile) di Vito Mancuso riguardo al film di Amenábar. Il teologo conclude: “Forse sbaglio a sostenere che il film voglia dare l'impressione che le religioni sono foriere di intolleranza e violenza, mentre solo la scienza e la filosofia aprono alla tolleranza e alla pace. Si tratta, lo ripeto, di una tesi falsa, ampiamente smentita dalla storia del 900…Pavel Florenskij, matematico e scienziato russo, e insieme filosofo, storico dell'arte, teologo e sacerdote ortodosso…dopo anni di prigionia nei gulag staliniani, venne ucciso l'8 dicembre 1937 per le sole idee che professava. Ipazia, filosofa e matematica, ad Alessandria nel 415; Florenskij, teologo e matematico, a Leningrado nel 1937: la prima uccisa dall'intolleranza dogmatica della religione, il secondo ucciso dall'intolleranza dogmatica dell'antireligione. C'è qualche sostanziale differenza?”. Il fatto è che né la religione né la scienza e la filosofia sono in sé foriere di intolleranza e violenza, è la natura umana ad essere foriera di intolleranza e violenza; ora si uccide in nome di questo, ora di quello, ora in nome di niente. Però mi pare che quando si parla dei delitti perpetrati per motivi religiosi, di norma si voglia porre l'accento sulla mostruosità e la contraddizione di uccidere in nome di Dio. E una differenza, in realtà, c'è. Uccidere in nome di Dio è più diabolico che uccidere in nome del diavolo, o per qualsiasi altro motivo.

Elisa Merlo

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