Camusso (Cgil): "La gente sta con noi"

Oggi (12 marzo) la Cgil ha portato in piazza un milione di persone. Lo riferiscono fonti sindacali. Lo sciopero generale si è svolto in tutta Italia con manifestazioni in circa 100 piazze (alcune anche nel pomeriggio): i punti principali sono stati Roma, Firenze, Milano e Padova. A ognuno di questi cortei hanno partecipato circa 40mila persone. RadioArticolo1 (www.radioarticolo1.it) ha predisposto per la giornata uno speciale in occasione dello sciopero generale della Cgil.

“Guardando a questa piazza e sentendo le notizie che arrivano dal resto d’Italia mi viene da dire che è ben strana la solitudine della Cgil. Il nostro paese è in crisi e lo sanno le migliaia di lavoratori, pensionati e cittadini che la avvertono ogni giorno: lo sanno tutti tranne il governo che anzi, annuncia la ripresa economica”. Così la segretaria confederale della Cgil, Susanna Camusso, a Genova per lo sciopero generale. “Oggi – ha aggiunto – è necessario dare ai lavoratori che la crisi la stanno subendo risposte chiare e immediate. Lo diciamo al governo, a Confindustria e anche a Cisl e Uil: non si può aspettare che le cose cambino da sé. Non possono aspettare i disoccupati e non possono aspettare i lavoratori che sono in cassa integrazione a 700 euro al mese”.
A suo giudizio, poi, “è sbagliato contrapporre, come fa il ministro Sacconi, la cassa integrazione ordinaria a quella in deroga perché le risorse ci sono, sono gli stessi lavoratori a finanziare il fondo Inps dal quale proviene il denaro per pagare la cassa e senza aggravio per il bilancio dello stato; è per questo che chiediamo l’aumento dei massimali e una norma per i collaboratori che tuteli davvero il loro reddito. Cambiare si può e lo si deve fare anche sul fisco”. Altri passaggi del suo intervento sono stati dedicati alla piattaforma fiscale (“se le altre organizzazioni sindacali vorranno andare in piazza su questi temi noi ci saremo come ci siamo oggi”) e all’integrazione (“viviamo in un paese multietnico che si fermerebbe se sui luoghi di lavoro non ci fossero più lavoratori stranieri”).
Infine un invito diretto all’esecutivo e agli industriali: “Bisogna difendere il lavoro e le nostre fabbriche, si devono fermare i licenziamenti: non si può ricostruire sulle macerie. Lo diciamo a Confindustria che non è una vittima della crisi, ma parte di chi la crisi ha contribuito a farla e lo diciamo al governo che come primo passo al suo insediamento ha licenziato i lavoratori pubblici precari della scuola. E non solo: con l’introduzione dell’apprendistato a 15 anni si assisterà ad un abbassamento dell’obbligo scolastico per tutti i cittadini italiani”.

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