Siamo Farefuturo perché:

… sfidiamo il “presentismo”
L’egemonia del presente domina lo spazio del dibattito del nostro Paese. Soffriamo di un pericoloso schiacciamento sull’immediato del “tempo storico”: la cultura del sondaggio diventa l’unica premessa per azioni, strategie, leadership; il “mark to market” diventa sistema decisionale e cifra delle politiche pubbliche e delle scelte private. Farefuturo vuole promuovere una rinnovata cultura strategica. Non abbiamo paura di affermare che l’Italia contemporanea ha bisogno di elaborare una chiara visione della nazione. Di immaginare una politica capace, attraverso decisioni alte e partecipate, di pensare le ricadute di ogni singola scelta sulle generazioni futura. Di una politica aliena dall’immobilismo in ogni campo, dalle politiche demografiche all’innovazione amministrativa, dall’energia alla mobilità sociale, dalla strategia per la famiglia alle opere pubbliche. Di una politica in grado di sconfiggere la cultura del “consumo immediato” egoistico e la paura indotta dai media. Superare la logica del “giorno per giorno” che vuole la trasformazione dei cittadini in mero consumatori e li proietta in un meccanismo anestetizzante fatto di “moltiplicatori dell’attimo”.

… costruiamo una cittadinanza del ventunesimo secolo
L’appartenenza alla nazione non discende esclusivamente da un retroterra etnico o religioso, in special modo in Italia, terra di incroci e contaminazioni tra l’Europa e il Mediterraneo, nazione dalle mille culture e tradizioni. Piuttosto, al tempo contemporaneo, l’appartenenza alla nazione è un atto volontario di amore verso il paese nel quale si è nati o che si è scelto come propria Patria. In questo senso la nazione è per noi la sintesi fra una leitkultur, una cultura prevalente che è risultato di secoli di storia, e una dimensione “universalistica”, che rimanda a valori che la nostra cultura considera appunto universali quali la libertà e la dignità dell’individuo. Far sentire, conseguentemente, l’Italia come Patria anche a coloro che vengono da Paesi lontani, facendoli partecipi attivamente e lealmente alla vita collettiva, ai valori della Repubblica, agli obiettivi di fondo della nostra società, alla nostra lingua, alle nostre leggi ed anche alla nostra storia. Promuovere un’educazione alla cittadinanza così intesa, a partire dalla scuola pubblica, che nei decenni della storia repubblicana ha progressivamente e colpevolmente abdicato a questa funzione. “Nuovi” e “vecchi” italiani possono ritrovarsi uniti nella valorizzazione delle reti di solidarietà civica, motore di capitale sociale, nella nuova prassi della cittadinanza; compito delle istituzioni pubbliche, senza timori, senza cedimenti al lato disgregante dei localismi, è quello di favorire una pedagogia della cittadinanza come grammatica dell’appartenenza alla Nazione.

… crediamo in una “laicità positiva”
Superare la “laicité de combat” che giudica le religioni una minaccia per lo Stato e le priva di ogni ruolo pubblico ma al contempo combattere l’attitudine confessionalista che tende ad invischiare le autorità religiose in questioni di politica nazionale dove è la sovranità popolare l’unica fonte legittima di decisione. È naturalmente necessario permettere alla religione, alle religioni, di svolgere il proprio ruolo di risposta alle domande sulla vita, sul suo “perché”, evitando di intrappolarla nella scelta del “come”, che spetta alla politica e alle istituzioni pubbliche. Priorità della laicità positiva deve essere combattere la degenerazione nichilista del relativismo culturale e morale, l’errata convinzione che libertà significhi la supremazia assoluta dei diritti, l’assenza di doveri e finanche di regole. La libertà è minacciata nel momento in cui nel suo nome si teorizza la presunta impossibilità di definire ciò che è giusto e ciò che non lo è.

… propugnamo un “nuovo femminismo”
A fronte di uno stereotipo femminile mortificante, centrato sull’apparenza della futilità e la mercificazione del corpo, accuratamente coltivato dalla nostra televisione (che è, a questo proposito, un unicum nel contesto europeo-occidentale), e che risulta spesso diseducativo per le nuove generazioni, Farefuturo vuole promuovere una “rivoluzione della dignità” centrata sull’insostituibile ruolo sociale della donna, sul valore originale della sensibilità e dell’ingegno, su una vera politica delle pari opportunità, sulla riscoperta anche del ruolo materno. Superando ogni pregiudizio ideologico, rifiutando l’attitudine a certi barocchismi solo apparentemente ossequiosi ma in fondo mortificanti, rimuovendo ogni ostacolo alla conciliazione lavoro-maternità.

… ci riconosciamo in un Euroatlantismo dei diritti
Il nostro paese non deve rinunciare a portare il proprio contributo nella battaglia che il mondo occidentale ha fatto propria a cavallo fra il XX ed il XXI secolo: essere promotore della cultura dei diritti umani e della dignità della persona come simbolo e obiettivo dell’impegno nelle relazioni internazionali. I problemi nazionali non si risolvono esportandoli (ad esempio dalle nostre coste ai campi di detenzione in Libia). Affermiamo il peso e la forza di 20 secoli di diritto e di oltre 50 anni di integrazione europea facendoci promotori di una condivisa politica dei diritti umani come cifra delle aspirazioni euro-atlantiche.

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