di Franco Astengo
L'Italia sta avviandosi alla scadenza delle elezioni regionali previste per il 28 e 29 Marzo 2010, in una situazione di vero e proprio disfacimento non solo del suo territorio (Calabria e Sicilia sono esempi fin troppo facili da indicare) ma politico, economico, istituzionale e soprattutto morale (intendiamo “morale” in senso complessivo, al di là delle inchieste giudiziarie in corso, delle vicende più o meno recenti, affidando in questo una responsabilità precisa alla “politica”, intesa come arena all'interno della quale i soggetti dovrebbero indicare un orientamento, una strada per il futuro: per questo motivo la corruzione della “politica” è fatto ben diverso dalla corruzione “privata”).
Negli anni scorsi si è discusso molto di “crisi” e “superamento” dello “Stato Nazione”, di ritorno in forma nuova della antica contraddizione tra centro e periferia che, in Europa, avrebbe dovuto trovare una risposta proprio a livello continentale, attraverso un meccanismo di relazioni sovraregionali: L'Europa nel frattempo non si è fatta, sul piano politico, adottando anche un meccanismo indiscriminato di allargamento di tipo “nazionale”, e la crisi finanziaria ed economica ha riportato in auge – appunto – quel concetto di “Stato Nazione” che appariva, ai più, come uno strumento da oltrepassare.
In Italia questo stato di cose ha assunto una acutezza negativa particolare, per via della regressione dal ruolo di saldatura ricoperta fino ad un certo punto dal complesso del sistema politico (su questo punto si possono confrontare due interessanti articoli: “La crisi dei leader e i partiti federali” di Giuseppe De Rita apparso sul Corriere della Sera martedì 16 Febbraio, e quello , destinato al “caso francese” ma sicuramente utilizzabile anche da noi apparso sul numero in edicola di “Le Monde diplomatique” ( Un think thank parigino mostra la via delle neo politica) a firma di Alexander Zevin.
Quanto al superamento degli Stati Nazionali ed al rischio disgregazione sociale ci si può confrontare, invece, con quanto scritto da Giulio Sapelli (dal titolo, appunto: “Il superamento degli stati nazionali e il rischio di disgregazione sociale”) apparso, sempre sul Corriere della Sera, Domenica 14 Febbraio.
Torniamo, però, al filo del nostro discorso relativo alle Elezioni Regionali: ebbene, nella fase preparatoria di queste elezioni, si è palesato come al ruolo negativo svolto, fin qui dalle Regioni, quale espressioni prevalentemente di centri di potere separati, si sia accompagnato una sorta di “puzzle impazzito” nella scelta delle candidature e degli schieramenti, proponendo una situazione dove, al di là della necessitò urgente di riflettere sul meccanismo dell'elezione diretta e dell'attribuzione del premio di maggioranza ( non si tratta, beninteso, di “tecnicalità” ma di fattori di grande importanza sul piano politico”), si è palesato uno stato di cose perfettamente aderente all'idea di una politica praticata da “gruppi”, aggregazioni di “lobby” (nell'accezione negativa cui questo termine è attribuita in Italia), cordate varie.
E' risaltato, in tutta la sua negatività, il facile cedimento verificatosi negli anni scorsi ad una sorta di “federalismo” senza bussola, cui si è ceduto per timidezza, timore di apparire “antiquati” e di restare soffocati da un nuovo vincolo populista.
Da destra, da parte degli interpreti originali del personalismo populista e da parte di chi ha saputo introdurre davvero, nel nostro Paese, il “partito personale” si delinea già una risposta, utile anche per fronteggiare situazioni diverse di disgregazione come quelle derivanti dal ravvivarsi (se mai ce ne fosse stato bisogno) della “questione morale”: fare delle elezioni regionali elezioni di “medio termine”, contrassegnate dal solito referendum sul solito “uomo solo al comando”: o con me o contro di me.
Così si realizza l'ennesima torsione autoritaria del nostro sistema.
Per la sinistra può esserci ancora tempo ?
Non è il caso di mettersi a contare i Presidenti di Regione vinti o persi (7-6; 6-7, chissà…) ma di uscire da subito da una latente subalternità, che si è ben dimostrata in questo ultimo periodo (alcuni, forse intenti a perseguire le proprie velleità personali hanno ricalcato esattamente la strada che ci sta portando alla rovina).
Da sinistra può partire, subito, l'idea di una nuova coesione nazionale quale base di fondo per affrontare la gravità crescente della crisi economica e morale: a partire dalla difesa della Costituzione, si potrebbe convocare un “tavolo nazionale” di programma che porti alcuni elementi omogenei come punti di fondo programmatici con al centro l'idea della programmazione economica e del territorio e della restituzione alle Regioni della loro funzione legislativa riferita al livello locale.