Tutela della maternità 

dell'On. Maria Grazia Gatti (Pd)

Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
la grave crisi economica che ha investito il nostro Paese nel corso degli ultimi due anni appare, nonostante le reiterate dichiarazioni tendenti all'ottimismo di autorevoli esponenti governativi, ancora lontana dalla conclusione;
molti indicatori economici mostrano che la ripresa dell'economia italiana sarà modesta per un periodo piuttosto lungo, con conseguenze negative per il tasso di occupazione lavorativa che continuerà a diminuire anche dopo che la crescita avrà ripreso il suo cammino;
i dati OCSE non lasciano, purtroppo, margini di ottimismo riguardo alla situazione occupazionale italiana nell'immediato futuro: le previsioni dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico stimano, infatti, che entro la fine del 2010 il nostro Paese toccherà un tasso di disoccupazione del 10,5 per cento, raggiungendo livelli sconosciuti da molti anni;
a pagare le conseguenze di questa drammatica situazione sono, al solito, le categorie più esposte e meno tutelate della società: giovani, precari, immigrati e donne; per queste ultime basti pensare che gli obiettivi stabiliti dai Trattato di Lisbona riguardo all'occupazione femminile fissavano la soglia del 60 per cento entro il 2010, si è invece al 47,2 per cento, 12 punti percentuali al di sotto della media dell'Unione europea;
le donne lavoratrici continuano inoltre a pagare un prezzo assai alto al momento della maternità: fonti dell'Università Bocconi attestano che, in Italia, il 25 per cento delle donne del sud, e il 19 per cento delle donne del nord, si ritrova senza lavoro dopo la nascita del primo figlio; tali cifre appaiono, ad avviso degli interroganti, indegne di un Paese civile soprattutto se si pensa che in alcune aree del Paese e per alcune tipologie contrattuali di lavoro è, purtroppo, non infrequente il ricorso da parte dei datori di lavoro al metodo delle cosiddette dimissioni in bianco, consistente nel far firmare alla neoassunta una lettera di dimissioni volontarie, su foglio bianco e senza data, da utilizzare nel caso in cui la lavoratrice rimanga incinta;
nel periodo del Governo Prodi, allo scopo di tutelare le lavoratrici e i lavoratori (poiché questo strumento è utilizzato, seppur in misura minore, anche nei confronti degli uomini, al fine di cautelarsi in caso di malattia o infortunio), e porre fine a questa triste pratica, era stata approvata dal Parlamento la legge 17 ottobre 2007, n. 188, la quale introduceva un meccanismo che impediva il ricorso alle dimissioni in bianco, prevedendo l'introduzione di un modulo informatico dotato di caratteristiche di anticontraffazione e antifalsificazione, grazie a una numerazione alfanumerica progressiva e di limitata validità temporale;
gli effetti della suddetta legge, che alla Camera è stata approvata all'unanimità e al Senato con il voto favorevole di una parte cospicua dell'opposizione, non hanno potuto però dispiegarsi a causa della fine della legislatura e dell'avvento del Governo Berlusconi che ha provveduto immediatamente, mediante l'articolo 39, comma 10, lettera l), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ad abrogare la norma in questione; l'attuale Governo ha giustificato tale scelta sostenendo che le procedure legate alla cosiddetta legge sulle «dimissioni in bianco» rappresentavano solamente un appesantimento burocratico e non garantivano neanche la risoluzione del problema;
l'abrogazione della legge n. 188 del 2007 è stata fortemente avversata dagli esponenti del centrosinistra, dalle organizzazioni sindacali e dai rappresentanti della società civile che più sono vicini al tema in questione, poiché con tale provvedimento è venuta meno una misura che tutelava i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori; inoltre l'abrogazione, ad avviso degli interrogante, è significativa della politica del lavoro adottata dall'attuale maggioranza parlamentare, sempre meno attenta e sensibile rispetto alle esigenze, ai diritti e alle rivendicazioni delle donne -:
quali siano i dati in possesso del Ministro interrogato al numero delle donne dimessesi «volontariamente» a un anno dalla maternità e dei contenziosi, che abbiano a oggetto la firma di un foglio di dimissioni in bianco, tra lavoratori e datori di lavoro.

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