Robecchi: La satira al tempo del Caimano

Approfondimenti

Tempi duri per la satira politica in Italia. Comici denunciati, vignettisti sospesi da programmi tv, molti autori satirici non più graditi sui teleschermi. Mai come ora si è avuta l’impressione di un potere unico che non tollera nessuna forma di critica, nemmeno quella che si esprime in disegni o battute. Dall’altra parte, sul fronte dei comici, si è verificata una sorta di scissione: gli irriducibili, da un lato, quelli che hanno finito per diventare simboli di aggregazione politica per un’opposizione che non si riconosce più nei partiti tradizionali (il caso Grillo, poi Sabina Guzzanti); e poi gli altri, quelli che ormai trovano ripetitivo, forse non utile, il rincorrere tutte le gaffe che Berlusconi ogni giorno semina. Proprio Berlusconi, del resto, ha spianato chiunque con i suoi capelli, la bandana, le corna ai summit internazionali, gli scherzi ad Angela Merket, le barzellette imbarazzanti. Ha superato anche la più fervida immaginazione satirica, e — cosa da non sottovalutare — ciò nonostante vanta un gradimento popolare immenso.
Una riflessione su cosa è la satira, su come oggi possa ancora incidere è il tema dell’Almanacco Guanda 2009, che si apre con un testo di Dario Fo, che distingue satira da parodia, la critica dal compiacente sfottò. Corredano il volume le vignette dei principali disegnatori, Altan, Giannelli, Ellekappa, Forattini, Staino, Vincino e altri ancora. Fra i testi ci sono gli interventi di Riccardo Barenghi (Jena), Michele Serra, Alessandro Robecchi (che pubblichiamo qui a fianco); con loro gli scrittori Giuseppe Genna, Gianni Biondillo, Gianiuca Morozzi. Fra i contributi saggistici testi di Oreste del Buono (Linus e il '68), Marco Giusti (il cinema), Cado Alberto Brioschi (fortune e sfortune della storia della satira), Claudio Carabba (la satira com’era).Articoli Correlati
Sanremo, Paolo Rossi: “Cacciato con un sms dai lacchè dei potenti”Per gentile concessione dell'autore pubblichiamo l'intervento di Alessandro Robecchi tratto da “Satyricon”, l'Almanacco Guanda sulla satira politica in Italia (a cura di Ranieri Polese, Guanda, pagine 198, 23 euro).

di Alessandro Robecchi, da alessandrorobecchi.it

Come funziona ‘sta satira? Come si fa? E’ di sinistra per forza, oppure sforzandosi molto e prendendo dei farmaci può essere anche di destra? Ai tempi di Cuore andavamo di moda, noi guitti della satira politica, e ci sentivamo fare dai “colleghi giornalisti” domande di questo genere. E’ solo consolatoria o fa veramente male al potere? Si diventa ricchi? Ragazze ce n’è?
Ricordo che pubblicammo addirittura un tariffario. Intervista sulla satira lire tot… Parere generico lire tot… Parere spiritoso lire tot…
Era un modo per dire che la riflessione sulla satira ci sembrava stucchevole, inutile e banale.
Una cosa che si fa ma non si spiega.
Che si capisce al volo oppure niente.
Che è totalmente libera oppure non esiste.
Insomma: il dibattito no.

Posizione di partenza: noi siamo puri, e tutto il resto è corrotto e vagamente schifoso. Può sembrare arrogante, ma è un dato di fatto: più osservi dall’alto, da distante, da estraneo, senza farti sporcare, e più sarai capace di distinguere i contorni e vedere il ridicolo. Prima regola: il distacco è garanzia di ferocia. Il marziano di Flaiano, il Gurb di Mendoza sono esattamente questo: sguardi vergini che esplorano la vita, un’operazione che ha un vincitore (il marziano), e un vinto (la realtà).
Rigore, dunque, ai limiti dell’integralismo. Il vignettista che prende in giro il potente e poi gli regala la vignetta è un collaborazionista. Il satirizzato che apprezza la satira e la benedice con il ghigno della condiscendenza è un cosa schifosa. Se vogliamo stare alla sostanza, con la satira ti fai dei nemici, altrimenti non è satira. E in tanti anni di finta-satira connivente, di umorismo servile, di soffietti ai potenti, di caricature di politici con i politici in prima fila ad applaudire, la cosa si è capita, si è smascherata. Anche perché molta satira ha subito censure vere e proprie (non immaginate).
Eppure, non è banale parlarne, o stucchevole, o inutile. E’ innegabile che la satira è anche, per certi versi, una tecnica, che ha i suoi meccanismi, alcuni oliati come ingranaggi perfetti, e precisi come orologi, e affilati come rasoi (e se avete altre frasi fatte già incartate e pronte per la consegna, speditemele subito).
E addirittura alcuni di questi meccanismi potremmo analizzarli, vederne in dettaglio il funzionamento. Coraggio! Queste poche righe potrebbero essere gratis, oppure costarvi l’impiccagione (in Birmania, per esempio), o la galera per qualche decennio (in Iran, per dire). O la partecipazione a un programma televisivo (in Italia, finché qualcuno non se ne accorge, decide che mancate di buon gusto e vi licenzia su due piedi. Segue dibattito sulla censura che, ovviamente, “non esiste”, come non si stancano di dire i censori).

Molte volte avrete sentito dire la frase: “Una vignetta che vale come un editoriale!”. E’ il classico caso in cui nel tentativo di fare un complimento si finisce per insultare. E’ un po’ come se si volesse togliere alla vignetta una dignità propria per darle la dignità di qualcos’altro. Così alla satira si attribuiscono spesso meriti che non ha, e si dimenticano le sue innegabili doti. Una di queste è senza dubbio, la capacità di sintesi. Per giocare con la sintesi servono le analogie. Più le analogie sono precise o evocano un’opinione e più il gioco funziona. E la forma-titolo rimane ancora una delle più efficaci. Immaginatevi dunque un titolo classico, le sette-nove colonne del Corriere della Sera, magari, in modo da restare nel tradizionale. E’ anche una questione di pesi, misure, toni, cadenze.
Tipo:

EDIZIONE STRAORDINARIA!
SILVIO BERLUSCONI FERMATO A DONGO

Ecco. Anche se potrebbe esserci l’esigenza di spiegare meglio.
Un sommario, tipo:

PRESTO A PIAZZALE LORETO TUTTE LE CLARETTE:
IL CLN REQUISISCE SETTE AUTOBUS

Il collegamento tra due parole fa scattare il meccanismo, un po’ come una lieve pressione fa fare clac a una trappola per topi. Eppure una delle molle principali della risata è proprio nella velocità con cui due fatti – apparentemente lontani, apparentemente estranei, due mondi – si sposano in un nanosecondo. L’analogia è più veloce della luce. Zac!
Volete una sintesi dell’Italia anni Ottanta?
Semplice:

SCATTA L’ORA LEGALE
PANICO TRA I SOCIALISTI

Storico titolo di Cuore. Una cosuccia che fece furore, ai tempi.

Naturalmente viviamo in un paese dove non solo le occasioni di satira politica non mancano (credo che questo valga per tutti i paesi), ma anche dove la satira, lo sberleffo, la presa in giro, se la giocano ogni giorno con la realtà, in un testa a testa entusiasmante. Questo dà origine a due scuole di pensiero.
La prima sostiene che in Italia è più facile, che un bersaglio perfetto come Silvio Berlusconi, per esempio, fa in modo che le battute si compongano quasi da sole, come per magia. La seconda scuola di pensiero sostiene l’esatto contrario, e cioè che proprio un bersaglio così grosso (e in molti casi autosatirico) costringa a più attente costruzioni, a un lavoro più difficile. Insomma, il dibattito è aperto, ma certo va detto che fare su Silvio Berlusconi una satira che già non faccia lui involontariamente non è facile. Ditemi voi quale premier mondiale, per esempio, potrebbe essere accusato (dalla moglie) di accompagnarsi a ragazze minorenni, e contemporaneamente essere nell’occhio del ciclone per la partecipazione a una festa di cui non sa spiegare la genesi, e al tempo stesso è citato in una sentenza come corruttore, ma non è condannabile come corruttore per una legge che si è fatto da sé, e dunque si condanna solo il corrotto… Il tutto mentre il suo avvocato, per difenderlo, lo descrive come “utilizzatore finale” di prostitute… Il tutto mentre un suo dipendente afferma che “minorenne” è parola antica e che andrebbe meglio dire “non maggiorenne”. Ecco. Provate a spiegarlo a un francese, a un inglese, a un tedesco. C’è da uscirne pazzi. Eppure se ne può uscire.
Magari così, a proposito dell’avvocato Mills:

FINALMENTE UNA NOVITA’!
BERLUSCONI HA CORROTTO UN MAGGIORENNE

O così:

INCREDIBILE!
L’UNICA OPPOSIZIONE A BERLUSCONI
E’ SPOSATA CON BERLUSCONI!

E si potrebbe continuare.
Troppo facile? Troppo difficile?
Diciamo piuttosto che ancora una volta questo delizioso mister Magoo di Arcore, questo produttore di paccottiglia televisiva incredibilmente giunto alle più alte cariche politiche, ha monopolizzato l’attenzione, e pure la satira. Tanto che sarebbe interessante vedere come, in quindici anni di potere politico e oltre venicinque di potere mediatico ed economico, si è evoluta la satira su di lui: parlare di satira italiana prescindendo da questo motore immobile (e purtroppo, più spesso, mobile) non è possobile, gli storici del costume lo sano bene. “Nano”, non si dice più, ma tenne banco per anni. “Pelato” non è più in argomento perché si è ricomprato i capelli. “Miliardario ridens”, la fortunata formula che ha resistito anni per descrivere Berlusconi (copyright Michele Serra), è oggi inadeguata e lontana, dopo che oltre al riso da barzellettiere gli abbiamo visto la ghigna feroce dell’arroganza. Altre defizioni si contano a decine.
Spesso gli autori satirici italiani hanno scherzato sulla nausea da Berlusconi, sull’obiezione di coscienza, sulla rinuncia ad occuparsi del caso perché troppo sfruttato e inflazionato, eccetera eccetera. E’ possibile che oggi il repentino e ridicolo declino, peraltro annunciato da anni, del potente più potente che c’è (stato), tolga finalmente fiato a quell’interminabile repertorio.
Nessuno fa più battute sul duce, e questo ci dà qualche speranza che il passato, finalmente, passi anche qui.

Ma proprio questo è il discorso. Il passato, passa? E’ una faccenda che ha stretta attinenza con la satira.
Il primo numero di Cuore quando uscì come settimanale autonomo, trattava della nascita del Pds, la formazione politica che sostituì il vecchio, granitico, parterno, rassicurante e imbolsito Pci.
E titolava così:

SIAMO D’ACCORDO SU TUTTO
BASTA CHE NON SI PARLI DI POLITICA

Ottima battura, approccio forse addirittura politichese, per addetti ai lavori, per solutori più che abili. Eppure, rileggere quel titolo 14 anni dopo, ai tempi della formazione nel neonato Pd con la fusione di Ds e Margherita, metteva qualche brivido.
Sapete, se una battuta di satira politica resiste 14 anni, e dopo 14 anni è ancora perfettamente valida, come nuova di zecca, come scritta per l’occasione, capirete… il Paese non ci fa una gran figura.

Naturalmente la sintesi non è tutto. E’ molto, se si parla di azione fulminea del senso, è moltissimo se si parla di costruzione della battuta, ma è chiaro che altri elementi entrano in gioco. Il paradosso, il nonsense, la caricatura… tutto concorre a raffinare il meccanismo che fa “ridere di” e non “ridere su”. Perché comunque la si guardi, la satira non può prescindere da un’opinione. Più onesta è quell’opinione e più la ferocia sarà assicurata. E’ qui che si vede, che si misura, la distanza del marziano dal soggetto della sua osservazione. E’ qui che pietà l’è morta e la cattiveria deve fare il suo corso come la natura.
George Bush lascia la presidenza Usa:

ORRIBILE! SERIAL KILLER DISOCCUPATO
GIOCA A GOLF IN TEXAS!

La Fallaci ci regala un romanzo di 800 pagine sulla sua storia familiare:

AIUTO! LA FALLACI CI FA UNA SAGA!

Giuliano Ferrara con al sua lista Aborto No Grazie prende lo 0,3 per cento alle elezioni, dopo che aveva avuto più spazio di chiunque altro in campagna elettorale, era stato contestato, pomodorato, ed era diventato il re dei talk show nella sua nuova veste di laico devoto. Ahilui, inutilmente:

ELEZIONI: FERRARA PRENDE LO 0,3
PROTESTE A BOLOGNA:
DACCI INDIETRO I POMODORI!

Il rovesciamento di senso, oltre al paradosso, è un altro meccanismo classico. Serve a ribaltare tutto, come a rovesciare il tavolo. Ma proprio nel momento in cui si manda tutto all’aria si rivela quant’era ridicolo il punto di partenza. Ci sono – chissà perché – personaggi che si prestano perfettamente alla bisogna, che sono già un po’ ridicoli da sé, che si cimentano in battaglie più grandi di loro, o anche soltanto in campagne strumentali che dovrebbero servire a garantire loro quella droga della politica che si chiama visibilità. Figure in cui la satira è autoinferta, per così dire. Il ministro Giovanardi, per dirne una, quando ogni tanto se ne balza fuori con le sue trovate, le sue denunce, le sue crociate, come quella di denunciare (sai che scoperta) che circola droga anche in Parlamento. Sommo scandalo e titoloni sui giornali.
E allora:

COCAINA LANCIA L’ALLARME:
IN PARLAMENTO GIRA GIOVANARDI!

E anche, quando la paranoia securitaria investe le scuole e il ministro antidroga decide di mandare i cani della finanza alle medie superiori:

CLAMOROSO AL LICEO DI VITERBO:
CANE ANTIDROGA PRENDE 8 IN FISICA

E poi, naturalmente, c’è il repertorio, alcune figure classiche, alcuni trucchetti soliti che ogni satirico adotta e che diventano alla lunga armi del suo bagaglio. Ad esempio l’esagerazione politica, che funziona sempre egregiamente:

VERONA: IL KLU KLUX KLAN
CHIEDE MODERAZIONE AL SINDACO

Oppure:

SPIEGATA LA CANDIDATURA CIARRAPICO:
HIMMLER AVEVA UN IMPEGNO

Come si vede, il meccanismo è identico, ma si può adattare alle più disparate occasioni, realtà, evenienze della vita pubblica e altro.
Piccole formazioni politiche:

SCIENZA: UN NUOVO TELESCOPIO
PER INDIVIDUARE I DINIANI

O malasanità:

CLAMOROSO IN CALABRIA:
PAZIENTE ESCE VIVA DALL’OSPEDALE

O scandali politici-finanziari:

D’ALEMA: CONSORTE?
CREDEVO FOSSE MIA MOGLIE

O ordinari incroci italiani, come il razzismo quotidiano e la violenza sulle donne:

GLI STRANIERI NON HANNO VOGLIA DI LAVORARE
ITALIANI COSTRETTI A AMMAZZARSI LE MOGLI DA SOLI

Per finire (ma in realtà la casistica è infinita) con le piccole e vergognose cronache nazionali, quelle che raccontano il passato che non passa e il futuro che non arriva:

STORICO ACCORDO CON LA NASA
I DICO SI FARANNO SU MARTE

Sembra facile, no? Eppure tutto si complica, per motivi diversi ma confinanti. Perché la concorrenza, per la satira, è sempre e soltanto una: quella della realtà.
Luogo comune finché volete, eppure la faccenda annosa della “realtà che supera la fantasia” è talmente vera che ogni satirico deve farci i conti. Quando Cuore si occupava di inchieste anziché di satira, quando raccontava fatti reali e non caricature, quando denunciava schifezze vere e non paradossi, era costretto a scrivere in uno strillo rosso: “Tutto vero!”.
Ci arrivammo lentamente, capimmo piano piano, ma senza scuse. Capimmo che dovevamo farlo quando molti lettori – e non erano sprovveduti – cominciarono a leggere cose vere e a scambiarle per nostre irresistibili invenzioni. Il tentativo ricchissimo di appaiare realtà e fantasia, vita vera e satira, si scontrava spesso contro questo quiproquò che è satirico di suo.
Il sedicente re d’Italia che dice nelle registrazioni della procura: “Ho tre quarti d’ora liberi e voglio andare a puttane”, per esempio, sarebbe sicuramente stato accompagnato su quell’antico giornaletto verde cone le parole “Tutto vero!”, semplicemente perché avrebbe avuto l’effetto – su cittadini ignari e perbene – di una volgare invenzione. Siamo insomma al controcircuito della satira che, quando occasionalmente racconta il vero e non la sua caricatura, è costretta a dirlo chiaro e in qualche modo a dissociarsene. Impagabile cortocircuito! Ma mi accorgo – parlando di quell’Italia di ieri dal basso di quest’Italia di oggi – che ora dovremmo farlo molto più spesso.

Tutto vero. Ci ho pensato spesso nei giorni furibondi e irresistibili del Family Day, quando ministri cattolici, viceministri cattolici, sindacalisti cattolici, leader di partiti cattolici, parlamentari cattolici si affannavano in piazza per difendere la famiglia tradizionale che piace ai cattolici. E morire se ne trovavi uno che non avesse due o tre famiglie. O il problema della prima moglie, o dei figli dal precedente matrimonio, per non dire delle amanti, delle concubine, delle accompagnatrici più o meno ufficiali. La stampa seria, gli editoriali, i fondi dei direttori, notavano questo scompenso, e dunque si trattava di un rischio mortale per la satira. Se il fondo del Corriere, se l’editoriale di Repubblica, se la rubrica delle lettere de La Stampa si lasciano tentare da qualche divertente battuta, significa che la satira sarà inghiottita, oppure che sarà costretta a rilanciare.
E ancora una volta con la caricatura:

Istruzioni per il family day: Chi partecipi al Family Day con la famiglia deve dichiarare prima con quale famiglia viene. Con una speciale deroga (registrarsi sul sito internet), si può portare la prima moglie, o il primo marito, i figli di matrimoni precedenti, e (solo iscritti organizzazioni cattoliche) il nuovo fidanzato della prima moglie, purché non sia un prete. (…) Sarà distribuito al pubblico un numero verde anti-gay da chiamare in caso di avvistamenti tra la folla (…) Date le statistiche sulle donne picchiate in famiglia, si assicura la presenza di centri medici per l’assistenza in caso di ferite lacero-contuse (…).

O meglio ancora con il solito ricorso al paradosso:

PULLMAN DI EMBRIONI NELLA SCARPATA:
ANDAVANO AL FAMILY DAY

Cosa avrebbe dovuto dire, il vecchio Cuore del leader cattolico che preparava le sue seconde nozze celebrando un’adunata oceanica che negava diritti a conviventi e omosessuali? “Tutto vero!”, sarebbe bastato? E quando il segretario del partito centrista e cattolico, onorevole Cesa, di fronte a un suo deputato beccato in un albergo con cocaina e prostitute, non trovò di meglio da dire che serviva subito un’indennità in denaro per permettere ai deputati di portarsi la moglie a Roma, Cuore cos’avrebbe fatto? Ci sono casi in cui nemmeno la fantasia è sufficiente a salvarti la vita, in cui dalla risata è il caso di passare agli improperi e, perché no, alle esclamazioni più triviali.
Altro titolo che fece storia:

HANNO LA FACCIA COME IL CULO

Che suona, ammetterete, come un punto esclamativo.

E poi ci sono gli effetti collaterali. Le tristezze, le braccia che cascano e la sensazione di impotenza che colpisce anche il satirico più navigato. Ed è quando la tua verve e la tua capacità di sbeffeggiare il presente, la tua visione laterale e la tua fantasia vengono umiliate dalla realtà. Ne ha dato recentemente una prova lampante Michele Serra, che aveva tracciato su L’Espresso – a proposito delle variegate compagnie del Primo Ministro italiano (sempre lui!) – uno di quei mirabolanti elenchi che fanno, da soli, satira di gran qualità. Tra la varia umanità composta di freaks, paradossi viventi, figure inventate, personaggi da operetta, aveva messo – pura fantasia al potere – anche una “suonatrice di nacchere”. Per apprendere appena qualche giorno dopo dalle cronache, che a volare a sbafo sugli aerei di stato in compagnia del sultano c’era anche una vera “cantante di flamenco”. E si può immaginare il triste trasecolare del satirico – perfettamente descritto da Serra in un divertentissimo autodafé – nell’accorgersi che tutta la tua più sfrenata fantasia non può nulla di fronte al ridicolo incarnato, vivente, e perdipiù potente. Amen.

Preveggenza? Non può essere. Eppure esistono casi conclamati in cui la satira vede più in là, crede di esagerare e invece prevede.
Era l’autunno del 2008 quando intorno a un tavolo, tra risate a stento trattenute, una piccola tastiera e un clima goliardico, con Maurizio Crozza e qualche amico autore si disegnava la parodia del cantante di corte Apicella, che canta d’abitudine liriche di Silvio Berlusconi (ecco, qui ci vorrebbe: tutto vero!).
E lì nasceva il testo di O’ chiodo fisso, ballata tradizionale napoletana, che diceva più o meno così:

I’ tengo a leadershippe
I’ tengo a precisarlo
I tengo a ‘stu governo delle libbertà
I’ tengo tanti impegni
Bisogna essere degni
D’o’ voto elettorale che m’ha miss’accà
Ma tengo un’agendina impertinente
Su cui mi appunto certi numerielli
E convoco e’ Guaglione più attraente
Perché detengo qualche cosa in più…
(Coro: E che tenete?)
O’ chiodo fisso, O’ chiodo fisso
Maronna mia ma che v’o dico a’ ffa’
Mi sento scisso, ‘stu chiodo fisso
Un po’ m’acquieta un po’ me fa pazzia’
C’ho il chiodo fisso, c’ho il chiodo fisso
Sono un Vesuvio ‘e passionalità
Sarò prolisso, ma ho il chiodo fisso
Sto maritato, ma ho l’immunità
I’ tengo ‘na mugliera
Che a volte se ne lagna
Se dico alla Carfagna che me fa’ attizza’
Ma c’a mugliera, o’ maggistrato e a tazzulella ‘e tivù
M’accatto o’ lodo Alfano e nun ce piense cchiu’…

Siamo al confine con l’avanspettacolo.
Eppure bastava, come preveggenza. Nessuna delle persone intorno a quel tavolo avrebbe mai immaginato il lupanare che sarebbe venuto da lì a pochi mesi, il giro di squillo, escort, ragazze-immagine portate a giacere con il grande capo Silvio Berlusconi, il cui chiodo fisso, come si sa, decretò l’overdose di ridicolo che sapiamo.
Mesmerismo della satira? Preveggenza? La magia dei poeti? Resta il fatto che i censori fecero il loro lavoro, e quella trasmissione nei palinsesnti odierni non la trovate più.

E mi scuserete, dunque, se queste noterelle si chiudono forse con una certa mestizia. Già, perché tutto quel che avete letto fin qui prevede due cose precise, due attori in commedia, due parti in causa. Uno fa ridere, e l’altro ride. Uno ammicca, e l’altro capisce. Per sghignazzare alla battuta “Silvio Berlusconi fermato a Dongo” bisogna sapere cosa fu Dongo. Per ridere alla battuta su D’Alema e Consorte, bisogna aver presente le ridicole pieghe che prese il caso Unipol ai tempi di quelle intercettazioni telefoniche. Insomma, per sua natura la satira gioca di rimessa sulla realtà, sulle notizie, sull’informazione, sulla memoria. Se l’informazione è negata, se le notizie spariscono, non si danno, non ci sono, vengono nascoste, come accade (vorrei dire: è accaduto, vedi parentesi più sopra) nel caso italiano, tutto diventa più difficile.
Non è una coincidenza che alcuni autori satirici di queste parti abbiano dovuto nel tempo sostenere un doppio ruolo, cantare e portare la croce. Non soltanto chiosare e ridicolizzare la realtà con la satira, ma anche supplire a chi la realtà doveva raccontarla, e non lo faceva per servilismo, per omaggio al potere. Insomma, se la satira è fare il verso alla stampa (per esempio) serve una stampa vera e libera. In sua assenza, la satira dovrà fare tutte e due le cose , dare le notizie e riderci sopra, e allora apriti cielo.
Ecco pronta l’accusa più subdola: ma questa non è satira! Che solitamente fa il paio con la solita scemenza del buon gusto: questa cosa è volgare!
Sono i due punti cardinali attraverso i quali è passata, e passa, la censura della satira italiana. Da un lato il richiamo in mala fede a un certo qual “comune senso del pudore”, e dall’altro l’accusa di non essere satira: non fai più ridere, quindi non puoi parlare. Bizzarro ragionamento, assai funzionale alla censura.
Che gode, lei sì, di ottima salute. Tanto che la vecchia, benedetta e geniale frase di Billy Wilder, autore immenso, suona, a dirla qui e ora, un po’ troppo ottimista:

SE PROPRIO DEVI DIRE LA VERITA’,
DILLA IN MODO DIVERTENTE.
QUELLI CHE FANNO RIDERE VERRANNO RISPARMIATI.

Ogni giorno prego che il vecchio Billy avesse ragione.
Se no, si mette male per tutti.

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